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  • Giovedì 6 giugno 2013

Le telefonate controllate negli USA

Una delle più grandi aziende di telecomunicazioni americane ha passato i tabulati telefonici di milioni di persone a un'agenzia del governo

US President Barack Obama walks down the West Wing Colonnade to announce that current UN Ambassador Susan Rice will replace outgoing National Security Adviser Tom Donilon and Samantha Power will become the nominee for new UN Ambassador, in the Rose Garden of the White House in Washington, DC, June 5, 2013. AFP PHOTO / Saul LOEB (Photo credit should read SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
US President Barack Obama walks down the West Wing Colonnade to announce that current UN Ambassador Susan Rice will replace outgoing National Security Adviser Tom Donilon and Samantha Power will become the nominee for new UN Ambassador, in the Rose Garden of the White House in Washington, DC, June 5, 2013. AFP PHOTO / Saul LOEB (Photo credit should read SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

Nella sera di mercoledì 5 giugno il quotidiano britannico Guardian ha svelato l’esistenza di un programma di sorveglianza, autorizzato dall’amministrazione Obama, riguardante la trasmissione dei tabulati telefonici di milioni di cittadini statunitensi a un’agenzia federale americana.

Il Guardian ha pubblicato sul suo sito il documento che dimostra l’esistenza del programma: si tratta di un’ordinanza di un tribunale federale statunitense che obbliga la Verizon, una delle più grandi aziende di telecomunicazioni americane, a trasmettere i tabulati telefonici dei suoi clienti – ma non il contenuto delle chiamate: di fatto non sono intercettazioni – alla National Security Agency, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale. Il documento, dice il Guardian, mostra per la prima volta come sotto l’amministrazione Obama siano state acquisite informazioni sulle telefonate di milioni di cittadini statunitensi in maniera indiscriminata, a prescindere dal fatto che si tratti di persone sospettate di un qualche reato oppure no.

Nel dettaglio, l’ordinanza si riferisce al periodo che va dal 25 aprile al 19 luglio 2013, con la possibilità per la corte di estendere ulteriormente nel tempo l’autorizzazione. L’ordinanza è stata firmata ad aprile dal giudice Roger Vinson della Foreign Intelligence Surveillance Court, una corte federale istituita nel 1978, e ha ordinato a una sussidiaria dell’azienda Verizon Communications, la Verizon Business Network Services, di trasmettere quotidianamente alla National Security Agency tutti i tabulati delle chiamate “tra gli Stati Uniti e l’estero” o chiamate “interamente interne agli Stati Uniti, incluse quelle locali”.

Le informazioni trasmesse si riferiscono ai numeri del mittente e destinatario, alla durata della chiamata, ai dati sulle schede telefoniche (le SIM), all’IMEI – codice unico associato a ogni dispositivo che si collega a una rete cellulare, e all’IMSI – codice simile all’IMEI ma riferito all’utente di una determinata SIM. Non sono inclusi nell’ordinanza, e quindi non sono state trasmesse, informazioni riguardanti il contenuto delle chiamate, e altri dettagli personali di coloro a cui sono intestati i numeri elencati sui tabulati. Non è ancora chiaro invece se ordinanze simili sono state inviate anche ad altre sussidiarie dell’azienda Verizon o ad altri operatori del settore delle telecomunicazioni.

L’ordinanza, spiega il Guardian, è stata chiesta dall’FBI in conformità con una sezione del “Foreign Intelligence Act”, legge risalente al 1978 che regola i termini della sorveglianza interna agli Stati Uniti per motivi di sicurezza nazionale, e con il “Patriot Act”, legge che il Congresso statunitense approvò dopo gli attacchi terroristici del World Trade Center dell’11 settembre 2001. Questo tipo di programmi di sorveglianza, scrive il New York Times, si crede fossero ampiamente utilizzati durante l’amministrazione di George W. Bush, anche se allora non veniva richiesta l’autorizzazione di alcun tribunale statunitense. Con le rivelazioni del Guardian in molti si chiedono se la sorveglianza sistematica dei tabulati telefonici sia continuata con l’amministrazione Obama, semplicemente portando questa pratica sotto l’ombrello legislativo del “Patriot Act”.

La pubblicazione del documento da parte del Guardian ha già provocato diverse reazioni, anche alla luce di un altro recente scandalo legato alle intercettazioni, ordinate dal Dipartimento di Giustizia americano, di venti linee telefoniche dell’agenzia Associated Press. Il “Center for Contitutional Rights” statunitense, per esempio, ha definito il programma come «l’ordine di sorveglianza più ampio mai emesso». Il portavoce del senatore Ron Wyden, che fa parte dell’Intelligence Committee del Senato e che da due anni mette in guardia il Congresso per come l’amministrazione ha deciso di interpretare il “Patriot Act”, ha detto al New York Times di essere molto arrabbiato per l’intera vicenda: secondo Wyden, ma anche secondo altri senatori, il punto è che il “Patriot Act” ha reso più facile ottenere un’ordinanza di questo genere dal tribunale federale di sorveglianza, ma solo nei casi in cui è a rischio effettivamente la sicurezza nazionale. Quella dell’amministrazione Obama sarebbe stata quindi un’interpretazione molto estensiva delle disposizioni contenute nel “Patriot Act”.

Un funzionario dell’amministrazione Obama ha commentato le rivelazioni del Guardian difendendo la necessità della NSA di raccogliere tabulati telefonici di cittadini americani, perché queste informazioni sono “uno strumento fondamentale nel proteggere la nazione da minacce terroristiche”. Tuttavia, lo stesso funzionario non ha confermato che in questa occasione la NSA abbia effettivamente raccolto i tabulati telefonici rilasciati dalla Verizon, come invece sostiene il Guardian. Per il momento l’FBI e la Verizon non hanno commentato la vicenda. Giovedì mattina il New York Times ha scritto che una persona coinvolta in qualche modo in questa vicenda ha confermato l’autenticità del documento pubblicato dal Guardian. Marci Green Miller, portavoce della National Security Agency, ha fatto sapere con una mail: «risponderemo appena ci sarà possibile».