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  • Martedì 12 novembre 2013

Lo Sri Lanka litiga con un pezzo di Commonwealth

Diversi paesi stanno facendo pressioni perché si discuta la questione dei crimini contro i tamil, di cui si parla da anni

Sri Lankan volunteers paint national flags of Commonwealth nations on a wall in the capital Colombo on November 11, 2013, ahead of the forthcoming Commonwealth summit. The Commonwealth Heads of Government Meeting (CHOGM) opens in Colombo on November 15, hoping to tackle a range of economic, social and diplomatic issues affecting the 53-member bloc.. AFP PHOTO/LAKRUWAN WANNIARACHCHI (Photo credit should read LAKRUWAN WANNIARACHCHI/AFP/Getty Images)

Sri Lankan volunteers paint national flags of Commonwealth nations on a wall in the capital Colombo on November 11, 2013, ahead of the forthcoming Commonwealth summit. The Commonwealth Heads of Government Meeting (CHOGM) opens in Colombo on November 15, hoping to tackle a range of economic, social and diplomatic issues affecting the 53-member bloc.. AFP PHOTO/LAKRUWAN WANNIARACHCHI (Photo credit should read LAKRUWAN WANNIARACHCHI/AFP/Getty Images)

Dal 15 al 17 novembre si svolgerà a Colombo, in Sri Lanka, una riunione del Commonwealth delle Nazioni (conosciuto in passato anche come Commonwealth Britannico), l’organizzazione internazionale che riunisce 53 stati indipendenti che precedentemente (con qualche eccezione) facevano parte dell’impero britannico. Il Canada e l’India hanno però deciso di boicottare la prossima riunione per costringere lo Sri Lanka ad affrontare le violazioni di cui è accusato, in particolare quelle per i crimini commessi contro la popolazione tamil durante la guerra civile che si è combattuta per quasi trent’anni fino al 2009 e che ha causato la morte di almeno centomila persone. Al Canada e all’India potrebbe aggiungersi anche la Nuova Zelanda, dove della partecipazione o meno all’incontro si sta discutendo in queste ore anche a seguito di un recente episodio: una deputata neozelandese, Jan Logie, in missione esplorativa in Sri Lanka con la senatrice australiana Lee Rhiannon, è stata bloccata, interrogata e respinta per «problemi di visto».

L’attenzione della comunità internazionale è da tempo concentrata sugli ultimi mesi della guerra, durante i quali l’esercito governativo ha stroncato l’ultima resistenza militare delle cosiddette Tigri Tamil (LTTE) uccidendo anche molti civili: il numero non è mai stato definito con certezza e le stime variano tra i 9 mila morti ammessi dal governo fino a ben oltre i 40 mila stimati da un’indagine delle Nazioni Unite. Dalla fine del conflitto le province del nord e dell’est del paese sono sotto il diretto controllo militare, la popolazione subisce gravi restrizioni della libertà e molti vivono ancora in campi per rifugiati. Il governo è anche accusato di portare avanti una politica violenta, volta a reprimere le critiche e a non permettere lo sviluppo integrale delle comunità tamil. Diverse ONG hanno detto che, dalla fine della guerra, i militari hanno confiscato molti ettari di terra agli abitanti della zona colpiti dalla guerra e hanno cominciato a gestire autonomamente diverse imprese agricole.

(La vita dei Tamil dopo la guerra – foto)

Anche la situazione della censura è molto grave: negli ultimi anni molti giornalisti sono rimasti vittime di sequestri, omicidi e aggressioni di vario genere. Secondo il Committee to Protect Journalist (Cpj), dal 2007 almeno 26 giornalisti hanno deciso di abbandonare lo Sri Lanka per evitare la persecuzione: è il tasso più alto al mondo. La situazione è stata denunciata anche dall’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani Navi Pillay dopo una visita ufficiale in Sri Lanka a fine agosto. Il governo presieduto da Mahinda Rajapaksa, ha spiegato Navi Pillay, ha fatto scarsi passi avanti nelle indagini sui casi di sparizioni ed esecuzioni sommarie avvenute in tutto il paese, e ha sempre respinto la richiesta di istituire una commissione indipendente di indagine sui crimini di guerra. Il caso è tornato di attualità anche grazie a un documentario prodotto e trasmesso da Channel 4, emittente televisiva pubblica britannica, intitolato “No Fire Zone”.

Il Commonwealth, che è stato fondato nel 1931 e che è formalmente presieduto dalla Regina Elisabetta II, ha un’importanza politica ed economica che nel corso del tempo è diminuita: i suoi obiettivi più importanti sono la cooperazione e lo sviluppo economico (con particolare attenzione a giovani, donne e piccole imprese) e la promozione della democrazia e dei diritti umani. Se ha ben pochi poteri decisionali, mantiene però una certa influenza nel mediare le dispute tra i membri. Accanto ai paesi che hanno deciso di non partecipare alla prossima riunione, ce ne sono molti altri che hanno detto di volersi presentare proprio per discutere la questione dei crimini contro i tamil: il primo ministro britannico David Cameron, per esempio, ha spiegato che porrà «seri interrogativi» al governo del paese e chiederà l’avvio di un’inchiesta indipendente. Il governo dello Sri Lanka e il presidente Mahinda Rajapaksa hanno respinto le accuse, dicendo che sono sostenute da chi simpatizza con i ribelli, da chi vuole offuscare l’immagine del suo paese e mettere in discussione il prossimo incontro del Commonwealth. Tutto questo sarà spiegato ai delegati che saranno presenti a Colombo in un lungo rapporto che verrà consegnato loro e intitolato “Corrupted Journalism”.

Foto: preparativi a Colombo per la riunione del Commonwealth
11 novembre 2013 (LAKRUWAN WANNIARACHCHI/AFP/Getty Images)