Il sorpasso del pollo

Se le cose continuano così nel 2020 sarà la carne più mangiata al mondo (e cosa sono le "cosce di Bush"?)

Nell’aprile del 2012, l’Atlantic scrisse che il governo dell’Uzbekistan avrebbe cominciato a pagare una parte degli stipendi degli insegnanti e di alcuni medici in pollame proveniente dalla Serbia: dieci polli per ogni dipendente pubblico che avesse “volontariamente” aderito al nuovo programma.

L’idea del governo uzbeko, scriveva l’Atlantic, era una prova del fatto che “i polli sono una sorprendente spia in materie politiche ed economiche internazionali”, e il ricorso del governo uzbeko al pollo è probabilmente un effetto delle difficoltà economiche del paese. Il pollo come spia delle relazioni internazionali è forse un giudizio un po’ generoso, ma il mercato della carne di pollo ha comunque molte storie da raccontare.

Il sorpasso
L’Economist ha scritto che il pollo è sulla strada di diventare “la carne preferita al mondo”. Al momento è al secondo posto, per quantità consumata, dietro al maiale. In tutto il mondo, scrive il settimanale, si mangiano ogni anno 106 milioni di tonnellate di pollo, contro 114 milioni di tonnellate di carne di maiale. Il consumo di pollo, però, cresce più in fretta: il 2,5 per cento circa l’anno, secondo gli ultimi dati, contro l’1,5 per cento del maiale. Se le cose continueranno con questo passo, nel 2020 la carne di pollo sarà la più mangiata al mondo.

(Perché il tacchino in inglese si chiama Turchia?)

Questa ascesa è cominciata con l’aumento del reddito nei paesi emergenti. Più denaro per gli abitanti di Cina e India (e di molti altri paesi più piccoli) significa più possibilità di mangiare carne durante la settimana, un alimento più costoso di cereali o legumi. Tra le carni, il pollame è quella più acquistata per due motivi, il primo di ordine economico: è molto meno costoso produrre un chilo di carne di pollo rispetto all’equivalente in carne di maiale e – soprattutto – di mucca. Il secondo motivo è religioso: una buona parte degli abitanti del pianeta ha il divieto di mangiare maiali o mucche, mentre nessuna divinità importante ha mai proibito il consumo di pollo.

Chi produce la carne di pollo?
Secondo una ricerca pubblicata a novembre 2012 da un’università ceca, diciotto paesi – tra cui l’Italia – hanno in mano circa l’ottanta per cento della produzione mondiale della carne di pollo. Molti paesi, Cina e Italia ad esempio, producono carne di pollo principalmente per il mercato interno. I leader nelle esportazioni sono Stati Uniti e Brasile che, da soli, soddisfano due terzi di tutto il commercio estero mondiale.

Per anni l’industria americana ha fatto profitto vendendo agli americani petti e ali di pollo, i tagli più chiari, ed esportando in Cina, Russia e Messico cosce e zampe – i tagli più scuri che in Europa e Stati Uniti valgono molto meno, mentre nel resto del mondo hanno prezzi quasi identici. La storia delle esportazioni di pollo in Russia è notevole: cominciarono in maniera massiccia durante i primi anni ’90, sotto la presidenza di George Bush. All’epoca l’Unione Sovietica si era dissolta da poco, sostituita dall’ancora traballante Federazione Russa. Il paese era afflitto da una grave crisi economica e da una mancanza di rifornimenti alimentari che stava cominciando a diventare preoccupante.

Visto che, come ricordato più sopra, gli americani preferiscono solo alcuni tagli del pollo, gli Stati Uniti si trovavano con enormi surplus di cosce e zampe. Il presidente Bush (padre) trovò una soluzione a entrambi i problemi: prese gli scarti di pollo che ai suoi cittadini non piacevano e li spedì in Russia. Come scrisse qualche anno fa il Guardian, i russi dettero subito alle cosce di pollo il soprannome di “gambe di Bush”.

Il Brasile è il terzo produttore mondiale di pollame e il primo esportatore. I polli prodotti in Brasile costano quasi il 30 per cento in meno rispetto a quelli prodotti in Europa e Cina, e questo grazie a un motivo abbastanza curioso: tra il 50 e il 70 per cento del costo della carne di pollo dipende dal costo del mangime, in genere grano. Risparmiare sul grano, quindi, significa risparmiare sul principale costo dell’allevatore di pollame.

In Brasile il grano è particolarmente economico a causa delle pessime infrastrutture del paese, che rendono difficile e costoso ai produttori trasportarlo dove il mercato lo richiede. Tagliati fuori dal mercato mondiale, molti produttori di grano brasiliani sono costretti a venderlo a prezzi molto bassi agli allevamenti di polli, che così possono esportare i loro animali a un prezzo concorrenziale. Quella di esportare, per gli allevatori brasiliani, è una vera e propria necessità: il mercato interno è già saturo. In Brasile si consumano circa 47 chilogrammi di pollo a persona ogni anno, contro i 34 dell’Europa – circa 12 in Italia – i 9 della Cina e i 3 dell’India.

E l’Italia?
In Italia, gli ultimi dati disponibili forniti dall’Unione Nazionale dell’Avicoltura (UNA) sono del 2011, anno in cui l’Italia ha prodotto 796 mila tonnellate di carne di pollo e ne ha consumate circa 740 mila tonnellate. Entrambi i dati – produzione e consumo – sono in aumento dal 2006, dopo che nel 2005 ci fu un calo causato dalle paure sull’influenza aviaria. Non tutta la carne di pollo italiana viene consumata nel paese e circa 110 mila tonnellate sono state destinate nel 2011 all’esportazione, mentre, ancora secondo i dati dell’UNA, circa 58 mila sono state importate, il 7,4 per cento del totale. Secondo i dati del 2005, il settanta per cento della carne di pollo italiana è prodotta tra Veneto (48 per cento) ed Emilia-Romagna (22 per cento), con la Lombardia al terzo posto con il 10 per cento.