L’ultima volta che abbiamo rischiato la guerra nucleare

Era il 1983, c'entrano la NATO, la Russia e molte coincidenze: la storia è raccontata in alcuni vecchi documenti riservati, pubblicati venerdì 17 maggio

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

Nel 1983 l’Unione Sovietica scambiò un’esercitazione militare della NATO per un tentativo di attacco. I missili balistici e le basi militari furono preparate a un attacco preventivo e il mondo si trovò per una settimana molto vicino all’inizio di una guerra nucleare. Il pericolo scampato venne scoperto soltanto molti mesi dopo, e oggi molti storici lo considerano come la volta che si andò più vicini a una guerra nucleare dopo la crisi dei missili nel 1962 a Cuba. Ieri, venerdì 17 maggio, un’organizzazione accademica statunitense che si chiama National Security Archive e pubblica documenti ottenuti grazie alla legge americana sulla trasparenza del governo, ha diffuso dei nuovi documenti su quello che avvenne in quei giorni.

L’esercitazione si chiamava Able Archer 83 (Abile arciere) e avvenne tra il 2 e il 10 novembre del 1983. La NATO decise di esercitarsi sulla possibilità che un conflitto convenzionale con l’Unione Sovietica si trasformasse in una guerra nucleare. Furono testati in particolare i dispositivi di comunicazione, la preparazione dei tecnici nelle basi militari e vennero coinvolti persino dei leader nazionali. Il livello di allarme degli Stati Uniti venne portato a DEFCON 1, il livello massimo. Tutti questi preparativi vennero scambiati dai leader dell’URSS per il mascheramento di un vero attacco nucleare.

Il peggioramento delle relazioni internazionali tra i due paesi e una serie quasi incredibile di coincidenze avvenute nei mesi precedenti all’esercitazione contribuirono a rendere i sovietici sempre più nervosi, fino all’escalation di Able Archer. In un certo senso si può dire che quasi tutto quello che poteva andare storto andò storto.

La Seconda Guerra fredda
L’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979 e l’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Ronald Reagan nel 1981 segnarono l’inizio di quella che alcuni storici definiscono “la Seconda Guerra Fredda”: un periodo di nuove tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica che fece seguito alla distensione del decennio precedente.

In questo periodo gli Stati Uniti aumentarono considerevolmente le spese militari e ampliarono il loro potenziale nucleare con nuovi missili balistici. Nel contempo le due potenze si provocarono l’una con l’altra nel corso di una serie di esercitazioni e manovre militari. Il momento di tensione più alto venne raggiunto proprio nel novembre del 1983 con l’esercitazione Able Archer 83.

Sospetti e provocazioni
Uno dei primi atti dell’amministrazione Reagan fu intraprendere una serie di operazioni ed esercitazioni che rappresentavano delle vere e proprie provocazioni per l’Unione Sovietica. Stormi di bombardieri, per esempio, volavano dritti verso il territorio sovietico come se avessero intenzione di attaccare: poi, poco prima di entrare nello spazio aereo sovietico, invertivano la rotta. Queste operazioni servivano a testare l’efficacia dei radar russi, le loro procedure di difesa e le loro tattiche. Altre operazioni vennero compiute nel mare Artico, nel Baltico e nel Mar Nero. In tutti questi casi le difese russe venivano provocate fin quasi alla reazione armata per studiarne l’efficacia. Ma queste operazioni finivano anche per logorare i nervi dei leader sovietici.

Una prova del nervosismo dei leader russi fu la cosiddetta Operazione RYAN (dal codice russo per un attacco nucleare), di cui i documenti declassificati ieri contengono le prime descrizioni e conferme. Le continue provocazioni e la retorica militare di Reagan avevano convinto i leader sovietici che gli Stati Uniti fossero pronti ad un attacco nucleare. L’operazione RYAN era un vasto piano di spionaggio sovietico che prendeva di mira leader politici e religiosi, tecnici della basi missilistiche, istituzioni finanziarie e banche del sangue. RYAN doveva essere in grado di produrre prove o confermare i sospetti della preparazione di un attacco nucleare da parte della NATO. Molte delle fonti su cui si basava RYAN erano perfettamente inutili per il suo scopo, ma i continui allarmi e sospetti che procurava la nuova rete finirono col tenere i leader dell’URSS ancora più sul chi vive.

Nel marzo del 1983 terminò lo spiegamento in Europa Occidentale dei missili nucleari Pershing II: era uno degli elementi principali del programma di riarmo voluto da Reagan, denominato “Guerre Stellari”. I Pershing II erano missili a medio raggio, dotati di testate molto potenti e, si pensava, in grado di poter colpire i propri bersagli nel giro di 5 o 10 minuti dall’ordine di lancio. Queste caratteristiche, agli occhi dei russi, li rendevano armi micidiali per un attacco di sorpresa. Una buona parte delle motivazioni che spinsero a mettere in piedi l’operazione RYAN fu proprio dovuta alla paura dei Pershing II e alla convinzione che l’unico modo di sopravvivere a un loro attacco fosse precederlo.

Una serie di sfortunati eventi
Il livello di paranoia che era stato raggiunto in Unione Sovietica non era sconosciuto negli Stati Uniti. Alcuni dei documenti resi pubblici ieri mostrano che in diversi rapporti Reagan era stato avvisato che i russi erano «letteralmente ossessionati dalla paura di una guerra». Il loro timore aveva qualcosa a che fare con l’Operazione Barbarossa, l’attacco a sorpresa con cui nel giugno del 1941 la Germania invase la Russia. Come se questo clima di crescenti provocazioni e paranoia non fosse sufficiente, tre distinti incidenti accaduti nei mesi immediatamente precedenti all’esercitazione Able Archer contribuirono ad alzare ulteriormente il livello della tensione all’interno della leadership sovietica.

Il 1 settembre 1983 un aereo passeggeri della Korean Air Lines, finito per errore a sorvolare lo spazio aereo sovietico, venne abbattuto: morirono tutti i 269 passeggeri, tra cui un parlamentare degli Stati Uniti. L’incidente, che dimostrava il nervosismo dei russi, portò a un’escalation di sentimenti anti-sovietici negli Stati Uniti e quindi in un ulteriore aumento di preoccupazioni in URSS. L’incidente precedette di due mesi il caso Able Archer.

Alla fine di settembre ci fu un altro incidente che rischiò di causare una guerra nucleare. Si tratta dell’episodio raccontato nel documentario The man who saved the world. Nella notte del 26 settembre il sistema satellitare di preallarme russo individuò il lancio di un missile intercontinentale dagli Stati Uniti. Stanislav Petrov, che era al comando del sistema di allarme, liquidò il lancio come un errore del sistema e fece lo stesso quando poco dopo il sistema rilevò altri 4 lanci. Il sistema era in effetti difettoso, cosa che causò ulteriore nervosismo nei vertici sovietici nelle settimane successive.

Una settimana prima dell’esercitazione, alla fine di ottobre, i russi intercettarono un crescente volume di traffico cifrato tra gli Stati Uniti e il Regno Unito. All’epoca si riteneva che un attacco nucleare sarebbe stato preceduto da intensi colloqui cifrati tra i leader americani e inglesi. I colloqui, quindi, vennero presi come l’ennesimo segno dell’avvicinarsi di una guerra nucleare. In realtà le comunicazioni erano dovute all’invasione dell’isola di Granada a cui si stavano preparando gli Stati Uniti, e il cui capo di stato era, formalmente, la Regina d’Inghilterra Elisabetta II.

L’abile arciere
La notte del 2 novembre, insomma, mentre l’intelligence sovietica era concentrata sull’individuare un attacco nucleare americano e cercare di prevenirlo, con la consapevolezza che la loro rete di sorveglianza satellitare non era esattamente affidabile, la NATO cominciò a simularne uno.

L’esercitazione doveva simulare un’escalation da una guerra convenzionale a una nucleare. Il numero di comunicazioni criptate e l’allerta nelle basi militari e missilistiche crebbe lentamente nel corso degli 8 giorni. A un certo punto anche Margaret Thatcher, all’epoca primo ministro del Regno Unito, ed Helmut Kohl, cancelliere della Germania Ovest, vennero coinvolti.

Diversi agenti e analisti russi compresero che si trattava di un’esercitazione, ma i loro rapporti non servirono a calmare i leader sovietici. Simulare un attacco con un’esercitazione era esattamente quello che si aspettavano che la NATO avrebbe fatto e quello che loro stessi avrebbero fatto se avessero deciso di scatenare una guerra nucleare.

Quando l’8 novembre il livello di allarme americano venne alzato da DEFCON 5 a DEFCON 1, il livello massimo, il timore in Unione Sovietica divenne generale e la CIA cominciò a capire che qualcosa stava andando storto. Vennero individuati movimenti nelle basi missilistiche russe, mentre i satelliti rilevarono che aerei con capacità nucleari venivano preparati al lancio nelle basi in Polonia e Cecoslovacchia. Quando l’esercitazione giunse bruscamente al termine, l’11 novembre, finirono anche i timori russi. Qualche tempo dopo, quando Reagan venne informato del rischio che i due paesi avevano corso e che i russi avevano veramente pensato che gli Stati Uniti stessero per scatenare un attacco, commentò: «Non so davvero come abbiano potuto crederci, ma è una cosa che fa riflettere».