• Mondo
  • Venerdì 27 dicembre 2013

Il Sud Sudan verso una tregua?

Il presidente Salva Kiir si è impegnato a fermare i combattimenti, dopo le pressioni degli stati confinanti, e ora si aspetta la risposta dei ribelli

In this photo released by the Kenyan Presidential Press Service, Ethiopian Prime Minister Hailemariam Desalegn, left, South Sudanese President Salva Kiir, center, and Kenyan President Uhuru Kenyatta pose for photos before their meeting at State House in Juba, South Sudan, Thursday, Dec. 26, 2013. The leaders of Kenya and Ethiopia arrived in South Sudan on Thursday to try and mediate between the country's president and the political rivals he accuses of attempting a coup that the government insists sparked violence threatening to destroy the world's newest country. (AP Photo/Kenyan Presidential Press Service)
In this photo released by the Kenyan Presidential Press Service, Ethiopian Prime Minister Hailemariam Desalegn, left, South Sudanese President Salva Kiir, center, and Kenyan President Uhuru Kenyatta pose for photos before their meeting at State House in Juba, South Sudan, Thursday, Dec. 26, 2013. The leaders of Kenya and Ethiopia arrived in South Sudan on Thursday to try and mediate between the country's president and the political rivals he accuses of attempting a coup that the government insists sparked violence threatening to destroy the world's newest country. (AP Photo/Kenyan Presidential Press Service)

Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir si è detto disponibile a una tregua, dopo 13 giorni di scontri e violenze nel paese che secondo il capo della missione ONU hanno provocato migliaia di morti. I rappresentanti degli stati africani dell’Est – riuniti a Nairobi in un meeting straordinario dell’IGAD, un’organizzazione politica degli stati del Corno d’Africa, della valle del Nilo e della regione dei Grandi Laghi – hanno comunicato di aver “accolto l’impegno preso dal governo del Sud Sudan di cessare immediatamente le ostilità e chiedono a Riek Machar e agli altri partiti di prendere lo stesso impegno”.

Gli stati vicini al Sud Sudan hanno sfruttato il loro peso politico dando sostegno al presidente Kiir – il primo del paese più giovane del mondo, indipendente da luglio 2011 – spiegando che non accetteranno nessun tentativo di rovesciare lui e il suo governo, eletto democraticamente. Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha sollecitato Kiir e il suo rivale nonché ex vicepresidente Riek Machar a cogliere “il piccolo spiraglio di opportunità” e a iniziare le trattative di pace. Non è chiaro se Machar, rivale politico estromesso da Kiir lo scorso luglio, porrà come condizione per discutere la tregua la scarcerazione dei politici vicini all’ex vicepresidente arrestati il 16 dicembre scorso dalle forze governative.

Il portavoce dell’esercito Philip Aguer ha detto all’agenzia Reuters che le forze governative hanno ripreso il controllo di Malakal, capitale del governatorato dell’Alto Nilo, la regione dove è estratto la maggior parte del petrolio in Sud Sudan. Malakal era stata attaccata dai ribelli il 25 dicembre scorso.

La guerra interna del Sud Sudan ha le sue cause nella rivalità tra le due etnie principali, i Dinka e i Nuer, e nella grande difficoltà del governo di Kiir di tenere insieme gli eredi del movimento di indipendenza dal Sudan, arrivata dopo decenni di conflitto armato. Le ostilità sono cominciate il 15 dicembre scorso, dopo un presunto tentativo di colpo di stato operato dalle forze vicine a Riek Machar. I membri dell’IGAD ora vogliono che tutti i partiti del Sud Sudan in conflitto tra loro si incontrino entro il 31 dicembre.

Nella foto: da sinistra, il primo ministro dell’Etiopia Hailemariam Desalegn; il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir; il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, durante un incontro del 26 dicembre a Juba, Sud Sudan.
(AP Photo/Kenyan Presidential Press Service)