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  • Lunedì 3 giugno 2013

Istanbul, le foto di lunedì notte

È stata la più violenta dall'inizio delle proteste, che si sono allargate anche ad altre città della Turchia: centinaia di persone ferite e arrestate

Nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 giugno sono continuati gli scontri e le proteste contro il governo in numerose città della Turchia. Diversi gruppi di manifestanti si sono scontrati contro la polizia, che ha risposto con il lancio di lacrimogeni e utilizzando gli idranti. Alcune sedi del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), di cui è presidente il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, sono stati incendiati. Oltre 1700 persone sono state arrestate in 67 diverse città del paese: molte di queste sono state rilasciate dopo poche ore, in seguito a una serie di accertamenti.

Secondo diversi giornali e agenzie di stampa, l’ultima notte è stata la più violenta in buona parte della Turchia da quando sono iniziate le proteste tre giorni fa. A Istanbul le principali violenze si sono verificate nel quartiere di Besiktas. Centinaia di manifestanti hanno costruito barricate con ciò che hanno trovato per strada, confrontandosi per diverse ore con la polizia. Poco distante, gli agenti si sono dati da fare per mantenere isolato l’ufficio del primo ministro Erdogan, uno degli obiettivi della protesta.

Reuters riferisce che nella notte un manifestante ha guidato una escavatrice verso la polizia, aprendo la strada al passaggio di altri manifestanti. Gli scontri sono stati particolarmente violenti e hanno causato il ferimento di decine di persone. Diversi locali commerciali della zona, più che altro negozi e ristoranti, sono stati utilizzati per raccogliere i feriti e per dare loro le prime cure. Non ci sono cifre ufficiali, ma si stima che da venerdì a oggi siano state curate negli ospedali circa 484 persone.

Le proteste a Istanbul erano iniziate in seguito all’avvio di un cantiere per costruire un centro commerciale in uno degli ultimi grandi parchi della città. Nei giorni seguenti la manifestazione è diventata maggiormente politica e di generale protesta contro il governo di Erdogan, accusato di essere poco democratico. La maggior parte dei manifestanti è costituita da giovani ragazzi, quasi tutti appartenenti alla classe media. Accusano il governo di avere avviato una progressiva islamizzazione del paese.

Erdogan ha respinto tutte le accuse e da giorni sostiene che le proteste non sono democratiche, e che sono organizzate più o meno indirettamente dal Partito Popolare Repubblicano (CHP), la principale forza di centro-sinistra del paese. Domenica 2 giugno, nel corso di una intervista televisiva, Erdogan ha sostenuto che diversi manifestanti sono semplici “sciacalli” e ha accusato Twitter e altri social network di dare una versione distorta di quanto sta avvenendo nelle città dove ci sono proteste. Si stima che alle manifestazioni abbiano fino a ora partecipato decine di migliaia di persone, soprattutto a Istanbul e nella capitale Ankara.

Il quotidiano turco Hurriyet ha scritto che Erdogan ha fatto un passo indietro sulla decisione di costruire il centro commerciale a Gezi Park; il primo ministro ha detto anche che sarà costruita una moschea a piazza Taksim, probabilmente al posto del Centro Culturale Atatürk.