Tribunale Milano condanna Tronchetti Provera a 1 anno e 8 mesi

Milano, 17 lug. (LaPresse) – Il giudice della settima sezione penale di Milano Anna Calabi ha condannato Marco Tronchetti Provera a 1 anno e 8 mesi, pena sospesa e non menzioni, per il cosiddetto ‘affare Kroll’, capitolo della vicenda dei dossier illegali raccolti dalla Security di Telecom quando il manager era il presidente. La vicenda risale al 2004, quando l’agenzia Kroll, incaricata da alcuni fondi brasiliani in piena guerra per il controllo di Brasil Telecom, aveva raccolto informazioni su Tronchetti e la sua famiglia, intercettati illegalmente dalla Security di Telecom. Tronchetti Provera sarebbe stato a conoscenza della provenienza delle informazioni, da qui l’accusa di ricettazione. Il tribunale ha anche accolto le richieste di risarcimento delle parti civili. Per Telecom, che aveva chiesto 6 milioni di euro, ha disposto una provvisionale di 900 mila euro. Per l’ex ad di Telecom Brasil, Carla Cico, che aveva chiesto 500mila euro, ha disposto una provvisionale di 400mila. Il giudice Anna Calabi ha anche disposto che i risarcimenti che Tronchetti dovrà pagare alle parti civili Telecom, l’ex ad di Brasil Telecom Carla Cico, il manager brasiliano Daniel Dantes e banca Opportunity vengano stabiliti in sede civile. Il giudice ha anche disposto una provvisionale di 900mila euro per Telecom e di 400mila euro per Carla Cicco. Tronchetti dovrà pagare anche 8mila euro di spese processuali per ciascuna parte civile e 2mila euro di spese legali. Il giudice Calabi ha anche disposto al distruzione del cd contenete i dati sottratti illegalmente all’agenzia investigativa Kroll. Il giudice ha anche disposto al trasmissione degli atti in Procura per i legali Francesco Chiappetta, dell’ufficio legale di Telecom, e Francesco Muciarelli, legale di fiducia di Tronchetti, per falsa testimonianza. I due avvocati nel 2004 hanno partecipato ad una riunione con Marco Tronchetti Provera in cui Giuliano Tavaroli ha raccontato del ritrovamento dei dati sottratti alla Kroll. In aula, il 19 gennaio scorso, i due avvocati hanno raccontato che Tronchetti non era al corrente che si trattasse di informazioni ottenute illegalmente. Testimonianze che per il giudice potrebbero essere false.

 

“Prendiamo atto della sentenza odierna, di cui non resta che aspettare il deposito della motivazione per verificare quali siano state le ragioni che hanno giustificato un’affermazione di responsabilità che riteniamo inspiegabile e che, non riconoscendo la fragilità di un impianto accusatorio vacillante, getta purtroppo un’ombra senza fondamento sulle persone e sulle aziende coinvolte”. Lo ha reso noto l’avvocato difensore di Marco Tronchetti Provera, Robero Rampioni, in un comunicato diffuso dopo la condanna del suo assistito a 1 anno e 8 mesi, con pena sospesa, per ricettazione per l’affaire Kroll. Per l’avvocato Rampioni è “inspiegabile perchè è fuori sia dalla logica giuridica che dalla logica comune che il dottor Tronchetti sia stato condannato per il reato di ricettazione, avendo disposto l’invio della documentazione all’autorità giudiziaria. Dobbiamo ritenere che il giudice, di fronte ad un quadro probatorio inaffidabile e in assenza di nuovi elementi di prova, si sia adeguato all’impostazione del Pm”. Per Rampioni, inoltre, l’accusa si basa solo sulle accuse dell’ex capo della Security di Telecom Giuliano Tavaroli. “Nel corso dell’attuale procedimento – ha precisato – le dichiarazioni rese da Tavaroli sono state così tante volte rimodulate e modificate che, nella requisitoria, lo stesso Pubblico Ministero ha dovuto in parte abbandonarle in ragione della loro ambiguità”. “Abbiamo assistito ad un processo nel quale il piano logico è stato ribaltato più volte secondo dinamiche molto lontane dalla realtà – ha tenuto a precisare l’avvocaro Rampioni – il principale teste d’accusa, come detto, viene ritenuto credibile solo riguardo ad alcune affermazioni”. Non solo. “Si è arrivati perfino allo stravolgimento delle dichiarazioni del dottor Tronchetti che, con un esemplare sforzo di fantasia, sono state rappresentate addirittura come una confessione. Il risultato è stato una tesi accusatoria congetturale e povera”. “Un ulteriore elemento nella eccentrica vicenda processuale riguarda la formulazione stessa dell’ipotesi accusatoria – ha precisato – Si è proceduto per ricettazione in un’ipotesi prospettata dalla Procura che al piu` avrebbe dovuto contemplare il reato di concorso in ‘accesso abusivo in un sistema informatico’ e non di ricettazione. Tavaroli infatti, pur nelle varie tesi offerte, riferisce di aver chiesto l’autorizzazione non ad utilizzare il materiale, ma ad acquisirlo illecitamente”.

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