“Masters of Sex”, spiegato

Di cosa parla la serie tv americana del momento, a partire dalla storia vera di due famosi sessuologi tra gli anni Cinquanta e Sessanta

Dal 29 settembre va in onda su Showtime (il network televisivo statunitense di Weeds, Dexter e Homeland, tra gli altri) una nuova serie televisiva ancora inedita in Italia, Masters of Sex. Il titolo è un riuscito gioco di parole: oltre a significare maestro, specialista, “Masters” è anche il cognome di William Masters, sessuologo e ginecologo realmente esistito che insieme alla sua collega Virginia Johnson, alla fine degli anni Cinquanta, fu il primo a effettuare uno studio approfondito della fisiologia sessuale umana, esaminando nel corso degli anni migliaia di atti sessuali compiuti da centinaia di volontari. La prima stagione è in corso negli Stati Uniti e finirà a dicembre.

La serie, creata da da Michelle Ashford, si basa sulla biografia di Thomas Maier, Masters of Sex: The Life and Times of William Masters and Virginia Johnson, una serie di interviste attraverso le quali Maier indaga le vite dei due sessuologi e soprattutto il loro lavoro sulla sessualità umana, allora considerato pionieristico, che contribuì a mostrare il sesso per la prima volta da un punto di vista scientifico e non più come la sfera privata della vita coniugale, oltre a demolire molti miti radicati nella cultura occidentale.

Chi erano William Masters e Virginia Johnson
William Masters e Virginia Johnson iniziarono a lavorare insieme nel 1956: Masters era un medico quarantunenne di Cleveland, specializzato in fertilità e disfunzioni riproduttive, sposato e con due figli; Johnson, nata a Springfield, in Missouri, aveva 31 anni, due figli e due divorzi alle spalle quando iniziò a lavorare come ricercatrice e assistente di Masters al Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia della Washington University di St. Louis. Nel 1957 Masters ottenne l’autorizzazione per effettuare una serie di ricerche sulla sessualità umana; fu un vero e proprio “suicidio accademico”, dato che all’epoca l’argomento era considerato off limits: grazie a una buona dose di discrezione e alla convinzione che le loro ricerche avrebbero potuto fornire risposte importanti a molte questioni sull’argomento, però, i due riuscirono a portare avanti il proprio lavoro.

Il lavoro consisteva innanzitutto, e per la prima volta, nell’osservazione diretta del rapporto sessuale e della masturbazione. Fino ad allora le poche ricerche in campo sessuale si basavano su interviste. Durante le sessioni nel laboratorio del dottor Masters, invece, attraverso un poligrafo venivano registrati dati come il battito cardiaco, il metabolismo, l’attività cerebrale dei volontari durante i rapporti sessuali. Il medico progettò anche uno strumento ad hoc per la ricerca, un dildo in plexiglas connesso a una telecamera che veniva introdotto nella vagina, chiamato “Ulisse”. Grazie a questi strumenti Masters e Johnson misurarono le reazioni fisiche ed effettuarono circa 10mila osservazioni cliniche della fase orgasmica, su 382 donne e 312 uomini fra i 18 e gli 89 anni, sani o con disfunzioni, che accettarono di avere rapporti sessuali completi con altri volontari o di masturbarsi nel laboratorio.

Osservando queste persone, Masters e Johnson riuscirono per esempio a individuare il “ciclo della risposta sessuale”, ovvero l’insieme dei fenomeni fisici e psichici che avvengono nel corpo umano in seguito a uno stimolo erotico, che comprende quattro fasi: eccitamento, plateau, orgasmo, risoluzione. Le loro ricerche aprirono anche alla classificazione precisa dei disturbi della sessualità, scalzando la psicoanalisi freudiana come metodo preferito di guarigione dalle disfunzioni sessuali. Il loro lavoro era spinto dalla convinzione che quanto più si sarebbe scoperto della fisiologia sessuale, tanto più sarebbe stata appagante l’esperienza puramente “umana” di provare piacere facendo sesso.

I risultati delle ricerche di Masters e Johnson
Nel 1964 Masters e Johnson aprirono il proprio istituto indipendente di ricerca a St. Louis, denominato Reproductive Biology Research Foundation (nel 1978 diventò il Masters and Johnson Institute). Due anni più tardi i due pubblicarono il primo libro coi risultati delle loro ricerche, noto in Italia come La risposta sessuale umana, che ebbe un grandissimo successo nonostante fosse un trattato clinico scritto in linguaggio tecnico: il libro smontava molte delle convinzioni dell’epoca (come per esempio l’importanza delle dimensioni del pene o il fatto che la masturbazione fosse pericolosa) oltre a diventare una delle tante molle che fecero scattare la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, il generale cambiamento delle abitudini sessuali e del contesto socio-culturali riguardo il sesso nei paesi occidentali. Uno dei lavori pubblicati, per esempio, riguardava la sessualità femminile: per la prima volta risultava essere, per la complessità degli organi interessati e non solo, superiore o quanto meno uguale a quella maschile. Il concetto fu ripreso dalle femministe per rivendicare il diritto delle donne al piacere sessuale.

Durante la loro ricerca, che durò complessivamente 11 anni, Masters e Johnson iniziarono anche una relazione: si sposarono nel 1971, quando probabilmente erano le due persone a sapere di più sul sesso e l’amore coniugale in tutti gli Stati Uniti. Grazie ai loro studi diventarono ricchi e famosi ma la loro reputazione fu parzialmente compromessa dalla pubblicazione di alcuni loro libri sull’omosessualità e l’AIDS, considerati retrogradi dal punto di vista clinico ed etico, e per cui furono molto criticati: a partire dal 1968 e fino al 1977, infatti, i due misero a punto nel loro istituto un programma di “terapia di conversione” che mirava a rendere eterosessuali dei soggetti omosessuali.

Le dure critiche al loro lavoro degli ultimi anni misero in crisi anche il loro matrimonio: divorziarono nel 1992, pur rimanendo in buoni rapporti e continuando a collaborare. La loro separazione fu vista però come un evento clamoroso, perché riguardava proprio le due persone che avevano risolto i problemi sessuali di migliaia di coppie e spianato la strada a tutte le moderne terapie di risoluzione dei problemi collegati al sesso. Il Masters and Johnson Institute fu chiuso due anni dopo il loro divorzio. William Masters morì nel 2001, a 85 anni, per le complicazioni del morbo di Parkinson; Virginia Johnson è morta il 24 luglio di quest’anno a 88 anni. Nonostante avessero perso credibilità negli ultimi anni, i due restano a tutti gli effetti dei pionieri: l’influenza del loro lavoro sui costumi culturali e soprattutto sull’emancipazione sessuale femminile è considerata indiscutibile.

Cosa racconta la serie televisiva
La serie si svolge per lo più all’interno dell’ospedale dove lavorano Masters e Johnson, interpretati da Michael Sheen e Lizzy Caplan. Sheen è un attore gallese noto soprattutto per aver interpretato Tony Blair in ben tre film e il giornalista David Frost nel film Frost/Nixon – Il duello; Lizzy Caplan si fece notare nel 2004 con Mean Girls e da allora ha lavorato soprattutto in televisione. Tra i personaggi secondari ci sono poi Caitlin Fitzgerald nel ruolo di Libby Masters, moglie di William; Beau Bridges, che interpreta il rettore Barton Scully, sposato ma segretamente gay; Teddy Sears e Nicholas D’Agosto che interpretano rispettivamente Austin Langham e Ethan Haas, due medici che lavorano nell’Università. La serie racconta l’evoluzione delle ricerche nel laboratorio del dottor Masters ma anche le loro vite private: il sesso è sempre molto presente, essendo il tema principale, ma non raccontato in modo pruriginoso e non è l’elemento fondamentale della serie. L’estetica e le apprezzate ricostruzioni storiche della serie rimandano molto a quelle di Mad Men. A ottobre lo show è stato rinnovato per un’altra stagione, dopo essere piaciuto molto sia agli spettatori che alla critica.

Le critiche e la critica
“Masters of Sex” ha ricevuto però anche diverse critiche. Secondo alcuni, per esempio rappresenterebbe in chiave “positiva” una serie di temi che nel tempo sono stati fortunatamente rivisti ma che allora erano indiscutibili, come la sacralità della verginità, l’assoluta amoralità dell’omosessualità e il ruolo secondario della donna nella società. Chi difende la serie dice che questa attitudine della serie è frutto dell’attenta e fedele ricostruzione delle convenzioni sociali e culturali dell’epoca: per quanto possano sembrare oggi eticamente discutibili, all’epoca erano la “normalità”.

Altri hanno invece criticato la ricostruzione del personaggio di Virginia Johnson: nella serie è una donna affascinante, a suo agio in ogni situazione e che cresce da sola due figli, cosa che per l’epoca sarebbe stata scandalosa e a cui lei invece non dà nessuna importanza. Ma soprattutto Virginia conosce il suo corpo e sa cosa le piace, nella vita e soprattutto nel sesso: una caratteristica che naturalmente colpisce e piace molto agli spettatori, ma che probabilmente non avrebbe suscitato la stessa ammirazione a St. Louis, Missouri, negli anni Cinquanta. Inoltre, come spiega Michelle Dean sul New Yorker, non sono da sottovalutare le implicazioni sessuali del rapporto tra lei e il dottor Masters: Johnson, nella biografia di Maier, spiega infatti che era stato lui per primo a voler avere dei rapporti sessuali, principalmente per la ricerca, e che anche se non era mai stata costretta ad accettare all’inizio aveva visto la cosa come l’unica condizione implicita per poter continuare quel lavoro al quale teneva così tanto. Questo particolare, per esempio, nella serie è trattato in maniera quasi scherzosa.

Secondo Dean il personaggio di Virginia appiattisce le possibilità drammatiche della serie rispetto per esempio a Mad Men, dove la rappresentazione delle donne è sempre giocata sull’ambivalenza, tanto da far spesso provare avversione per il modo in cui vengono trattate o per il loro modo di comportarsi. Virginia invece, sempre secondo Dean, non fa mai un passo falso, non si cura del giudizio degli altri, non ha mai un’indecisione e sembra non pentirsi mai di niente. Eppure anche questa critica sembra vera solo a metà: quasi tutti i personaggi della serie mostrano invece molte ambivalenze e possono essere visti attraverso diversi punti di vista.

Virginia è coraggiosa e anticonformista – forse troppo per l’epoca, è vero, e forse troppo diversa dalla vera Virginia Johnson – ma è anche una madre insicura, che spesso dichiara la propria incapacità e che altrettanto spesso si dimostra servile nei confronti di Masters. Masters mostra l’ambivalenza ancora meglio: è ambizioso, conscio dei propri mezzi e coraggioso nella sua convinzione di voler andare avanti con la ricerca, ma è anche un uomo sterile che non riesce a soddisfare sessualmente sua moglie. O ancora, è l’uomo che incarna tutta la violenza del potere maschile nel momento in cui tratta con durezza Virginia o quando ricatta il rettore, della cui omosessualità è venuto nel frattempo a conoscenza, per ottenere i fondi per continuare i suoi studi. Secondo molti è questa, in fin dei conti, la ragione per cui la serie piace molto negli Stati Uniti: tratta un tema che riguarda tutti e lo fa raccontando la storia di chi per primo pensò che fosse importante parlare di quel tema, il sesso.