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  • Lunedì 23 settembre 2013

Nel Canton Ticino è stato vietato il velo integrale

Con un referendum il cui risultato dovrà essere ratificato dall'Assemblea Federale

A picture taken in Lugano shows flyers reading "Please don't lock me up" made by the Islamic Central Council of Switzerland (ICCS - CCIS) against an upcoming cantonal vote on banning face-covering headgear in public places on September 18, 2013. Ticino will become on September 22 the first Swiss canton to hold a so-called "anti-burqa" referendum. Although the initiative does not explicitly target Muslims--the phrasing to be voted on is "nobody in public streets or squares may veil or hide their face"--it is directed against the burqas and niqabs. Political commentators say the initiative has good chances of being accepted. AFP PHOTO / FABRICE COFFRINI (Photo credit should read FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)
A picture taken in Lugano shows flyers reading "Please don't lock me up" made by the Islamic Central Council of Switzerland (ICCS - CCIS) against an upcoming cantonal vote on banning face-covering headgear in public places on September 18, 2013. Ticino will become on September 22 the first Swiss canton to hold a so-called "anti-burqa" referendum. Although the initiative does not explicitly target Muslims--the phrasing to be voted on is "nobody in public streets or squares may veil or hide their face"--it is directed against the burqas and niqabs. Political commentators say the initiative has good chances of being accepted. AFP PHOTO / FABRICE COFFRINI (Photo credit should read FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)

Ieri, domenica 22 settembre, il 65,4 per cento degli elettori del Canton Ticino, il più meridionale della Svizzera e di lingua italiana, ha votato per iscrivere nella costituzione il divieto di utilizzare il velo che copre il viso delle donne musulmane nei luoghi pubblici, burqa e niqab. La modifica di legge approvata dal referendum potrà entrare in vigore dopo l’approvazione dell’Assemblea federale, che dovrà concedere la garanzia sulla conformità dell’articolo costituzionale cantonale rispetto alla costituzione federale.

Il testo del referendum afferma che «Nessuno può dissimulare o nascondere il proprio viso nelle vie pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico (ad eccezione dei luoghi di culto) o destinati ad offrire un servizio pubblico». L’iniziativa è stata promossa da Il Guastafeste, “movimento politico che non molla mai l’osso” (questo lo slogan) ed era stata appoggiata dalla maggior parte degli altri partiti. Giorgio Ghiringhelli, che ha redatto la proposta, ha detto che

«Il Popolo ha così voluto dare un chiaro segnale ai fondamentalisti islamici, ben presenti anche in Ticino e in Svizzera, dicendo loro che in questo Paese chi vuole integrarsi è bene accolto indipendentemente dalla sua religione, ma chi respinge i nostri valori e mira a creare una società parallela basata su leggi religiose e mirante a sovrapporsi alla nostra, non è il benvenuto».

Ha anche spiegato che

«I grandi perdenti di questa votazione sono stati i fautori del doppio NO (specie certe donne dell’area rosso-verde), che si sono battuti per difendere l’indifendibile, cercando di fare del burqa un simbolo di libertà. Invece il Popolo ha detto chiaramente che il burqa è un simbolo dell’oppressione della donna da parte degli estremisti islamisti, un simbolo contrario all’uguaglianza dei sessi e all’integrazione, un simbolo che lede la dignità di tutti, uomini e donne».

Nel Canton Ticino meno del 2 per cento dei circa 340 mila abitanti è composto da musulmani e secondo le stime solo un centinaio di donne in tutta la Svizzera indossa il burqa: nessuna di loro in Ticino. Contro il principio del divieto di coprirsi il volto si erano schierate Amnesty International e Human Rights Watch, organizzazioni per la difesa dei diritti umani secondo le quali il fatto di coprirsi il volto per ragioni religiose non rappresenta in alcun caso un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico. Inoltre, secondo Human Rights Watch, il divieto: «Viola i diritti di coloro che scelgono di mettere il velo e non aiuta coloro che sono obbligate a farlo, limitando la possibilità di ottenere consulenza e supporto». Anche la European Muslim League e il Consiglio centrale islamico svizzero avevano preso posizione contro il divieto e avevano denunciato un’«iniziativa discriminatoria». Al referendum si erano dette contrarie anche le donne interessate, sostenute dai movimenti femministi (favorevoli alla cosiddetta “autodeterminazione”, cioè alla scelta libera della donna) e quelli per le pari opportunità.

Non è la prima volta che in Svizzera si tenta di ottenere un divieto nazionale di questo tipo nei luoghi pubblici. Nel settembre del 2012, la camera del popolo (Consiglio nazionale) aveva respinto con 93 voti contro 87 un’iniziativa del Cantone Argovia: la maggioranza dei deputati aveva concluso che la questione del velo integrale non rappresentava un problema per la Svizzera e che un intervento di questo tipo non aveva giustificazione. Il 29 novembre del 2009, in Svizzera venne anche approvato un referendum con il 57,5 per cento dei voti per vietare la costruzione di minareti.

Il primo paese in Europa ad aver approvato una legge che vieta il velo integrale in pubblico, nel 2010, è la Francia, che ha la popolazione musulmana più grande d’Europa, seguita dal Belgio. La legge francese era stata approvata durante la presidenza di Nicolas Sarkozy e aveva prodotto un accesissimo dibattito in tutto il paese. Gli argomenti erano stati più o meno gli stessi: i difensori della legge sostenevano che il velo era simbolo di oppressione e sottomissione delle donne, mentre le associazioni musulmane sostenevano che l’Islam non obbligava a indossare il velo. Dall’approvazione della legge circa 800 donne in tutta la Francia – tra cui molte turiste – sono state fermate e multate.