Chi sarà il nuovo capo della Fed

Quali sono i nomi in ballo - quello nella foto probabilmente lo avete visto in un film - e perché è un mestiere così delicato: negli Stati Uniti se ne parla già molto

In questi giorni si parla molto negli Stati Uniti di chi sarà il prossimo capo della Fed, abbreviazione che sta per Federal Reserve System, l’organizzazione che fa da banca centrale degli Stati Uniti d’America. Quello attuale è Ben Bernanke, nominato da George W. Bush nel 2006 e confermato per un secondo mandato di quattro anni da Barack Obama nel 2010. Si tratta di una nomina di fondamentale importanza per l’economia degli Stati Uniti e del mondo, e a diversi mesi da quando sarà formalizzata sta già causando un grande dibattito sulla personalità più adatta a ricoprire il ruolo: è la prima volta da decenni che si discute tanto di un presidente della Fed.

Mercoledì 31 luglio il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha nominato per la prima volta tre possibili successori di Ben Bernanke: Lawrence H. Summers, economista, già preside di Harvard, ministro di Clinton e consigliere economico di Obama; Janet L. Yellen, attuale vicepresidente della Fed; Donald L. Kohn, vicepresidente della Fed tra il 2006 e il 2010. Ha aggiunto che non ha fatto ancora la scelta definitiva – la farà probabilmente in autunno – ma ha difeso la possibile scelta di Summers.

I candidati
Lawrence H. Summers, 58 anni, ha due caratteristiche principali in questo dibattito: almeno da metà luglio è il candidato favorito ed è contemporaneamente il più criticato da molti mezzi di comunicazione americani, anche vicini ai democratici. Tra chi se l’è presa molto con Summers ci sono lo Huffington Post – nominato direttamente da Obama ieri – e l’Atlantic, che una settimana fa ha pubblicato un articolo intitolato “Larry Summers non deve assolutamente essere il prossimo presidente della Fed”. Obama, però, lo tiene in grande considerazione da quando lo ha conosciuto nel 2008 e lo ha avuto come suo principale consigliere economico tra il 2009 e il 2010, negli anni della risposta della sua amministrazione alla crisi finanziaria.

La carriera di Summers ha conosciuto momenti altissimi e altri piuttosto burrascosi. È nato in una famiglia di economisti e docenti universitari – due zii premi Nobel per l’economia, uno per parte di padre e uno per parte di madre: Kenneth Arrow e Paul Samuelson – e la sua formazione parla da sola: al MIT a 16 anni, professore confermato ad Harvard a 28, premio come economista più brillante sotto i quarant’anni nel 1993, incarichi al vertice della banca mondiale.

Veniamo però ai momenti controversi. Nel corso degli anni Novanta, durante l’amministrazione Clinton, fu segretario del Tesoro e uno dei principali responsabili del processo di deregolamentazione del settore finanziario, criticatissimo negli ultimi anni. Diventò poi presidente dell’università di Harvard con un programma molto ambizioso, ma incontrò grande opposizione tra i professori, oltre al fatto che nel 2005 fece un’uscita particolarmente infelice sull’incapacità per le donne di raggiungere i massimi livelli della ricerca scientifica (peraltro è il preside che nel film The Social Network riceve – e maltratta – i gemelli Winklewoss, andati da lui per lamentarsi di Mark Zuckerberg).

Summers si dimise nel 2006 dedicandosi poi a pagatissime consulenze per hedge fund di Wall Street, attività che non ha aiutato la sua immagine pubblica. Quando abbandonò il ruolo di consulente di Obama un blogger di Slate scrisse un post dal titolo “Summers si dimette per passare più tempo con i suoi soldi”.

L’altra candidata principale è Janet Yellen, 66 anni, che ha una lunga carriera nella Federal Reserve, secondo tutti è molto qualificata ma ha la relativa sfortuna di non essere molto conosciuta da Obama (almeno rispetto a Summers). È stata tra i governatori della Fed tra il 1994 e il 1997, poi presidente della Fed di San Francisco tra il 2004 e il 2010 e poi vice di Bernanke negli ultimi tre anni. Secondo tutti è tra le principali menti della strategia monetaria più recente della banca centrale, una strategia che Summers ha recentemente criticato. La Fed, così come le altre grandi banche centrali del mondo, non ha mai avuto un presidente donna.

Il terzo candidato nominato da Obama è Donald Kohn, 70 anni, un uomo di grandissima esperienza ma di bassissimo profilo pubblico: ha lavorato per circa quarant’anni nella Fed prima di andare in pensione nel 2010. La massima carica che ha ricoperto è stata quella di vicepresidente, tra il 2006 e il 2010.

Che cosa fa il capo della FED
La Fed è l’organizzazione che ha il potere di influenzare l’economia globale più di ogni altra istituzione pubblica o privata del mondo. È formata da dodici Reserve Banks sparse per gli Stati Uniti e, soprattutto, da un consiglio (board) dei governatori con sede a Washington. I sette membri del board sono nominati dal presidente degli Stati Uniti e confermati dal Senato: durano in carica quattordici anni, mentre i ruoli di presidente e di vicepresidente durano quattro. Il capo della Fed è quindi formalmente il “presidente del consiglio dei governatori del Federal Reserve System”.

La Fed deriva il suo enorme potere da una parte dal fatto banale che l’economia americana è di gran lunga la prima economia del mondo, e dall’altra che il dollaro è la principale valuta usata negli scambi internazionali e la moneta di riserva per eccellenza in tutto il mondo.

A parte gli aspetti tecnici dei suoi organi di governo, la Fed fa essenzialmente quello che fa una qualsiasi banca centrale (con la parziale eccezione della BCE, che però qui non ci interessa). I compiti della Fed sono essenzialmente due. Il primo e il più facile è assicurare il buon funzionamento del settore bancario, per esempio stabilendo le regole per le banche commerciali. Il secondo è la cosiddetta politica monetaria, che significa in primo luogo regolare l’offerta di moneta: cioè il totale della moneta – in tutte le sue forme – presente in un dato momento nell’economia.

Qui vengono le cose difficili: la Fed deve fornire la giusta quantità di credito all’economia in modo da sostenere la crescita (e deve riuscire a garantire una crescita equilibrata). Il problema è che in questo campo non ci sono certezze, neppure tra gli economisti: il giornalista e divulgatore Charles Wheelan ha definito la politica monetaria “l’equivalente economico della neurochirurgia”.

Il principale strumento che ha a disposizione la Fed è la modifica del tasso di interesse, che ha ricadute su tutta l’economia e in particolare sul tasso di inflazione, uno degli indicatori economici più importanti che devono tener d’occhio le banche centrali. Se volete giocare un po’ con il collegamento tra i due, la BCE mise in circolazione nel 2011 questo giochino straordinariamente chiaro e straordinariamente noioso.

Le conseguenze delle decisioni della Fed si sentono bene, oltre che in tutto il mondo, anche all’interno degli Stati Uniti. Paul Krugman – premio Nobel per l’economia ed editorialista del New York Times – del ha scritto, quando il governatore della Fed era Alan Greenspan: «Se volete un semplice modello per prevedere il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti per i prossimi anni, eccolo: è quello che vorrà Greenspan, più o meno un piccolo margine di errore che riflette il fatto che lui non è proprio Dio». Krugman fa il tifo per Yellen nella successione alla Fed.

Larry Summers nel giardino della Casa Bianca, nel 2010.
Foto: Mark Wilson/Getty Images