La proposta di Renzi sul “Jobs Act”

Il Codice del lavoro avrà solo 50 norme, sarà previsto un assegno universale per chi perde il posto di lavoro: tra le cose proposte dal segretario del PD

MILAN, ITALY - DECEMBER 15: PD Secretary Matteo Renzi speaks during the Italian Social Democratic Party PD National Assembly on December 15, 2013 in Milan, Italy. Matteo Renzi won the PD primary elections with 68% of votes, becoming the leader of the Party. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
MILAN, ITALY - DECEMBER 15: PD Secretary Matteo Renzi speaks during the Italian Social Democratic Party PD National Assembly on December 15, 2013 in Milan, Italy. Matteo Renzi won the PD primary elections with 68% of votes, becoming the leader of the Party. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Mercoledì 8 gennaio il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi ha illustrato nella enews pubblicata sul suo sito la bozza del Jobs Act, il nuovo codice del lavoro proposto dal PD che dovrebbe racchiudere e semplificare tutte le regole che attualmente esistono relative al mercato del lavoro, e che sia comprensibile anche all’estero. Tra le altre cose, Renzi ha proposto che non ci dovrà più essere l’obbligo per le aziende di iscriversi alla camera di commercio, il nuovo Codice del lavoro dovrà essere formato solo da 50 norme e sarà previsto un assegno universale per chi perde il posto di lavoro.

Renzi ha spiegato che gli spunti inseriti nella enews sul Jobs Act saranno inviati giovedì 9 gennaio ai parlamentari, ai circoli e agli addetti ai lavori per critiche, osservazioni e eventuali integrazioni. La settimana prossima la proposta verrà arricchita con le osservazioni ricevute e il 16 gennaio verrà discussa dalla direzione del Partito Democratico.

Punto di partenza: l’Italia ha tutto per farcela. È un Paese che ha una forza straordinaria ma è stato gestito in questi anni da una classe dirigente mediocre che ha fatto leva sulla paura per non affrontare la realtà (straordinaria la pennellata di De Rita nella relazione Censis di quest’anno). Un cambiamento radicale è possibile partendo dall’assunto che il sistema Paese ha le risorse per essere leader in Europa e punto di attrazione nel mondo. E che la globalizzazione non è il nostro problema, ma la più grande opportunità per l’Italia. Un mondo piatto, sempre più numeroso e sempre più ricco, che ha fame di bello, quindi di Italia. A noi il compito di non sprecare questa possibilità; abbiamo già sprecato la crisi, adesso non possiamo sciupare anche la ripresa.

Ma l’Italia vive un paradosso. Per responsabilità (diffusa) della classe dirigente, abbiamo perso molto tempo. E i dati dell’Istat di oggi – che proiettano una disoccupazione giovanile ai record dal 1977 – sono una fotografia devastante. Bisogna correre, allora. Fermare l’emorragia dei posti di lavoro. E poi iniziare a risalire la china.

Il PD crede possibile che il JobsAct sia uno strumento per aiutare il Paese a ripartire.

Ma sappiamo benissimo che la credibilità della classe politica parte dalla capacità di dare il buon esempio. Ecco perché è fondamentale che si faccia rapidamente la legge elettorale, si taglino per un miliardo i costi della politica, si eliminino le rappresentanze politiche di Province e Senato, si riduca il numero e il compenso dei consiglieri regionali. Se dobbiamo cambiare – e noi dobbiamo cambiare – bisogna partire dalla politica.

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