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  • Giovedì 12 dicembre 2013

Il referendum sull’indipendenza della Catalogna

Tre partiti catalani hanno stabilito che si terrà il 9 novembre 2014 e le domande saranno due: ma per il governo di Madrid non si farà, è «incostituzionale»

People wave "the Estelada" flags and hold up banners to demand the independence of Catalonia, outside the Economic Forum of the Western Mediterranean at the Palau de Pedralbes in Barcelona, Spain, Wednesday, Oct. 23, 2013. Catalonia claims a deep cultural difference based on its language, which is spoken side-by-side with Spanish in the wealthy region. (AP Photo/Manu Fernandez)
People wave "the Estelada" flags and hold up banners to demand the independence of Catalonia, outside the Economic Forum of the Western Mediterranean at the Palau de Pedralbes in Barcelona, Spain, Wednesday, Oct. 23, 2013. Catalonia claims a deep cultural difference based on its language, which is spoken side-by-side with Spanish in the wealthy region. (AP Photo/Manu Fernandez)

A mezzogiorno di giovedì 12 dicembre Artur Mas, il presidente di centrodestra del governo autonomo della Catalogna con sede a Barcellona, ha raggiunto un accordo con altri partiti catalani sulla data e il contenuto di un referendum molto contestato: quello che dovrà stabilire se la Catalogna diventerà uno stato indipendente, staccandosi quindi dalla Spagna. Mas, insieme agli indipendentisti di Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC), Iniziativa per la Catalogna Verde (partito econazionalista) e CUP (sinistra radicale), ha fissato il referendum per il 9 novembre 2014: le domande a cui i catalani dovranno rispondere saranno due, in modo da soddisfare tutti i partiti sostenitori del referendum: «Vuoi che la Catalogna sia uno stato?» e «Vuoi che la Catalogna sia uno stato indipendente?».

Il sistema pensato dai partiti catalani richiede che per approvare la proposta dell’indipendenza della Catalogna ci debba essere la maggioranza dei “sì” in entrambe le domande. I federalisti non indipendentisti – come i socialisti catalani ad esempio, che sono rimasti fuori dall’accordo – potranno quindi votare “sì” alla prima domanda e “no” alla seconda. Con questo voto in pratica si chiede un livello di autonomia ancora maggiore di quello di cui beneficia oggi la Catalogna, ma senza chiedere l’indipendenza. Oltre ai socialisti sono rimasti fuori dall’accordo anche i popolari catalani e i centristi di Ciutadan’s, che hanno criticato molto l’iniziativa.

A partire da venerdì il processo continuerà nel parlamento della Catalogna, dove i partiti inizieranno a chiedere al governo il trasferimento delle competenze necessarie per organizzare e tenere il referendum: il capo di Iniciativa per Catalunya, Joan Herrera, ha spiegato che tutto questo si farà con una proposta di legge. Non è certo, comunque, che il referendum si terrà. Il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha approfittato di un incontro con il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, per commentare l’iniziativa dei partiti catalani (qui il discorso completo). Rajoy, tra le altre cose, ha detto:

«Nonostante non sia consuetudine, permettetemi di parlare di una questione che oggi è di attualità: l’annuncio fatto da diversi partiti politici catalani sull’organizzare un referendum per l’autodeterminazione. Voglio dire loro con molta chiarezza che non si terrà, è incostituzionale e non si terrà. […] Per questa ragione il governo che presiedo non può autorizzare né negoziare su qualcosa che è di proprietà di tutti gli spagnoli. Solo l’insieme di tutti gli spagnoli – l’unico titolare della sovranità – può decidere cos’è la Spagna e come si organizza, e nessuno può privarlo di questo diritto.»

L’11 settembre scorso i sostenitori dell’indipendenza della Catalogna avevano organizzato una lunghissima catena umana per chiedere di poter tenere il referendum. I catalani lamentano un trattamento ingiusto da parte del governo centrale di Madrid riguardo alle tasse e ad altre questioni culturali, come lo status della lingua catalana. Il loro malcontento verso il governo spagnolo è aumentato negli ultimi anni, durante la crisi economica che ha colpito profondamente anche la Catalogna, ed è cresciuto ulteriormente nel 2013 a causa dello scandalo della contabilità segreta tenuta per anni dal Partito Popolare spagnolo, la forza politica al governo, in cui tra gli altri è rimasto coinvolto anche il suo leader, Mariano Rajoy.

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