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  • Mercoledì 15 maggio 2013

A che punto è il referendum britannico sull’uscita dall’UE

David Cameron ha annunciato un progetto di legge ma anche alcuni suoi compagni di partito la definiscono un'accelerazione inutile

di Francesco Marinelli – @frankmarinelli

British Prime Minister David Cameron addresses the Global Investment Conference in London on May 9, 2013. Cameron lashed out at "pessimists" in his own party demanding immediate withdrawal from the European Union as he made an address at a global investment conference in central London. AFP PHOTO / POOL / STEFAN ROUSSEAU (Photo credit should read STEFAN ROUSSEAU/AFP/Getty Images)
British Prime Minister David Cameron addresses the Global Investment Conference in London on May 9, 2013. Cameron lashed out at "pessimists" in his own party demanding immediate withdrawal from the European Union as he made an address at a global investment conference in central London. AFP PHOTO / POOL / STEFAN ROUSSEAU (Photo credit should read STEFAN ROUSSEAU/AFP/Getty Images)

Nei ultimi giorni nel Regno Unito si è tornato a discutere molto dell’opportunità per il paese di rimanere nell’Unione Europea. Nei mesi scorsi il primo ministro britannico, David Cameron, aveva promesso un referendum popolare in cui i cittadini britannici avrebbero dovuto dire “sì” o “no” sulla permanenza del Regno Unito nell’UE: la mossa di Cameron aveva l’obiettivo di disinnescare una rivolta interna al suo partito, il Partito Conservatore, portata avanti da diversi parlamentari antieuropeisti. La protesta era scoppiata di nuovo l’8 maggio, quando la Regina, durante il tradizionale Queen’s Speech al Parlamento che fissa ogni anno l’attività di governo per i successivi 12 mesi, non aveva fatto menzione del referendum.

Dopo il discorso della Regina 78 parlamentari hanno detto di essere pronti a votare un emendamento al Queen’s Speech: la mozione è stata presentata da due “ribelli” del Partito Conservatore, John Baron e Peter Bone, e se approvata dal Parlamento britannico potrebbe riportare la questione del referendum tra i punti su cui il governo dovrà lavorare nel prossimo anno. Per bloccare la rivolta interna il 13 maggio Cameron ha fatto una controproposta, dicendo di essere pronto a presentare un disegno di legge che contenga l’obbligatorietà del referendum promesso sull’Unione Europea. La contromossa di Cameron è stata condizionata molto anche dal risultato delle elezioni amministrative che si sono tenute il 2 maggio nel Regno Unito: il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UKIP), che ha tra i suoi principali obiettivi proprio l’uscita del paese dall’UE, è stato inaspettatamente il terzo partito a livello nazionale, ottenendo un complessivo 23 per cento dei voti.

L’annuncio di Cameron, tuttavia, ha provocato diverse reazioni all’interno della sua coalizione di governo, che include anche i liberal-democratici di Nick Clegg, tradizionalmente europeisti, che si oppongono alle proposte di uscita del Regno Unito dall’UE. La proposta di Cameron ha suscitato diverse perplessità anche tra gli esponenti più moderati del suo partito, secondo cui il disegno di legge annunciato da Cameron, al di là del suo effettivo contenuto, è un’accelerazione inutile: se alle prossime elezioni politiche vinceranno i laburisti, infatti, probabilmente il nuovo Parlamento lo abolirebbe. Della stessa idea è anche il sindaco conservatore di Londra Boris Johnson, che ha detto che l’appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea «non rappresenta una questione di primaria importanza per il destino del paese» (di Johnson si parla spesso come possibile successore e rivale dello stesso Cameron).

Secondo il giornalista Nick Robinson della BBC, l’approvazione del disegno di legge annunciato da Cameron è molto improbabile. I liberal-democratici non metteranno a disposizione i loro voti, e le divisioni all’interno del Partito Conservatore potrebbero spingere diversi parlamentari a non appoggiare la proposta. Consapevole delle difficoltà a cui la sua legge andrà incontro, Cameron spera che il disegno di legge possa essere proposto da un singolo deputato, per evitare che se le cose andassero male la sconfitta sia attribuita a tutto il partito.

Foto: David Cameron (STEFAN ROUSSEAU/AFP/Getty Images)