Che succede con l’IMU?

La seconda rata è stata abolita, o quasi: si pagherà solo una parte (la "mini-IMU")

Sabato 30 novembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un nuovo decreto che riguarda l’IMU. Si intitola “Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia”. Il punto principale di cui si occupa il decreto è l’abolizione della seconda rata dell’IMU sulla prima casa.

In poche parole, il governo ha deciso di abolire una parte della seconda rata (quanto di preciso è molto complicato e lo vedremo tra un po’). Nello stesso decreto, e a parziale copertura della cancellazione della seconda rata, il governo ha deciso per un aumento degli acconti IRES e IRAP, due imposte pagate dalle imprese italiane. La scadenza della seconda rata per la prima casa è stata spostata dal 16 dicembre al 16 gennaio; per le seconde case invece non cambia niente e la rata continua a scadere il 16 dicembre.

Dove eravamo rimasti
Eravamo rimasti al 31 agosto, quando il governo pubblicò il primo “Decreto IMU” (che trovate riassunto qui dal Sole 24 Ore). In questo decreto, tramite acrobazie contabili piuttosto complicate, il governo aveva trovato i soldi per abolire la prima rata dell’IMU sulla prima casa. Il costo dell’operazione è stato di 2,4 miliardi e la copertura è stata trovata tramite diverse misure. La prima misura è lo sblocco di 10 miliardi di euro di pagamenti alle imprese: questi soldi, che lo Stato deve ai suoi creditori privati, ritorneranno in parte allo Stato sotto forma di altre tasse pagate dalle imprese e in particolare dell’IVA: si stima che il maggior gettito IVA sarà di circa 1 miliardo. La seconda misura è ancora più contorta e riguarda le società concessionarie del gioco d’azzardo, con un ricavo stimato di circa 625 milioni di euro.

Nel decreto venne anche aggiunta una cosiddetta “clausola di salvaguardia”. Se le coperture previste si riveleranno insufficienti, scatteranno in automatico un aumento degli acconti IRES e IRAP (che come vedremo tra poco, sono già aumentati) e un aumento delle accise.

E adesso?
Il punto è che eliminata in qualche modo la prima rata dell’IMU sulla prima casa, resta ancora da eliminare la seconda, che sarebbe dovuta scadere il 16 dicembre. Con il decreto legge pubblicato sabato 30 novembre, il governo ha cercato di risolvere il problema. Non è stato possibile, però, abolire completamente la seconda rata. I possessori di prima casa (ricordiamo che per le seconde case non cambia niente) dovranno comunque pagare un po’ di IMU (è quella che avete sentito chiamare “mini-IMU”). La scadenza, inoltre, è stata rimandata al 16 gennaio.

Quanto? Beh: è abbastanza complesso. Partiamo dal fatto che l’IMU ha un’aliquota standard: lo 0,4 per cento della base imponibile, che si calcola a partire dal valore catastale. Quest’aliquota poteva essere in qualche misura “ritoccata” fino allo 0,2 per cento, verso l’alto o verso il basso, dai singoli comuni (parecchi, soprattutto i comuni più grandi, come Roma e Milano, l’hanno alzata fino quasi al massimo consentito).

Adesso, entro il 16 gennaio, i proprietari di prime case dovranno pagare soltanto la differenza tra l’aliquota base e quella maggiorata dai comuni. Ma non tutta: solo il 40 per cento. Facciamo un esempio visto che la faccenda è complicata. Se un comune ha alzato l’aliquota IMU dello 0,1 per cento, facendola passare dallo 0,4 per cento allo 0,5 per cento, i proprietari di (prima) casa dovranno pagare il 40 per cento dello 0,1 per cento, quindi lo 0,04 per cento.

Secondo i dati che sono stati pubblicati dai giornali nelle ultime settimane, circa 3 mila su oltre 8 mila comuni italiani hanno aumentato l’aliquota base tra il 2012 e il 2013. In quei comuni, quindi, si pagherà la “mini-IMU”. In realtà, anche su questo fronte, c’è una certa confusione. Il Sole 24 Ore ha scritto che i comuni hanno tempo fino al 5 dicembre per aumentare le aliquote e quindi ha previsto “corse all’aumento” in tutti i comuni d’Italia. Il Corriere della Sera invece ha scritto che il tempo per aumentare le aliquote scadeva sabato 30 novembre a mezzanotte e che i comuni hanno tempo fino al 9 dicembre per pubblicare sui loro siti le delibere approvate entro il termine. Nel testo del decreto, purtroppo, non c’è la risposta a questa domanda.