Paul Newman per noialtri

È morto cinque anni fa dopo aver costruito un bel pezzo di storia del cinema, e molto altro, racconta Luca Sofri

di Luca Sofri

Driver-actor Paul Newman takes a long cool drink before mounting the victory stand at Lime Rock Park race track in Lime Rock on Saturday, July 6, 1980. Newman had just finished driving his Datsun 280ZX race at the Connecticut track. (AP Photo/Robert Child)
Driver-actor Paul Newman takes a long cool drink before mounting the victory stand at Lime Rock Park race track in Lime Rock on Saturday, July 6, 1980. Newman had just finished driving his Datsun 280ZX race at the Connecticut track. (AP Photo/Robert Child)

Qualche anno fa ho saputo dell’intensa attività di Paul Newman per aiutare i bambini con malattie gravi, attraverso la fondazione Hole in the wall, di cui era stato uno dei creatori. L’ho saputo perché me l’hanno raccontato quelli di Dynamo Camp, un’altra straordinaria organizzazione che si occupa delle stesse cose in Italia, e che con Paul Newman aveva costruito per questo intense collaborazioni e complicità.
Non c’era bisogno, ho pensato. Non c’era bisogno mi diceste anche questo, di Paul Newman.

Paul Newman mi ha fatto da babysitter. Quando ero bambino e stavo spesso a Roma con mio padre che lavorava lì, una cosa che facevamo continuamente con mio fratello era andare al cinema. Continuamente. Mi ricordo film guardati due volte di seguito, persino (Quella sporca ultima meta, di sicuro). Non vado al cinema a Roma da almeno vent’anni, ma so ancora tutti i nomi delle sale, e certe magari saranno sparite (si leggevano cosa davano su Paese Sera, vicino alle strisce a fumetti; a via Veneto c’era il primo cinema dove non si poteva fumare, allora una cosa pazzesca, mi pare si chiamasse Rivoli). Siccome era vicino alla redazione di mio padre, il cinema che frequentavamo di più era l’America dietro piazza San Cosimato. E il nome era adeguato: quello che guardavamo di più erano i film americani degli anni Settanta libertari e sovversivi, che allora erano tra le cose migliori che il cinema abbia mai fatto, con budget che altrove non hanno mai avuto per simile cinema “impegnato”.

In questo genere in cui i buoni erano i cattivi e i cattivi erano i buoni, e le cose erano sempre un po’ confuse, due film si fissarono per sempre nella nostra idolatria, perché avevano gli stessi due protagonisti che per noi bambini furono a lungo una cosa sola: Paul Newman e Robert Redford, insieme nella Stangata e insieme in Butch Cassidy. Fu un po’ di anni dopo che scoprii tutto il resto della pazzesca carriera di Paul Newman, quello che era venuto prima e quello che sarebbe venuto dopo. Dovessi aggiungere oggi solo cinque titoli a quei due, farei molta fatica e forse metterei insieme: Harper, Il sipario strappato, L’uomo dai sette capestri, Nick Manofredda e Colpo secco. Ma provateci voi, a scegliere SOLO sette film di Paul Newman. Date un senso a ‘sti benedetti commenti e vediamo che ne esce.

Paul Newman è morto cinque anni fa, me ne ricordo, di quella mattina. Immagino che ne siano state colpite forse anche più di me le persone di Dynamo Camp, quelle di Hole in the wall, e tutti i bambini che magari di lui sapevano solo che si era occupato della loro breve vacanza e va’ a sapere chi fosse. Ma si era occupato anche delle mie, per un sacco di anni, e certe cose che ho capito, le ho capite da lui.