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  • Martedì 26 novembre 2013

I soldati francesi in Repubblica Centrafricana

La Francia invierà quasi mille soldati dopo un voto del Consiglio di sicurezza dell'ONU, per fermare una situazione che definisce «sull’orlo di un genocidio»

Magistrates holding a banner reading "No To The Scheduled Genocide of Centrafricans" lead a demonstration to protest against the November 16 murder of the director of the Central African Judiciary services Modeste Martineau Bria on November 22, 2013 near the crime site in Sica, near Bangui. The United States is calling for deeper international involvement to halt violence in Central African Republic, amid growing alarm that the impoverished nation is on the brink of a possible genocide. The unrest has displaced almost 400,000 of the country's estimated 4.6 million people, left 2.3 million in need of assistance and some 1.1 million scrambling to find food, according to the latest UN figures. AFP PHOTO / PACOME PABANDJI (Photo credit should read PACOME PABANDJI/AFP/Getty Images)
Magistrates holding a banner reading "No To The Scheduled Genocide of Centrafricans" lead a demonstration to protest against the November 16 murder of the director of the Central African Judiciary services Modeste Martineau Bria on November 22, 2013 near the crime site in Sica, near Bangui. The United States is calling for deeper international involvement to halt violence in Central African Republic, amid growing alarm that the impoverished nation is on the brink of a possible genocide. The unrest has displaced almost 400,000 of the country's estimated 4.6 million people, left 2.3 million in need of assistance and some 1.1 million scrambling to find food, according to the latest UN figures. AFP PHOTO / PACOME PABANDJI (Photo credit should read PACOME PABANDJI/AFP/Getty Images)

La Francia invierà quasi mille soldati dell’esercito nella Repubblica Centrafricana, da mesi in piena guerra civile, a sostegno della missione internazionale MISCA (Missione Internazionale di Sostegno al Centrafrica). Lo ha annunciato lunedì 25 novembre il ministro degli Esteri Laurent Fabius, seguito poco dopo dal ministro della Difesa Jen-Yves le Drian. Il governo ha precisato che la missione avrà una durata di sei mesi: «Tutto sarà fatto a metà dicembre, dopo il voto di una risoluzione del Consiglio di sicurezza», ha detto Fabius. «La Repubblica Centrafricana è sull’orlo di un genocidio».

Cosa succede nella Repubblica Centrafricana
La Repubblica Centrafricana è un paese grande il doppio dell’Italia con una popolazione di circa 4,5 milioni di persone, per l’80 per cento cristiani di varie confessioni. È particolarmente ricca di risorse naturali – oro, uranio e diamanti – nonostante sia uno dei paesi più poveri del mondo. L’influenza della Francia (così come i suoi interessi economici) è particolarmente forte: la Repubblica è infatti un’ex colonia francese che ha ottenuto l’indipendenza nel 1960 e da allora ha avuto una storia piuttosto travagliata. Dal 1966 al 1979 il paese è stato governato da uno dei più feroci e bizzarri dittatori africani, Jean-Bédel Bokassa. Ammiratore di Napoleone, accusato di cannibalismo e di numerosi altri crimini contro l’umanità, Bokassa nel 1976 proclamò la nascita dell’Impero Centrafricano e si autonominò imperatore. Nel 1979 fu deposto dall’esercito francese.

Dopo Bokassa si succedettero numerosi altri colpi di stato, fino ad arrivare a quello del generale François Bozizé, nel 2003, che da allora è rimasto il presidente del paese. Bozizé salì al potere con un colpo di stato contro l’ex presidente Ange-Félix Patassé e iniziò un periodo di governo di transizione. Da allora è stato eletto due volte alla guida del paese, nel 2005 e nel 2011. Contro di lui però si formò già poco dopo il colpo di stato una coalizione di varie forze ribelli in prevalenza musulmane (almeno 4 principali, tutte note con le loro sigle in francese: UFDR, CPJP, FDPC e CPSK): l’alleanza Seleka, che con fasi più e meno cruente si è opposta al suo governo. L’ultima grande offensiva militare dei ribelli è cominciata nel dicembre del 2012, dopo la rottura dell’ennesima tregua stabilita a gennaio con il governo accusato di non aver onorato degli accordi di pace. A marzo i ribelli erano entrati nella capitale Bangui assaltando il palazzo presidenziale, deponendo Bozizé – che intanto era scappato – e proclamando come nuovo presidente il loro leader, Michel Djotodia, divenuto il primo capo di stato di religione islamica in un paese dove i musulmani sono una minoranza. Da allora i combattimenti tra i fedeli dell’ex presidente deposto Bozizé e i ribelli Seleka (alleanza che nel frattempo è stata formalmente sciolta da Djotodia nella speranza di avviare il paese verso la normalizzazione) non si sono fermati con continui saccheggi, attentati, stupri e una situazione umanitaria sempre più disastrosa.

L’intervento delle forze internazionali
Tra la fine di dicembre 2012 e i primi di gennaio 2013 sono arrivati nel paese i primi soldati di una coalizione di stati africani a sostegno dell’esercito governativo. Il contingente militare fa parte del FOMAC (Force Multinationale de l’Afrique Centrale), una forza multinazionale africana voluta dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (ECCAS) che era già presente nella Repubblica Centrafricana con lo specifico compito di dare maggior stabilità alla turbolenta situazione del paese. Nell’ultimo anno è stata avviata la costituzione della Missione Internazionale di Supporto alla Repubblica Centrafricana (MISCA), un nuovo contingente che potrà contare su circa 3500 militari, che dovrebbe raggiungere la piena operatività entro la fine del 2013 e che dovrebbe incorporare la FOMAC. L’obiettivo sembra però lontano per mancanza di fondi.

La crisi della Repubblica Centrafricana era stata discussa dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU lo scorso ottobre quando, all’unanimità, era stata approvata una risoluzione presentata dalla Francia che oltre a chiedere a Seleka di deporre le armi, aveva aperto alla possibilità che MISCA venisse trasformata in una operazione dell’ONU. La Francia, inizialmente, aveva deciso di non intervenire direttamente nel conflitto: già prima del colpo di stato di Seleka disponeva di un contingente di circa 200 soldati nel paese, rafforzato a marzo con altre 400 unità che, tuttavia, non erano intervenute a difesa di Bozizé ma si erano limitate a presidiare l’aeroporto di Bangui e a proteggere i cittadini francesi presenti nel paese. L’aggravarsi della crisi, secondo quanto dichiarato dal ministro Fabius, ha però indotto la Francia ad ampliare il suo impegno. La Francia ha dunque presentato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una nuova risoluzione per rendere effettiva la possibilità che MISCA venga trasformata in una operazione di peacekeeping più ampia, per chiedere che venga istituito un fondo con contributi provenienti da tutti gli stati membri per finanziarla e che venga deciso un embargo sulle forniture di armi «per un periodo iniziale di un anno», a eccezione delle attrezzature militari destinate a MISCA e ai soldati francesi. La diffusione delle violenze e la loro ridefinizione su base religiosa rischia infatti di far degenerare ulteriormente la situazione, allargarsi ai paesi vicini e di aprire il conflitto a movimenti integralisti esterni.