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  • Lunedì 5 agosto 2013

La storia di Chevron in Ecuador

"La più grande battaglia legale ambientalista di sempre" ha in ballo 19 miliardi di dollari e un discusso avvocato come protagonista

di Tiziano Colombi

Steven R. Donziger è un avvocato americano di 51 anni, molto famoso tra gli ambientalisti e gli attivisti che si occupano di temi legate all’inquinamento del territorio da parte delle grandi compagnie petrolifere mondiali: Donziger si confronta da vent’anni con un procedimento legale contro la multinazionale petrolifera Chevron, accusata di un disastro ambientale nella zona del Lago Agrio, nel nordest dell’Ecuador. Due anni fa Chevron è stata condannata per questo al pagamento di un risarcimento di 18 miliardi di dollari. Ma la questione per Donziger si è ulteriormente complicata, racconta un articolo del New York Times.

Prima di studiare legge all’Università di Harvard Donziger aveva lavorato per due anni come giornalista in America centrale. A Harvard aveva giocato a basket con il futuro presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che frequentava l’università nello stesso anno. Dopo la laurea si trasferì a Washington, dove ha fatto il pubblico difensore per altri due anni. Nel 1993, insieme a un gruppo di avvocati nordamericani ed ecuadoriani sostenuti da uno studio legale di Philadelphia, decise di prendere le difese dei trentamila abitanti della zona amazzonica del Lago Agrio, che da anni cercavano di far valere i propri diritti nei confronti delle compagnie petrolifere americane. Fino ad allora Donziger non aveva mai patrocinato una causa.

Una storia lunga cinquant’anni
La multinazionale petrolifera Texaco aveva cominciato le esplorazioni per la ricerca del petrolio nella zona di Lago Agrio nel 1964. L’anno successivo un consorzio composto dalla stessa Texaco e da Gulf Oil trovò i giacimenti e cominciò le operazioni di trivellazione. Ne 1972 cominciarono l’estrazione e la produzione di greggio su larga scala. Negli stessi anni il governo dell’Ecuador creò la prima compagnia petrolifera statale, la CEPE, oggi chiamata Petroecuador, che nel 1974 ottenne dal consorzio americano il 25 per cento degli introiti derivanti dalla vendita del petrolio. Nei successivi vent’anni i giacimenti del Lago Agrio produssero 1,7 miliardi di barili che resero alle imprese coinvolte nel progetto 25 miliardi di dollari.

Alla fine degli anni Settanta Texaco e Gulf Oil cedettero alla compagnia petrolifera ecuadoriana la maggioranza delle quote dell’impresa e tra il 1990 e il 1993 la Petroecuador diventò l’unica proprietaria dei giacimenti petroliferi. Nel 1995 la Texaco fece un accordo con il governo dell’Ecuador per la bonifica di alcuni pozzi e delle zone limitrofe a seguito del quale la compagnia si liberava da qualsiasi obbligo ulteriore. Le spese per la bonifica raggiunsero i 40 milioni di dollari.

Chevron Corporation entrò in questa storia nel 2000, quando acquisì Texaco per 45 miliardi di dollari. Nel 1993, a nome di un gruppo di abitanti della regione di Lago Agrio, Donziger aveva avviato un’azione legale negli Stati Uniti contro Texaco, accusandola di avere contribuito a distruggere 1700 miglia quadrate di foresta pluviale. All’accusa di disastro ambientale si sommava quella di avere procurato danni permanenti alla salute della popolazione locale. La Corte americana si disse non competente e accolse la richiesta di Texaco – richiesta che sarebbe stata poi rimpianta – che la questione riguardasse l’Ecuador, dove una nuova causa fu presentata nel 2003. Nel frattempo Chevron aveva acquisto Texaco, e nel 2011 fu quindi Chevron a essere condannata al risarcimento di 18 miliardi di dollari (successivamente cresciuti a 19): ma fino ad oggi non ne ha pagato nemmeno un centesimo.

Chevron sostiene infatti che l’accordo stipulato dalla Texaco nel 1995 col governo ecuadoriano la sollevi da qualsiasi responsabilità oggettiva, e inoltre si dice non responsabile per i danni procurati all’ambiente da un sistema di drenaggio obsoleto gestito in prima persona dal governo ecuadoriano attraverso la Petroecuador (che la sentenza abbia assolto i governanti ecuadoriani dalle loro responsabilità e trascuratezze nel proteggere l’ambiente è un’opinione condivisa da diversi commentatori).

Secondo le leggi dell’Ecuador il risarcimento non spetta ai querelanti, in quanto la loro non è una causa individuale ma un contenzioso aperto con la Chevron perché ripulisca la zona del Lago Agrio. La vicenda è divenuta un caso internazionale, gli attivisti (ma anche BusinessWeek) la ritengono una delle più grandi battaglie legali ambientaliste mai combattute (e la cifra del risarcimento è seconda solo a quella chiesta a BP per il disastro del Golfo del Messico del 2010). Sulla storia è stato girato un documentario nel 2009 intitolato Crude. The real price of oil del regista Joe Berlinger. La campagna ha un sito – Chevrontoxico – che ospita questo video. E la questione è ancora apertissima: “una storia su cui si dovrebbe scrivere un libro“.

Steve Donziger
Donziger ha dato un’intervista al New York Times la scorsa settimana per parlare di quello che gli sta succedendo. La dimensione degli interessi e delle cifre in ballo ha reso il confronto tra lui e Chevron una battaglia da film, con implicazioni del tutto cinematografiche. Donziger dice di sentirsi sorvegliato, parla di macchine che lo attendono sotto casa e di pressioni costanti che hanno coinvolto anche la sua famiglia: il suo avvocato difensore lo ha lasciato perché sostiene che non sia in grado di pagare i conti, accusando Chevron di una sorta di mobbing legale contro Donziger. Chevron accusa Donziger, attraverso il suo portavoce Kent Robertson, di essere un truffatore e di aver confezionato relazioni tendenziose sulla vicenda poi consegnate al governo dell’Ecuador per influenzare il processo. Secondo Chevron lo scopo di Donziger non sarebbe stato difendere le popolazioni del Lago Agrio ma solamente quello di farsi pubblicità, essendo diventato, di fatto, il punto di riferimento di di ambientalisti e attivisti in tutto il mondo.

Per Chevron il caso Ecuador è una battaglia da condurre “fino alla fine dei giorni, e dopo ancora”, ha detto un suo portavoce al New Yorker. “Non possiamo permettere che queste piccole nazioni creino casini alle grandi società come Chevron”, è un’altra valutazione raccolta da Newsweek. Non sono solo i soldi, tanti, quindi: è il rischio del precedente per le contestazioni di ogni comunità indigena del mondo rispetto ai danni ambientali.

Chevron si è rivolta a uno studio legale di Los Angeles specializzato in casi giudiziari nei quali i tribunali stranieri hanno condannato le multinazionali americane a risarcimenti milionari. Secondo gli avvocati di Chevron, Donziger avrebbe alterato i dati di alcune perizie tecniche per aggravare la posizione della multinazionale petrolifera. Uno dei periti incaricati dalle autorità dell’Ecuador di verificare l’entità del danno sul territorio di Lago Agrio avrebbe poi dichiarato che la firma in calce ad alcuni documenti non è la sua, e sarebbe dunque stata falsificata; un giudice che aveva seguito il caso un periodo ha dichiarato di avere ricevuto pagamenti dal team di Donziger per alterare alcune decisioni legali. Circola anche un video nel quale Donziger sostiene l’endemica corruzione delle autorità dell’Ecuador: si tratta di un breve passaggio del film Crude, in cui si vede Donziger visibilmente alterato mentre rispondendo alle domande di un interlocutore si lamenta della condotta dei giudici ecuadoriani.

Ma i legali della Chevron ritengono che questa sarebbe la prova evidente del fatto che Donziger, preso atto dell’assenza di obiettività da parte dei giudici e quindi dell’impossibilità di ottenere una vittoria legale con mezzi leciti, si sia spinto fino al punto di ritenere giusto e legittimo intimidire e umiliare i giudici stessi. Il giudice Lewis A. Kaplan di New York – che non ha mostrato finora grande simpatia per le ragioni di Donziger, i cui sostenitori accusano Kaplan di eccessiva complicità con Chevron – ha accolto, in parte, le tesi degli avvocati della Chevron intimando a Donziger di consegnare tutta la documentazione in suo possesso sul caso, compresi i suoi diari personali, e accogliendo la richiesta di avere informazioni da Microsoft sui titolari una serie di account di posta elettronica.

La settimana scorsa Kaplan ha rigettato una richiesta di danni da parte di Donziger per le accuse da parte di Chevron. Il giudice ecuadoriano responsabile della sentenza di condanna di Chevron ha rifiutato di testimoniare nella causa, e nel frattempo altre cause sul disastro ambientale ecuadoriano sono state aperte in diversi tribunali americani e non solo americani. Molti sostenitori di Donziger si stanno mobilitando per finanziare le spese legali, prevedibilmente elevate, necessarie per affrontare il processo contro la Chevron Corporation, tra questi addirittura alcuni importanti operatori finanziari del Regno Unito. La portata della contesa ormai non riguarda solamente la figura di Donziger ma la possibilità per le multinazionali americane di capovolgere a loro favore le sentenze dei tribunali dei paesi stranieri nei quali si trovano a operare. Ma tra gli altri risultati non ottenuti finora da nessuno – e non perseguito né dalle autorità ecuadoriane, né da Texaco, né da Chevron – c’è quello di rimediare al disastro ambientale in Ecuador.