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  • Martedì 26 novembre 2013

Da dove viene l’Iran

Cose che forse non sapete su un posto che ha una storia incredibile: dalle audiocassette di Khomeini a quello che avete visto in Argo, fino all'accordo sul nucleare

di Elena Zacchetti – @elenazacchetti

1978: Ayatollah Ruhollah Khomeini (1900 - 1989), the Iranian religious and political leader. (Photo by Keystone/Getty Images)
1978: Ayatollah Ruhollah Khomeini (1900 - 1989), the Iranian religious and political leader. (Photo by Keystone/Getty Images)

Negli ultimi giorni la stampa di tutto il mondo si è occupata della conclusione dell’accordo sul nucleare tra Iran e paesi del cosiddetto gruppo “5+1” – formato dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Francia, Cina, Regno Unito, Stati Uniti e Russia) più la Germania – che tra le altre cose prevede alcune limitazioni per l’Iran nel processo di arricchimento dell’uranio in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche e commerciali. L’accordo è stato celebrato come una grande conquista dalla maggior parte della comunità internazionale (a eccezione di Arabia Saudita e Israele), nonostante sia provvisorio e non abbia meccanismi vincolanti che ne garantiscano il rispetto. Il punto è che nessuno sapeva bene cosa aspettarsi da questi colloqui e un risultato tutto sommato modesto si è trasformato in qualcosa da festeggiare: meglio di nessun risultato.

L’Iran è un paese molto complicato da capire. Ha una storia recente incredibile e unica, per la rapidità e la profondità dei cambiamenti che ha passato. Dal 1979 è una Repubblica Islamica e ce ne sono solo quattro nel mondo. Quella iraniana è l’unica governata dagli sciiti e anche questa è una cosa notevole, per diverse ragioni, ma ci arriviamo. Prima di quella data l’Iran era una monarchia con a capo lo scià ed era il più grande alleato degli Stati Uniti in Medioriente. La rivoluzione ha cambiato tutto e da allora l’Iran è un paese diverso da quello che era prima, finito al centro delle attenzioni di politica estera di molti paesi del mondo. Ecco, in ordine, alcune cose da sapere sull’Iran, per chiarirsi le idee, per quanto possibile.

Com’è che l’Iran diventa amico degli Stati Uniti
Prima del 1979 a governare l’Iran c’era lo scià: si chiamava così il re di Persia, di fatto si trattava di una monarchia. Dal 1941 al 1979 lo scià fu Reza Pahlevi, che ereditò la carica dal padre, Reza I, costretto ad abdicare nel 1941 durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine della guerra il Regno Unito, che era stato la potenza dominante in Medioriente fino a quel momento, decise di disimpegnarsi: il nuovo governo laburista britannico preferì usare le risorse per la ricostruzione nazionale e il welfare state, piuttosto che per la politica estera. Gli Stati Uniti avevano bisogno di un alleato che la sostituisse e che svolgesse funzioni da “poliziotto” nell’area: scelsero l’Iran dello scià, considerato sufficientemente affidabile, che accettò il ruolo, anche se inizialmente con qualche reticenza.

L’alleanza con gli Stati Uniti divenne totale nel 1953, quando lo scià riprese il controllo del paese con un colpo di stato contro il nazionalista Mohammed Mossadegh, a cui parteciparono anche i servizi segreti statunitensi e britannici (la storia del colpo di stato è spiegata qui). Intanto l’Iran si affermò come stato produttore ed esportatore di petrolio: i soldi guadagnati dalla vendita del greggio gli permisero di comprare molte armi, principalmente dagli Stati Uniti, e di trasformare l’esercito iraniano nell’esercito più forte di tutto il Medioriente. Quello era l’Iran che piaceva agli americani; quello che l’ex segretario di stato Henry Kissinger sintetizzò efficacemente così:

«Non c’era alcuna possibilità di inviare forze americane nell’Oceano Indiano, nel pieno della guerra del Vietnam e mentre gli Stati Uniti ne vivevano il trauma […]. Il vuoto lasciato dal ritiro britannico, ora minacciato dall’intrusione sovietica così come dalla radicalizzazione, sarebbe dovuto essere colmato da una potenza locale a noi favorevole. L’Iraq sarebbe stato così scoraggiato dal compiere gesti avventurosi contro gli Emirati del Golfo, la Giordania o l’Arabia Saudita. Un Iran più forte avrebbe spento le tentazioni indiane di completare la conquista di tutto il Pakistan. E tutto ciò poteva essere compiuto senza impegnare risorse americane, poiché lo scià era disposto a pagare gli armamenti con i proventi della vendita del petrolio»

La rivoluzione islamica di Khomeini, nel 1979
Nel 1979 in Iran ci fu la rivoluzione più incredibile della storia recente del Medioriente, e anche la più importante e significativa dal punto di vista della politica internazionale. Gli anni che precedettero la rivoluzione furono un crescere progressivo di malcontenti e proteste in tutto il paese. Le ragioni furono diverse, sintetizzabili – semplificando – in tre punti.

Per prima cosa, dal 1963 al 1979 in Iran ci fu la cosiddetta “rivoluzione bianca”: un programma molto ampio di riforme attuate dallo scià e suggerite dall’amministrazione statunitense di John F. Kennedy, per “anticipare” in qualche modo le spinte di cambiamento che avrebbero potuto far guadagnare consensi all’opposizione comunista. La modernizzazione fu però troppo veloce e fu presto accusata di essere una “occidentalizzazione”, soprattutto dai religiosi. Le aspettative degli iraniani aumentarono senza però che di pari passo crescessero l’economia del paese e la lotta contro la corruzione del regime e della monarchia. Nel 1976 iniziò la crisi – da qualche anno la situazione delicata tra Israele, Egitto e Siria aveva rallentato la produzione del petrolio – con alti livelli di disoccupazione e inflazione: dal maggio del 1977 iniziarono le proteste degli intellettuali a cui si aggiunsero poi quelle dei religiosi, anche moderati.

Tra quelli che protestavano una figura si fece notare più delle altre, e sarebbe poi diventata fondamentale nella storia dell’Iran: l’ayatollah Ruhollah Khomeini (“ayatollah” significa letteralmente “segno di Dio”, è un titolo di grado elevato che viene concesso agli esponenti più importanti del clero sciita). Khomeini si trovava in esilio a Parigi, dopo essere stato per diversi anni in Iraq: nonostante non fosse uno dei religiosi iraniani più autorevoli dal punto di vista dottrinario, fu l’esponente del clero sciita che combatté la battaglia politica più dura e decisa contro lo scià. Le sue prediche, considerate particolarmente eversive, non ebbero molto seguito in Iran fino alla diffusione delle audiocassette, grazie alle quali Khomeini riuscì a far conoscere nel paese il suo pensiero. Khomeini fece rientro in Iran il primo febbraio 1979, accolto da circa 3 milioni di persone, quando lo scià se n’era già andato dal paese.

Nel marzo 1979 gli iraniani decisero con un referendum di abolire la monarchia e di diventare una Repubblica Islamica: votò a favore di questa soluzione il 98 per cento degli iraniani. L’Iran fu il terzo paese in assoluto a diventarlo dopo il Pakistan (1956) e la Mauritania (1958), ma fu il primo governato da religiosi sciiti e non sunniti. Secondo la nuova Costituzione, Khomeini diventò il giurista supremo, di fatto la carica più importante dell’Iran; dal 1989, cioè dalla morte di Khomeini, la carica è ricoperta da Ali Khamenei. Nel giro di pochi mesi ci furono cambiamenti importanti: furono represse le minoranze religiose ed etniche in cerca di autonomia e furono attaccate le sedi delle organizzazioni di sinistra, fu limitata la libertà di espressione e la musica fu messa fuori legge. Molti di questi divieti sono in vigore ancora oggi.

Com’è l’Iran dopo la rivoluzione
Negli ultimi trent’anni l’Iran è stato uno dei più grandi problemi della politica estera di diversi stati occidentali. La nuova Repubblica Islamica si sganciò presto dal sistema di alleanze dello scià: gli Stati Uniti si ritrovarono senza il loro principale alleato in Medioriente e non era un problema da poco, vista l’importanza che la regione aveva sul piano della produzione ed esportazione di gas e petrolio. Nel 1979 i rapporti tra Iran e Stati Uniti si ruppero del tutto a causa della cosiddetta “crisi degli ostaggi“, iniziata il 4 novembre 1979 quando alcune centinaia di studenti iraniani islamici occuparono l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, come reazione all’asilo che il governo americano aveva concesso nel frattempo allo scià. Gli studenti occuparono l’ambasciata e tennero sequestrati 50 ostaggi per 444 giorni (l’evento, oltre a essere raccontato da diversi documentari, libri e film – su tutti Argo – fu considerato anche uno dei motivi della sconfitta elettorale del presidente Jimmy Carter). Come ha scritto l’iraniana Farian Sabahi nel libro “Storia dell’Iran”:

«A Khomeini spetta dunque il merito o, secondo alcuni la colpa, di aver trasformato lo sciismo da corrente quietista dell’islam in ideologia politica e teoria terzomondista che sfidava l’imperialismo personificato dalle potenze straniere e dall’alta borghesia iraniana»

Gli anni successivi al 1979 furono particolarmente difficili per gli iraniani: prima ci fu la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, che durò 8 anni e che fu uno dei più lunghi, inutili e sanguinosi conflitti della storia del Medioriente; poi iniziò la collaborazione sempre più stretta con alcuni dei regimi considerati nemici o avversari dell’Occidente (Siria, Corea del Nord, Cina) e con alcuni movimenti terroristici mediorientali, tra cui il libanese Hezbollah. Dal 2006 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto diverse sanzioni economiche e commerciali sull’Iran per fermare i tentativi iraniani di costruzione della bomba atomica – tentativi comunque sempre negati dall’Iran, che rivendica il suo diritto a sviluppare l’energia nucleare civile ma è stato spesso opaco nel fornire delucidazioni su impianti e progetti.

L’accordo raggiunto il 24 novembre è stato considerato «storico» proprio per tutta la storia dell’Iran, dal 1979 ad oggi, e per la chiusura del regime degli ultimi decenni. L’accordo è arrivato dopo una serie di recenti aperture diplomatiche verso l’Occidente fatte dal nuovo presidente iraniano, Hassan Rouhani, che sembrano avere stravolto le politiche aggressive del precedente presidente, Mahmud Ahmadinejad. Non è chiaro, ovviamente, se sia il primo passo verso dei rapporti più distesi con l’Occidente o solo una strategia per alleggerire le sanzioni internazionali che hanno provocato una grave crisi sull’economia iraniana: più volte negli ultimi anni le relazioni diplomatiche tra Iran e Occidente sono sembrate sul punto di riavvicinarsi.