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  • Sabato 2 novembre 2013

Le foto del Diwali

La grande festa indiana in cui le strade e le case si riempiono di luci e candele, celebrata in molti paesi del mondo

Diwali significa “fila di luci” e si festeggia in India e tra le comunità induiste di tutto il mondo: è festa nazionale, oltre che in India, in altri paesi tra cui la Malesia, Singapore e le isole Fiji. Secondo la tradizione, per le strade e nelle case si accendono luci, i bambini scoppiano petardi e si indossano gli abiti migliori.

Le “file di luci” della festa ricordano le luci accese dal popolo di Ayodhya al ritorno dall’esilio di Rama, il settimo avatara di Vishnu, che venne incoronato re. Lontano da casa, Rama, che ancora non sapeva di essere l’incarnazione del Conservatore della Trimurti induista, aveva sconfitto il demone Ravana, che aveva rapito sua moglie Sita (che in realtà sarebbe Lakshmi, la divina consorte di Vishnu). La festa è celebrata anche da altre religioni indiane, come i sikh e i giainisti. Questi, ad esempio, ricordano la “liberazione” (moksa) di Mahavira, che uscì così dal ciclo di nascite e morti.

Matteo Miele aveva ricordato un altro dei tanti miti e leggende che provano a spiegare le usanze del Diwali:

Un vecchio volume pubblicato circa un secolo fa (Abhay Charan Mukerji, Hindu fasts and feasts, 1918) narra di un’antica leggenda, ormai non molto conosciuta. Parla di un raja che sarebbe dovuto morire in una notte d’autunno. Un serpente sarebbe venuto a prendere la sua anima, su ordine di Yama, il dio induista della morte. Per salvarsi, il re, che era venuto a conoscenza del suo destino grazie ad una predizione, fece pulire tutte le case, ordinò di riempire la città di luci e diede istruzioni alla regina di cantare in onore del serpente. L’animale, colpito da una tale accoglienza, avrebbe concesso alla sovrana di esaudire un suo desiderio. La regina chiese di resuscitare il marito appena defunto ed il serpente, tornato nel palazzo del dio, aggiunse di nascosto un sette davanti allo zero sul documento che attestava gli anni che rimanevano da vivere al sovrano (qualche volta, nelle antiche leggende orientali, anche il destino diventa un fatto burocratico). Yama fece allora tornare il raja tra i viventi.