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  • Lunedì 21 ottobre 2013

Chi era Jovanka Broz

Domenica è morta la vedova di Tito: visse per quasi trent'anni in isolamento e privata dei diritti civili fondamentali

In this picture taken on October 25, 1977 Yugoslav leader Josip Broz Tito (R) has his cufflinks adjusted by his third wife Jovanka Broz. AFP PHOTO (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

In this picture taken on October 25, 1977 Yugoslav leader Josip Broz Tito (R) has his cufflinks adjusted by his third wife Jovanka Broz. AFP PHOTO (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

Domenica 20 ottobre è morta a Belgrado Jovanka Budisavljević Broz, vedova dell’ex presidente comunista della Jugoslavia Josep Broz Tito: aveva 88 anni. In un comunicato ufficiale si legge: «Nonostante gli sforzi dei medici del Centro Clinico di Belgrado, Jovanka Broz, ricoverata dal 23 agosto, è morta per un arresto cardiaco alle 11.45».

Jovanka Budisavljević era nata il 7 dicembre del 1924 in una famiglia serba di contadini: aveva 16 anni quando scoppiò la Seconda guerra mondiale e ne aveva 17 quando si unì ai partigiani riuniti e guidati da Tito nell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia per combattere l’occupazione nazista. Jovanka fu assegnata alla Prva ženska partizanska četa (Prima Brigata Partigiana Femminile) e quando fu sciolta lavorò come infermiera fino alla fine del conflitto. Dal 1945, entrò in contatto con gli alti vertici del Partito Comunista jugoslavo, arrivando a far parte dello staff del Maresciallo Tito che, nel frattempo, dopo aver deposto re Pietro II di Jugoslavia, era stato nominato Primo Ministro e si era reso indipendente dal regime comunista sovietico. Nel 1952 Jovanka divenne la sua terza moglie (il leader jugoslavo era di trentadue anni più vecchio di lei).

Il 27 luglio del 1980, dopo la morte di Tito avvenuta il 4 maggio di quello stesso anno, alcuni uomini fecero irruzione nell’appartamento dove viveva, confiscarono i suoi beni, le ritirarono i documenti e la trasferirono in una casa di proprietà statale alla periferia di Belgrado dove la donna fu, di fatto, messa agli arresti domiciliari. La sorella Nada, presente in quel momento, fu minacciata di morte perché non raccontasse a nessuno ciò che aveva visto.

Negli ultimi anni di vita di Tito, Jovanka entrò in conflitto con diversi politici e militari jugoslavi: fu accusata di aver approfittato delle precarie condizioni di salute di Tito per influenzarlo e appropriarsi delle ricchezze e dei documenti che il leader avrebbe lasciato in eredità. Visse così, per quasi trent’anni, in completo isolamento, in condizioni economiche molto precarie e rifiutandosi di rilasciare interviste. Solo nel maggio del 2009 decise di parlare con un giornalista del quotidiano Politika raccontando il periodo dopo la morte del marito:

«Immediatamente dopo la morte di Tito mi hanno buttata fuori dalla casa di Uzička 15 come una vecchia valigia, in camicia da notte, senza niente, senza poter prendere nemmeno una nostra foto, qualche lettera, un libro, dei vestiti e, contro la mia volontà, mi hanno messa in una casa, dicendo solo temporaneamente, nella quale però vivo oramai da tre decenni. Da un lato per il pubblico era stato organizzato un solenne funerale al quale presero parte quasi tutti i capi di stato del mondo per rendere onore a quel grand’uomo che fu Tito, dall’altro c’erano uomini che negli ultimi anni della vita di mio marito, fecero di lui quello che volevano e così anche con me, ed alla fine mi hanno anche derubato».

«Non posso ricevere la pensione di Tito perché non ho i documenti e perché Tito “non riceveva alcuno stipendio” (…). Non ho mai ricevuto nessun certificato per la pensione. È vero che ricevo un compenso, di cui però non ero a conoscenza. Il signor Ljajić (ministro del governo serbo nel 2009, ndr) è stato il primo politico che si è interessato alla mia situazione. Come moglie del presidente di una nazione ma anche come combattente, ex colonnello e come insignita di medaglia all’onore ho il diritto, come ogni altro abitante dello stato, a ricevere la pensione e ho il diritto di avere un alloggio adeguato che non sia temporaneo come il mio attuale, dal quale possono buttarmi fuori quando vogliono. Per fortuna la salute è stata dalla mia parte e ho potuto badare a me stessa, come se vivessi per dispetto. Tiro avanti come posso e come riesco».

Dopo la sua morte, il primo ministro serbo Ivica Dačić ha detto: «Con la morte di Broz, siamo rimasti senza uno degli ultimi testimoni più affidabili della storia del nostro paese». Jovanka Broz ha espresso il desiderio di essere sepolta nella Casa dei Fiori a Belgrado, vicino al marito.