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  • Giovedì 1 agosto 2013

Aberdeen, la capitale del petrolio

Come lo è diventata, e come supererà la diminuzione delle riserve sottomarine

di Tiziano Colombi

Il porto di Aberdeen (J Mitchell/Getty Images)
Il porto di Aberdeen (J Mitchell/Getty Images)

Aberdeen è una città nel Nordest della Scozia sulla costa del Mare del Nord. La sua economia si basava sull’industria della pesca e sul tessile fino agli anni Settanta, quando la scoperta di grandi giacimenti petroliferi sottomarini l’ha trasformata in uno dei principali centri per l’estrazione del greggio. Un articolo dello Herald Tribune racconta che oggi ad Aberdeen grandi compagnie internazionali come l’americana Chevron mettono a punto le più innovative tecniche di perforazione sottomarine. Le sperimentazioni per l’estrazione del petrolio a grandi profondità vengono poi utilizzate per estrarre gas naturale e petrolio nel Golfo del Messico, in Angola,  in Australia, nella Repubblica del Congo e in molte altre parti del mondo.

Aberdeen è la terza città della Scozia, ha circa cinquecentomila abitanti se si comprendono anche le contee circostanti, ma la sua economia è la seconda più ricca dell’intera Gran Bretagna, superata soltanto da Londra. Il reddito medio dei suoi abitanti si aggira tra le 32 mila e le 49 mila sterline. Il tasso di disoccupazione della città è la metà della media nazionale. Lo stipendio medio per un lavoratore dell’industria petrolifera è di 64 mila sterline, più del doppio della media britannica.

Nonostante quattro decenni di fiorita economia del petrolio l’aspetto della città non sembra essersi modificato: lo Herald Tribune spiega che il buon tenore di vita conquistato dai suoi abitanti non sembra ostentato e i locali sul lungomare, centro della vita sociale cittadina, hanno mantenuto il loro aspetto di locande per pescatori. Aberdeen è la città meno religiosa della Scozia, il 43% dei cittadini si dichiara non praticante e diverse chiese della città sono state riconvertite in bar e ristoranti. Ma è certo cambiato l’aspetto del porto: alle barche delle imprese che si occupavano di pesca si sono sostituite le enormi navi delle compagnie petrolifere. L’amministrazione locale sta pensando di costruire un ulteriore molo supplementare.

Aberdeen era conosciuta fino alla metà del Ventesimo secolo come la “città di granito” o la “città d’argento” per l’aspetto scintillante dei suoi palazzi costruiti con il granito delle cave locali, ma oggi  è nota come la “capitale europea dell’energia”. La crescita economica non sembra interrompersi nonostante le riserve di petrolio del Mare del Nord si stiano gradualmente esaurendo. La città infatti, più che sullo sfruttamento del greggio, ha puntato sull’innovazione tecnologica. Le grandi compagnie americane e scandinave lavorano allo sviluppo dei progetti petroliferi sottomarini. Il progetto Rosebank, per esempio, al largo delle isole Shetland impegna la Chevron e i suoi partner in una commessa da 840 milioni di dollari: lo scopo è quello di costruire apparecchiature in grado di lavorare a 3600 metri di profondità mentre le navi per il monitoraggio del lavoro in superficie devono resistere a onde alte molte decine di metri. Gli uomini non possono lavorare sotto un chilometro di acqua per cui devono essere costruiti dei robot sottomarini. Un altro fattore che fa crescere i costi dello sviluppo di queste tecnologie è che lavorando a certe profondità la maggior parte delle attrezzature vanno disposte sul fondo del mare.

L’industria petrolifera mondiale si sta spostando in mare aperto, al largo delle coste del Brasile, degli Stati Uniti e dell’Africa, alla ricerca di acque più profonde e giacimenti ancora inesplorati. Per questa ragione le tecnologie sviluppate ad Aberdden sono essenziali, molto richieste e facilmente esportabili. Tutte le maggiori compagnie specializzate in tecnologie sottomarine come la Schlumberger, la più grande società di servizi petroliferi del mondo, la Cameron International e la Aker Solutions hanno una sede ad Aberdeen. Se le sue capacità di crescita come polo energetico sono ritenute limitate, perché le risorse di petrolio non sono infinite, quelle legate al capitale intellettuale e tecnologico sono ritenute un buon investimento.