Guida minima all’aumento dell’IVA

Da oggi l'aliquota ordinaria sale dal 21 al 22 per cento: quale governo lo ha deciso (non questo) e quali prodotti riguarda

NEW YORK, NY - AUGUST 26: A washing machine sits for sale in a home furnishing store on August 26, 2013 in New York City. A report on Monday showed that sales of durable goods recorded their biggest drop in nearly a year in July. Items including computers, defense equipment and home appliances saw a 7.3 percent drop according to the Commerce Department. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)
NEW YORK, NY - AUGUST 26: A washing machine sits for sale in a home furnishing store on August 26, 2013 in New York City. A report on Monday showed that sales of durable goods recorded their biggest drop in nearly a year in July. Items including computers, defense equipment and home appliances saw a 7.3 percent drop according to the Commerce Department. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

Da oggi, 1 ottobre 2013, in Italia l’imposta ordinaria dell’IVA passa dal 21 al 22 per cento. Circa due anni fa, il 16 settembre 2011, l’allora governo Berlusconi approvò il decreto legge che ne decideva il rialzo dal 20 al 21 percento. Anche questo aumento è scattato in modo automatico per via di una norma dell’ultimo governo Berlusconi, approvata all’epoca nel tentativo di riequlibrare i conti pubblici e convincere le autorità europee della stabilità finanziaria del paese. I tentativi del governo Letta di rinviare di tre mesi l’aumento dell’IVA – operazione che richiede circa un miliardo di euro – sono falliti a causa della crisi politica in corso in questi giorni.

L’IVA è l’imposta sul valore aggiunto o imposta sui consumi: si applica in ogni scambio di beni e servizi. Ci sono varie aliquote IVA, in Italia, secondo i beni a cui si applica: è aumentata di un punto percentuale solo l’aliquota ordinaria, che corrisponde a circa il 60 per cento del valore degli acquisti complessivi in Italia. Riguarda per esempio i beni legati all’informatica (computer, telefoni, tablet), gli elettrodomestici, i mobili, l’abbigliamento, le automobili, i consumi di qualità (vini e alcolici). Aumenteranno anche il prezzo della benzina (per circa 1,5 centesimi al litro) e le tariffe dei liberi professionisti e degli artigiani, tra le altre cose.

Esistono altre due aliquote, al 4 e al 10 per cento, pensate dallo Stato per tenere bassi i prezzi di alcuni generi considerati molto importanti o di prima necessità. Hanno un’aliquota al 4 per cento cibi come pane, pasta, olio, latte e riso, oltre a oggetti di uso molto comune come occhiali da vista, quotidiani e protesi dentarie, oppure servizi come la mensa scolastica della scuola dell’obbligo. Anche i libri cartacei hanno un’aliquota al 4 per cento – ma non gli ebook – ed è un’aliquota più bassa addirittura del minimo stabilito dall’Unione Europea, che è al 5 per cento. Al 10 per cento invece sono tassati beni e servizi come la fornitura dell’elettricità, la carne e il pesce e le prestazioni di strutture a interesse turistico.

L’aumento dell’IVA dovrebbe generare in un anno un aumento delle entrate di circa 4,2 miliardi, ma è tutto piuttosto teorico. Molti infatti temono che l’aumento dell’IVA, specie in un momento così economicamente delicato, abbia un effetto depressivo sui consumi: molte persone potrebbero decidere di fare meno acquisti e anche i beni sottoposti ad aliquota agevolata potrebbero costare di più a causa dell’aumento dei costi di produzione e trasporto. Quando l’aliquota aumentò dal 20 al 21 per cento, nel 2011, diverse grandi aziende dissero che non avrebbero aumentato i loro prezzi e che avrebbero “assorbito” l’aumento nei loro costi.

foto: Spencer Platt/Getty Images