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  • Lunedì 10 giugno 2013

Che succede ora a Edward Snowden?

Per il momento è a Hong Kong - perché? - e non si sa ancora di cosa è accusato e nemmeno se sarà estradato e processato

La sera di domenica 9 giugno il quotidiano britannico Guardian ha rivelato con un video l’identità della persona responsabile di aver trasmesso al giornale britannico le informazioni necessarie per l’inchiesta su PRISM, ovvero il programma grazie al quale la National Security Agency (NSA), l’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense, da almeno 6 anni ha accesso alle comunicazioni online dei clienti delle più grandi società informatiche del mondo. A consegnare i documenti riservati è stato Edward Snowden, 29 anni, ex assistente tecnico per la CIA e attuale collaboratore di una grande società di consulenza specializzata nel settore pubblico, Booz Allen Hamilton.

Snowden, consapevole delle conseguenze di quanto ha fatto, ha detto al Guardian di essere andato il 20 maggio a Hong Kong, una delle due regioni amministrative speciali della Cina, che gode di ampia autonomia dal governo centrale di Pechino eccetto per le questioni legate alle relazioni estere e alla difesa militare. Snowden ha spiegato la sua scelta dicendo che a Hong Kong «hanno mostrato un grande impegno per la libertà di parola e per la difesa dei diritti dei dissidenti politici», e perché crede che sia uno dei pochi posti al mondo che potrebbe resistere alle pressioni degli Stati Uniti.

Dopo la rivelazione del Guardian si è aperto un grande dibattito – soprattutto sui giornali statunitensi – su quello che potrebbe succedere ora a Snowden. I punti più oscuri sono diversi: di cosa può essere accusato, come possono fare le autorità americane a riportarlo negli Stati Uniti e processarlo, e come funziona il trattato di estradizione con Hong Kong.

Di cosa è accusato e che pene rischia?
Sabato notte il direttore dell’intelligence nazionale statunitense, James Clapper, ha detto a NBC News che la NSA ha richiesto che venga avviata un’indagine penale per la diffusione delle informazioni sull’attività dell’Agenzia. Domenica sera il Dipartimento della Giustizia statunitense ha diffuso un comunicato in cui ha fatto sapere di avere iniziato le indagini sul caso PRISM, senza però fornire ulteriori dettagli. Il problema, per ora, rimane capire di che cosa sarà accusato Snowden, considerata la complessità del suo caso.

Anzitutto gli Stati Uniti, scrive Politiconon hanno molti precedenti di cittadini americani accusati di avere commesso crimini politici, accusa sotto la quale dovrebbe ricadere il caso Snowden. Snowden non ha nemmeno venduto o passato documenti segreti a uno stato straniero e – a differenza per esempio di Bradley Manning, accusato di avere passato a WikiLeaks dei documenti riservati – non è un soldato, e quindi non può essere giudicato da una corte marziale per spionaggio militare.

Kathleen Clark, professoressa di legge alla Washington University di St. Louis ed esperta di questioni legate alla sicurezza nazionale, ha detto che chi diffonde documenti riservati sulla sicurezza nazionale può affrontare due tipi di accuse, che ricadono entrambe sotto l’Espionage Act e che prevedono una pena massima di dieci anni di carcere. In ogni caso le autorità americane potranno iniziare il processo solo nel momento in cui Snowden farà ritorno negli Stati Uniti, cioè quando Hong Kong deciderà di accettare un’eventuale richiesta di estradizione. Questa deve arrivare dal Dipartimento di Giustizia statunitense attraverso il consolato americano a Hong Kong: per ora il portavoce del consolato non ha voluto commentare questa opzione.

Come funziona l’estradizione nel diritto internazionale
Il diritto internazionale in termini di estradizione è piuttosto complicato, perché ciascuno stato può decidere autonomamente come comportarsi, anche se formalmente vincolato dai trattati che ha firmato e ratificato in materia. Anche in presenza di trattati internazionali, tuttavia, non esistono sistemi coercitivi per quegli Stati che non adempiono a regole precise: in pratica, non si può “arrestare” chi decide di non estradare qualcuno; eventualmente quella decisione può creare dei problemi a livello politico, qualcosa che non va molto oltre un incidente diplomatico.

Il trattato che regola i casi di estradizione in vigore tra Stati Uniti e Hong Kong, come molti altri di questo tipo, contiene diverse eccezioni per i reati politici, ovvero l’accusa a cui Snowden potrebbe rispondere in un tribunale statunitense. In pratica Hong Kong potrebbe semplicemente decidere di espellerlo dal suo territorio, senza però consegnarlo alle autorità americane. Sul fatto poi che sia esclusivamente il governo di Hong Kong a decidere, ci sono ulteriori dubbi: nel 1997, dopo che il trattato sull’estradizione era già entrato in vigore, Hong Kong è passato sotto la sovranità della Cina.

Cosa potrebbe fare la Cina sul caso Snowden
La questione di quanta libertà abbia Hong Kong in materia di estradizione è piuttosto controversa. Secondo Tim Parker, avvocato che lavora a Hong Kong su questioni legate all’immigrazione, potrebbe non essere “legalmente possibile” per le autorità di Pechino forzare il trasferimento di Snowden da Hong Kong in territorio cinese. Considerato però che le questioni legate alle relazioni estere sono di competenza del governo di Pechino, la Cina potrebbe decidere di intervenire comunque e di bloccare l’estradizione decisa eventualmente dal governo di Hong Kong: potrebbe farlo sia per motivi legati alla sicurezza nazionale, sia nel caso in cui esista il sospetto che Snowden, una volta tornato in patria, possa essere oggetto di un “trattamento disumano” da parte delle autorità statunitensi. In pratica, la Cina potrebbe usare una di queste possibilità per bloccare il trasferimento di Snowden, o per trattare con gli Stati Uniti cercando di ottenere un vantaggio politico dall’estradizione.

Considerato che la Cina, a differenza di Hong Kong, non ha stipulato un trattato di estradizione con gli Stati Uniti, la questione si può sintetizzare con le parole di Ryan Scoville, esperto di diritto internazionale presso la Marquette University Law School: «Ci deve essere una decisione politica da parte del paese che decide di estradare nel senso che quel tipo di atto sia parte di un interesse politico».

Quali sono le opzioni di Snowden
A parte l’estradizione, Snowden potrebbe rifugiarsi nel consolato di una nazione terza a Hong Kong, come ha fatto il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, chiedendo protezione all’ambasciata dell’Ecuador a Londra. In quel caso Snowden non potrebbe essere catturato né dalla polizia di Hong Kong né – ovviamente – da quella degli Stati Uniti. Questa opzione, anche se percorribile, è improbabile, dice Scoville: pochi paesi infatti sarebbero disposti di pagare il prezzo politico di inimicarsi gli Stati Uniti su una questione così importante per la loro sicurezza e la loro reputazione, di cui si sta parlando da giorni in tutto il mondo.

Politico parla anche di un’altra opzione, che sembra però molto discutibile: si tratterebbe di pagare delle persone a Hong Kong perché “sequestrino” Snowden e lo riportino negli Stati Uniti per poterlo processare. C’è una specie di precedente: nel 2004 il governo degli Stati Uniti pagò dei messicani perché catturassero e portassero negli Stati Uniti una persona accusata dell’omicidio di un agente speciale americano, e la questione arrivò anche davanti alla Corte Suprema. È stato lo stesso Snowden a dire al Guardian di temere un intervento della CIA: per questo sta tenendo una serie di cautele da film di spionaggio – cuscini intorno alla porta della camera, coperte sopra di sé e lo schermo del computer quando inserisce delle password – per evitare di essere rintracciato ed eventualmente catturato e riportato negli Stati Uniti. Il Washington Post – e solo il Washington Post, per ora – ha scritto che Snowden ha lasciato l’albergo lunedì mattina.

Quello che spera Snowden è invece riuscire a ottenere l’asilo politico in Islanda, in modo da non poter essere perseguito dalla giustizia americana: pochi anni fa, infatti, l’Islanda ha approvato una legge che garantisce accoglienza e protezione ai cosiddetti whistleblower, cioè a chi per ragioni politiche diffonde il contenuto di documenti riservati. In molti ritengono però difficile che un piccolo paese come l’Islanda possa scontrarsi con gli Stati Uniti, accettando la richiesta di Snowden.