Provaci ancora Giachetti

È il condivisibile invito di Michele Serra, da estendere a chiunque con buona volontà cerchi di cambiare una politica che funziona male

Per una volta, le ragioni erano a favore dell’uovo oggi invece che della gallina domani, in un paese e una politica che per cercare ogni giorno l’uovo oggi ha dimenticato anche come siano fatte, le galline, e si ritrova con una costante frittata. Ma sull’opportunità di impegnare subito il parlamento nell’abolizione della legge elettorale Calderoli (il “Porcellum” cosiddetto), piuttosto che aspettare più ampi e articolati progetti di riforma da parte del governo, si spiega bene oggi Michele Serra su Repubblica.

Fin troppo ovvia la ragione per la quale avrei preferito l’uovo (oggi) di Giachetti alla gallina (domani) di Letta. Non credo che questa maggioranza sia in grado di varare in tempi decenti (diciamo: entro le prossime elezioni) una nuova legge elettorale. Peggio: credo che almeno una componente del governo, il Pdl, non abbia alcuna intenzione di levare di torno quel Porcellum che è figlio suo, e porta la firma di un signore, Calderoli, che incredibilmente (l’ho scritto, credo, una ventina di volte: incredibilmente) è parte in causa, oggi, in quella materia elettorale che ha contribuito a scempiare.

Anche buona parte dei parlamentari del PD che avevano condiviso l’iniziativa di Roberto Giachetti – una mozione che impegnava la Camera “ad approvare in tempi rapidissimi” un’abolizione della legge elettorale vigente e un ritorno alla precedente – ha finito per cedere alle prepotenti minacce del governo e di un’altra parte del PD: che avevano come unico argomento sostanziale il rischio di far cadere lo stesso governo, rischio reale per due ordini di ragioni. Uno è il rifiuto del PdL di abolire la legge Calderoli senza costruirne un’altra di sua soddisfazione, l’altro è che se sparisse il rischio di “tornare a votare col Porcellum”, gran parte del fondamento dell’attuale bislacca maggioranza si perderebbe.

Il risultato è stato l’inversione dei rapporti di causa ed effetto: ieri non abbiamo visto all’opera un governo costruito per cambiare la legge elettorale, ma una legge elettorale mantenuta per conservare un governo. Il quale, come scrive Serra, oggi non mostra nessuna garanzia di essere in grado di modificare la legge elettorale, salvo una specie di convincente illusione in cui viviamo tutti quanti da anni: quella che continua a farci credere alle promesse meno razionalmente fondate.

Il risultato è stato che ieri i partiti di centrosinistra hanno avuto l’occasione di mostrare ai loro elettori – e a quelli degli altri, ricordiamoceli – due cose che non si erano mai viste: il passo più concreto e vincolante verso l’abolizione della legge elettorale che si fosse mai visto finora, e un creativo e proficuo modo di fare politica concreta in cerca di risultati auspicati, piuttosto che la politica degli annunci e delle dichiarazioni ai giornali. Roberto Giachetti e quelli che lo hanno seguito avevano offerto al PD questi due risultati su un piatto d’argento, e la maggioranza del PD li ha rifiutati (il progetto di riforme del governo poteva esserne del tutto indipendente, quella è una balla). Ma a voler vedere il bicchiere mezzo pieno (un dito pieno, va’) si è formata di nuovo una fronda benintenzionata – che i suoi nemici accusano di voler distruggere solo perché cerca di costruire altro – in cerca di altri modi di fare le cose giuste. Come dice Serra, provaci ancora, Giachetti.

foto: LaPresse