Morire per qualunque cosa?

Storia dell'espressione "Morire per Danzica", di chi la inventò e di come viene declinata continuamente (e di nuovo oggi) dal linguaggio politico

di Tiziano Colombi – @occhiopesto

Italian Prime Minister Enrico Letta addresses a press conference after his meeting with the Greek Prime Minister in Athens on July 29, 2013. Letta is in Greece on a two-days official visit. AFP PHOTO / ARIS MESSINIS (Photo credit should read ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images)
Italian Prime Minister Enrico Letta addresses a press conference after his meeting with the Greek Prime Minister in Athens on July 29, 2013. Letta is in Greece on a two-days official visit. AFP PHOTO / ARIS MESSINIS (Photo credit should read ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images)

L’espressione “Morire per Danzica” viene spesso erroneamente attribuita al politico inglese Arthur Neville Chamberlain che fu primo ministro del Regno Unito tra il 1937 e il 1940. In realtà a usare quelle parole e renderle famose fu il deputato socialista francese Marcel Déat nel 1939, prima in un articolo del 4 maggio sul quotidiano nazionale L’Œuvre e poi parlando dal suo seggio al parlamento di Parigi.

Déat, che fonderà poi un partito di ispirazione Nazionalsocialista e verrà riconosciuto come collaborazionista, rivolgeva la sua domanda ai governi francese e inglese, i quali si interrogavano su come agire nei momenti critici che precedettero l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. La questione era delicata, le diplomazie europee discutevano se fosse il caso di scatenare un’altra guerra per difendere una relativamente piccola città contesa tra Polonia e Germania, Danzica appunto, minacciata da Adolf Hitler. Déat intervenne per sostenere che non valesse la pena rischiare il coinvolgimento nella guerra per difendere una città la cui conquista avrebbe secondo lui esaurito le ambizioni di Hitler.

«Combattere a fianco dei nostri amici polacchi per la difesa comune dei nostri territori, dei nostri beni, delle nostre libertà, è una prospettiva che si può coraggiosamente immaginare, se deve contribuire al mantenimento della pace. Ma morire per Danzica, no!»

Danzica era stata una città tedesca, sottratta alla Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e prima attribuita alla Polonia, poi costituita in “Libera città di Danzica”. Per Hitler Danzica e il vicino porto polacco di Gdynia rappresentavano un importante corridoio che allora separava la Prussia orientale dal resto della Germania dando alla Polonia uno sbocco sul Baltico. Hitler pensava di poter invadere la città senza che le potenze europee reagissero, confermando l’atteggiamento remissivo mostrato durante la Conferenza di Monaco del 1938. E nel 1939 sia la volontà politica della città – prevalentemente tedesca – che l’intervento militare nazista ottennero l’annessione alla Germania di Danzica, malgrado le proteste della Polonia. Hitler visitò Danzica conquistata il 19 settembre 1939, 18 giorni dopo l’inizio della vittoriosa invasione della Polonia: intanto, Francia e Gran Bretagna erano entrate in guerra con la Germania, così come – con una propria invasione della Polonia – l’Unione Sovietica.

L’espressione “Morire per Danzica” è entrata nei decenni successivi nel linguaggio politico di molti paesi e in Polonia anche di quello comune, usata di volta in volta per riflettere su costi e/o benefici di questo o quell’intervento politico, con declinazioni le più varie della formula “morire per”.

Negli ultimi giorni di forti tensioni intorno al governo italiano, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, la formula è stata usata di nuovo da diversi critici dell’alleanza tra PD e PdL, in riferimento alla difesa del governo Letta o di Silvio Berlusconi. Lo stesso Presidente del Consiglio Enrico Letta, peraltro, l’aveva adottata per il titolo di un suo libro sull’euro: Euro sì, Morire per Maastricht, in cui sosteneva che nonostante gli sforzi richiesti ai cittadini italiani per entrare a far parte della moneta unica, il percorso non si poteva interrompere e quindi era corretto fare qualche sacrificio.

Déat fu ministro nel governo collaborazionista di Vichy, e scappò poi in Germania nel 1944. Dopo la liberazione venne condannato a morte in contumacia in Francia: si nascose con un falso nome in un convento vicino a Torino dove morì nel 1955.

Foto: ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images