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  • Venerdì 26 luglio 2013

Cos’ha causato il disastro di Santiago?

Sono tutti d'accordo: l'eccessiva velocità del treno. Ma non è ancora chiaro se ci sia stato un guasto o se il macchinista andasse forte volutamente

Nel tardo pomeriggio di giovedì 25 luglio il re Juan Carlos I di Spagna è andato a Santiago de Compostela con la moglie Sofia per incontrare i feriti e le famiglie delle persone morte nell’incidente ferroviario che mercoledì sera ha causato 78 morti (la stima è stata rivista dalla polizia, dopo che ieri si era parlato di 80). All’ospedale universitario di Santiago, Juan Carlos ha ricordato che “tutto il popolo spagnolo è unito nel dolore dei parenti delle persone morte” e ha poi ringraziato chi nella notte tra giovedì e mercoledì ha donato sangue, durante le fasi concitate e molto difficili dei primi soccorsi. Dopo il deragliamento almeno 130 persone sono state portate negli ospedali della zona, più di 90 risultano essere ancora ricoverate e almeno 30 sono in condizioni molto gravi a causa delle ferite subite.

Giovedì anche il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, è andato a Santiago per visitare il tratto di ferrovia in cui il treno dell’alta velocità Alvia è deragliato, facendo finire rovinosamente alcune carrozze contro un alto muro di contenimento in una curva già da tempo giudicata “difficile” da tecnici ed esperti ferroviari. Il macchinista che al momento dell’incidente stava conducendo il treno è agli arresti in ospedale, dove è ricoverato per alcune ferite lievi subite durante il deragliamento.

Macchinista
Stando ai giornali spagnoli, il macchinista si chiama Francisco Jose Garzon Amo, ha 52 anni e lavora da 30 per RENFE, la società pubblica che si occupa del trasporto passeggeri e merci in Spagna e che dipende dal ministero dello Sviluppo. Dal 2000 e fino al 2003 è stato assistente macchinista, poi è diventato macchinista a tutti gli effetti. Il presidente di RENFE, Julio Gomez Pomar, ha spiegato che Garzon Amo lavorava da almeno un anno sulla linea Madrid-Feroll dove si è verificato l’incidente.

190 chilometri all’ora
La magistratura spagnola vuole capire perché poco prima del deragliamento il treno stesse andando a 190 chilometri orari quando il limite, per quella porzione della tratta, era di 80 chilometri orari proprio a causa della presenza della curva relativamente stretta per un tracciato ad alta velocità. Non è ancora chiaro perché il macchinista non abbia frenato, né per quale motivo il treno stesse andando così veloce. Un video, registrato da una telecamera di sicurezza delle ferrovie, mostra il treno mentre imbocca la curva a velocità molto alta, deragliando in pochi istanti con tutti i suoi vagoni. Alcune risposte sull’incidente potranno essere date dalle cosiddette “scatole nere” del convoglio, su cui sono registrate la sequenza di comandi data dal macchinista durante il viaggio, la velocità del convoglio nei vari tratti del tragitto e altri parametri sulle condizioni del treno.

I giornali spagnoli hanno pubblicato una prima serie di informazioni sulle comunicazioni effettuate dal macchinista con il centro di controllo poco dopo l’incidente. In una telefonata avrebbe detto di “voler morire” dopo essersi reso conto della portata del deragliamento a pochi chilometri di distanza dalla stazione di Santiago de Compostola dove avrebbe dovuto compiere una fermata. Avrebbe poi ammesso di “avere fatto una cazzata” e di essere arrivato in curva a 190 chilometri orari invece degli 80 consentiti. Dalle conversazioni non è però chiaro perché il treno andasse a quella velocità e perché non abbia rallentato per tempo.

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Sicurezza
El Mundo ha consultato diversi esperti e alcune fonti vicine a chi sta portando avanti le indagini per provare a fare chiarezza sul deragliamento. L’eccesso di velocità potrebbe essere stato causato da un errore del macchinista o da un malfunzionamento del treno. Il tratto in cui si è verificato l’incidente non utilizza l’ERTMS (European Rail Traffic Management System), il sistema di controllo e protezione del traffico ferroviario che informa il macchinista sulla segnaletica che il treno incontra lungo il proprio tragitto, indicazioni dei limiti di velocità comprese. Se il macchinista non rispetta un limite, il sistema lo avvisa e in mancanza di azioni da parte del conducente frena automaticamente il treno, fino a portarlo all’arresto di emergenza se necessario.

Nella curva in cui si è verificato l’incidente, il sistema ERTMS, che è usato in molti paesi d’Europa (in Italia è attivo lungo buona parte della rete TAV), non è attivo perché si interrompe circa 300 metri prima, all’uscita di un lungo tunnel. Al posto di ERTMS è attivo un altro sistema, più datato, che si chiama ASFA (Anuncio de Señales y Frenado Automático) e che funziona grazie a una serie di trasmettitori sui binari in prossimità dei segnali e dei semafori. Passandoci sopra, il treno riceve i segnali e li trasmette in cabina, dove il macchinista ha pochi secondi di tempo per premere un tasto di conferma e adattare l’andamento del treno al segnale che ha visto. Se non c’è risposta dal macchinista, il treno va in frenata di emergenza. A differenza di ERTMS, il sistema funziona solo in presenza dei trasmettitori.

Secondo la ricostruzione del Mundo, il tratto in cui si è verificato l’incidente si trovava in un “punto cieco”, perché ERTMS termina poco prima della curva e ASFA diventa operativo poco dopo la fine della stessa curva. Questo potrebbe spiegare in parte l’incidente, ma il macchinista lavorava su quella tratta da quasi un anno e sembra difficile che non sapesse dell’esistenza del limite di velocità, poco dopo il tunnel, imposto per affrontare la curva e il successivo avvicinamento alla stazione di Santiago de Compostela.

Altre fonti consultate da El Mundo ipotizzano che ci sia stato un malfunzionamento di ERTMS, che avrebbe dovuto impedire al treno di viaggiare a quella velocità nei pochi metri prima del punto in cui non è più attivo. Le scatole nere dovrebbero aiutare a fare chiarezza e a dare anche qualche informazione sul comportamento del macchinista: forse cercò di attivare il freno di emergenza, ma a quella velocità sarebbero stati comunque necessari almeno un paio di chilometri per fermare il treno.

Giovedì 25 luglio, il governo spagnolo ha decretato tre giorni di lutto nazionale per il disastro ferroviario, il più grave negli ultimi 40 anni di storia ferroviaria del paese. In Galizia, la comunità autonoma di cui Santiago de Compostela è capoluogo, sono stati decisi sette giorni di lutto.