La sfiducia ad Alfano è stata respinta

Il Senato ha respinto la mozione di M5S e SEL con 55 voti favorevoli, 226 contrari e 13 astenuti

Aggiornamento, 13.01 – È finita la votazione in Senato: con 55 favorevoli, 226 contrari e 13 astenuti (presenti 295, votanti 294), la mozione di sfiducia nei confronti del ministro degli Interni Alfano è stata respinta.

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Il Senato sta discutendo una mozione di sfiducia nei confronti del ministro degli Interni Angelino Alfano per la sua gestione del caso Shalabayeva. Il primo firmatario della mozione – presentata solo al Senato e non alla Camera – è il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Giarrusso. È stata firmata da tutti i 50 senatori del M5S e da sei senatori (su sette) di SEL. Il testo della mozione è qui. La votazione finale è iniziata intorno alle 12:15: avviene con la cosiddetta “chiama individuale” – ciascun senatore passa davanti alla presidenza e dichiara il suo voto.

Che cosa ha detto Letta
Enrico Letta ha preso la parola poco dopo le 10.30 – qui il video dell’intervento – sottolineando in apertura che è raro che un presidente del Consiglio prenda la parola in caso di votazione su una mozione di sfiducia individuale. Oltre a difendere l’operato di Alfano e del governo, dicendo che nessun ministro era stato informato dell’espulsione (e per questo è stata revocata), ha promesso “trasparenza totale” sulla vicenda. Poi è passato ad attaccare l’operato dell’ambasciatore kazako in Italia, per la sua decisione di non informare le autorità italiane.

Nell’ultima parte del suo intervento, Letta ha chiarito che la questione non riguarda solo Alfano ma tutto il governo: è quindi passato a una sorta di secondo discorso di fiducia, come lo ha definito il giornalista ed ex parlamentare Andrea Sarubbi, dicendo che nelle prossime settimane bisognerà approvare importanti provvedimenti e difendendo quanto fatto finora. Ha concluso il suo intervento con “non ho alcuna intenzione di deludervi e non vi deluderò”.

(La diretta streaming dal Senato)

Il Partito Democratico ha deciso, con una riunione del gruppo parlamentare del Senato che si è tenuta giovedì 18 luglio, di votare contro la mozione di sfiducia al ministro Alfano. Il gruppo ha deciso con 80 voti contro la mozione e 7 astenuti. La decisione non è stata presa serenamente e ha causato alcune discussioni: il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, è stato molto critico sulla gestione della vicenda da parte del suo partito, anche se non ha chiesto esplicitamente le dimissioni di Alfano. Nella serata del 18 luglio, ospite della trasmissione di La7 Bersaglio mobile, ha ripetuto che non intende far cadere il governo Letta e ha aggiunto: “Il governo si logora da solo, non ha bisogno di me”. Un altro critico della decisione è stato Pippo Civati (che è deputato e dunque oggi non voterà).

Il segretario del PD, Guglielmo Epifani, ha spiegato che la discussione nel gruppo parlamentare è stata “seria”, ma che si è deciso di non votare la sfiducia perché questa causerebbe la caduta del governo Letta. Vista la posizione del PD – e il fatto che il PdL, Scelta Civica e Lega Nord hanno detto che non voteranno la sfiducia – è quasi certo che la mozione di sfiducia sarà respinta, ma bisognerà vedere se il gruppo dei senatori del PD voterà compatto secondo le indicazioni del partito.

Giovedì 18 luglio il presidente della Repubblica, durante la tradizionale cerimonia del ventaglio consegnato dall’Associazione Stampa Parlamentare, ha fatto un intervento che è stato molto commentato. Napolitano ha parlato della vicenda Shalabayeva con toni piuttosto duri, definendo “inaudita” e “precipitosa” l’espulsione, ma ha poi fatto una considerazione sulle proprie responsabilità e sui pericoli dell’instabilità politica, dicendo tra le altre cose:

Inviterei coloro che lavorano su ipotesi più o meno fumose o arbitrarie, a non contare su decisioni che quando si fosse creato un vuoto politico spetterebbero al Presidente della Repubblica e che io non starò certo ora ad anticipare. Non ci si avventuri perciò a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica post-elettorale ha reso obbligato e per un’ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il paese”.

Foto: laPresse