I giornalisti di Panorama intercettati

Il direttore Mulè racconta di essere stato messo sotto controllo insieme ad altri suoi colleghi, per «colpire Berlusconi»

Il numero di Panorama in edicola da oggi, giovedì 8 agosto, contiene un lungo editoriale del direttore Giorgio Mulè intitolato “Giustizia non si può tacere”. Partendo dalla premessa che «la riforma della giustizia non è un pericoloso argomento usato dall’insurrezionalista Silvio Berlusconi per sistemare i suoi processi (…), ma una necessità ineludibile per questo Paese», Mulè racconta che lui e altri giornalisti di Panorama sono stati intercettati dalla Procura di Napoli per almeno 15 giorni tra il 20 giugno e il 5 luglio del 2013. Lo hanno scoperto dagli atti di un’inchiesta relativa a una vicenda del 2011.

Nell’agosto del 2011 Panorama «rivelò» – in un articolo firmato da Giorgio Amadori – alcune notizie e dettagli riservati sull’inchiesta condotta dai sostituti procuratori Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli nei confronti di Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini, per una presunta estorsione ai danni dell’allora PresdelCons Silvio Berlusconi. Dopo la pubblicazione dell’articolo furono aperte due indagini: una per accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio e un’altra, a luglio di quest’anno, per concorso in corruzione nei confronti del direttore Giorgio Mulè, dell’autore dell’articolo Giorgio Amadori, di un avvocato e del cancelliere del gip che “dietro compenso” avrebbero fornito le notizie riservate finite poi nell’articolo. L’invito a comparire con l’ipotesi di corruzione è stato notificato a Mulè il 2 luglio. Il direttore scrive:

«Un atto urgente e non differibile, avevano specificato i poliziotti incaricati della notifica. E sapete il perché di tanta urgenza? Perché i miei telefoni erano sotto controllo dal 20 giugno. Così come quello del vicedirettore esecutivo, del capo della redazione di Roma, del cronista autore dello scoop, di un collaboratore di Panorama, di un impiegato di banca, di un avvocato e di un cancelliere di Napoli. Sono in tutto la bellezza di 24 utenze telefoniche. Si è trattato di una gigantesca operazione di spionaggio nei confronti del vertice di Panorama, che è stato intercettato per almeno 15 giorni. Numerosi agenti di polizia hanno trascorso il loro tempo ad ascoltare e trascrivere migliaia di conversazioni (anche sul numero di casa del vicedirettore esecutivo) fatte o ricevute da giornalisti non indagati come il mio vice e il capo della redazione di Roma».

Nell’editoriale si leggono anche le parole del giudice che ha autorizzato le intercettazioni:

«La ragionevole probabilità che, a oltre un anno dai fatti, le utenze in oggetto possano essere impiegate per comunicazioni utili allo sviluppo delle indagini discende dalla contestuale predisposizione di attività perquirenti che possono stimolare confidenze tra i soggetti coinvolti. Da queste considerazioni discende anche l’urgenza dell’attività intercettiva».

E si cita l’opinione del giudice per le indagini preliminari, riguardo l’ipotesi di reato: «Non ricorrono allo stato seri elementi indiziari in ordine all’ipotesi di corruzione». L’editoriale di Mulè lascia intendere che più che essere utili alle indagini, le intercettazioni avrebbero avuto il significato politico di «colpire Berlusconi»: «Secondo voi, questo spiegamento di forze e di spese avviene per ogni fuga di notizie sui giornali? Non prendiamoci in giro. Se c’è da colpire Berlusconi o chi lo appoggia, la giustizia lenta si fa veloce e non bada a spese». E conclude con un appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, perché intervenga «prima che sia troppo tardi».