Chi era Doris Lessing

È morta domenica a 94 anni, aveva vinto il premio Nobel per la Letteratura nel 2007

British author Doris Lessing (L) listens to Ambassador of Sweden Staffan Carlsson (off) speak after receiving a prize insignia of the 2007 Nobel Prize in Literature at the Wallace Collection in London 30 January 2008. AFP PHOTO/SHAUN CURRY (Photo credit should read SHAUN CURRY/AFP/Getty Images)
British author Doris Lessing (L) listens to Ambassador of Sweden Staffan Carlsson (off) speak after receiving a prize insignia of the 2007 Nobel Prize in Literature at the Wallace Collection in London 30 January 2008. AFP PHOTO/SHAUN CURRY (Photo credit should read SHAUN CURRY/AFP/Getty Images)

È morta a 94 anni la scrittrice britannica Doris Lessing, premio Nobel per la Letteratura nel 2007. Nacque nel 1919 in Iran e crebbe in Zimbabwe, dove nel 1950 scrisse il suo primo romanzo, L’erba canta. Nella sua carriera ha scritto più di 50 tra romanzi, saggi e raccolte di poesie. Lessing è sempre stata una scrittrice interessata ai temi delle esperienze femminili: il suo romanzo del 1962, Il taccuino d’oro, è stato definito una bibbia del femminismo.

Prima del Nobel, Lessing aveva vinto tutti i più importanti premi letterari europei. Quando le venne comunicata la notizia dell’assegnazione del premio Nobel, Lessing stava tornando a casa dopo aver fatto la spesa. In una scena diventata poi molto famosa un giornalista le chiese se avesse saputo la notizia e quando le spiegò che aveva vinto il premio Nobel lei appoggiò le buste della spesa per terra e rispose: «Oh Cristo!».

Il Corriere della Sera all’epoca la raccontò così:

La scelta dei quindici saggi dell’Accademia di Svezia (mancavano i due dissidenti) è caduta sulla scrittrice inglese nata in Iran e cresciuta in Africa (nel 1925 la sua famiglia si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud, l’odierno Zimbabwe, dove ha vissuto tra i cinque e i 30 anni). La motivazione: «Una cantrice delle esperienze femminili, che con scetticismo, fuoco e potere visionario ha osservato una civiltà divisa». Si tratta della 34esima donna a vincere un Nobel e l’undicesima a ottenere quello per la letteratura nei 106 anni del premio.

Le sue opere sulla vita nell’Africa inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britannici sia per le sfortune degli indigeni: a partire da «L’ erba canta» (1950), il suo primo romanzo, autobiografico, che racconta il fallimento di una coppia di bianchi che si oppone alla società coloniale (il romanzo, considerato uno dei migliori inglesi del dopoguerra, è in catalogo oggi da Baldini Castoldi Dalai). Nei romanzi degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta narra dell’Africa e critica apertamente l’ingiustizia del sistema di potere dei bianchi, e per questo è stata bandita da Zimbabwe e Sudafrica nel 1956. A più riprese la scrittrice ha condannato la corruzione del regime di Mugabe: «E’ un disastro, in Zimbabwe sta morendo un’intera generazione di Aids ho amici che ogni settimana partecipano ad un funerale».

A darle notorietà è stato «Il taccuino d’oro» pubblicato nel 1962: è il romanzo che la fece entrare anche nella rosa dei possibili candidati al Nobel. Un diario, protagonista Anna Wulf, donna che cerca una via d’uscita dal caos, dall’ipocrisia e dallo stordimento della sua generazione. Un libro considerato un classico della letteratura femminista da molti critici ma non dall’autrice. Quando una volta le chiesero perché, rispose: «Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è “Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più”» disse al New York Times nel 1982. E più di recente, in un’intervista al Corriere della Sera: Anna Wulf voleva «vivere come un uomo», ma oggi le donne sono «presuntuose, farisaiche» e «spaventano gli uomini». Secondo la Lessing, che pure è diventata un’icona del movimento femminista, gli uomini sono «continuamente vilipesi ed insultati» dalle donne, continuamente colpevolizzati per i crimini commessi dal loro sesso. Per lei le donne si dovrebbero concentrare sul cambiamento di quelle leggi obsolete che le riguardano, invece di disperdere «molte energie» in insulti inutili a danno dei maschi.

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(SHAUN CURRY/AFP/Getty Images)