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  • Venerdì 12 aprile 2013

40 anni di sponsor sulle maglie da calcio

La storia dello stratagemma con cui fu usato il primo, Jägermeister, e molte foto storiche di maglie significative

Circa tre settimane fa – il 24 marzo, per la precisione – è stato il quarantesimo anniversario della partita di calcio in cui per la prima volta una squadra aveva sulla propria maglia uno sponsor commerciale. La storia l’ha raccontata bene Daniele Costantini sul sito Passione Maglie: era una partita di Bundesliga, il principale campionato di calcio tedesco, e giocavano contro Eintracht Braunschweig e Schalke 04. Sulla maglia dell’Eintracht Braunschweig – squadra di Braunschweig, Bassa Sassonia – venne stampato al centro il simbolo di Jägermeister, azienda produttrice del famoso omonimo liquore alle erbe, che proprio grazie a questa strategia pubblicitaria aumentò la sua popolarità e la sua diffusione. L’idea era venuta a Günter Mast, presidente dell’azienda, che studiò i regolamenti della Deutscher Fussball-Bund (DFB), la federazione calcistica tedesca, per cercare di aggirare il divieto di mostrare marchi commerciali sulle maglie.

Lo stratagemma Jägermeister
Günter Mast, in accordo con il presidente della squadra, Ernst Fricke, decise di cambiare lo stemma della società: al posto del leone (rappresentativo della Bassa Sassonia) venne messo il cervo, l’animale che appare anche sull’etichetta dello Jägermeister. Nessun regolamento lo vietava. All’epoca la questione della pubblicità nel calcio era molto discussa tra le federazioni calcistiche e in sostanza osteggiata, per preservare le attività sportive da fini commerciali: ma in altre discipline, come il ciclismo e la pallacanestro, la pratica delle sponsorizzazioni era già iniziata.

Foto di maglie e sponsor significativi

L’accordo tra Jägermeister e l’Eintracht Braunschweig fu concluso per 100mila marchi. L’8 gennaio 1973 l’assemblea dei soci della squadra votò a maggioranza il cambio dello stemma della società, che divenne così identico a quello del marchio dello Jägermeister: l’unica differenza tra i due loghi era rappresentata dall’inserimento sulla maglia delle iniziali della squadra, “E. B.”.

Fino a pochi minuti prima dell’inizio della partita non era ancora stato risolto un problema, che riguardava le dimensioni dello stemma: il regolamento prevedeva che fosse grande al massimo 14 centimetri, quello dell’Eintracht Braunschweig era grande 18. Alla fine l’arbitro decise di far giocare comunque la partita. Si creò così un precedente determinante: dalla stagione successiva fu concesso a tutte le squadre di porre degli sponsor sulle loro maglie. Lo stesso anno anche gran parte degli altri campionati di calcio europei decise lo stesso.

Lo sponsor del Lanerossi Vicenza
C’è una storia di maglie e sponsor che precede però quella dell’Eintracht Braunschweig: quella del Lanerossi Vicenza. Nel 1953 sulle maglie della squadra, a strisce biancorosse, fu aggiunta la lettera “R”, in blu: fu un’eccezione, permessa dal fatto che la Lanerossi era anche proprietaria della squadra. In Italia le sponsorizzazioni sulle maglie furono consentite (con molte limitazioni) a partire dall’ottobre del 1978, quando la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) autorizzò l’inserimento sulle maglie di piccoli marchi commerciali. L’autorizzazione riguardava soltanto l’inserimento degli sponsor tecnici, quelli che forniscono il materiale da gioco, per uno spazio non superiore ai 12 centimetri quadrati, portati successivamente a 16.

Anche in Italia però furono utilizzati alcuni stratagemmi per aggirare la norma. Nella stessa stagione 1978-1979 Teofilo Sanson – il presidente dell’Udinese, che in quell’anno giocava in Serie B – fece inserire il logo della sua azienda, la Sanson Gelati, ma sui pantaloncini della squadra. L’Udinese fu multata per 10 milioni di lire e gli fu chiesto di rimuovere il marchio. La prima maglia sponsorizzata di una squadra di Serie A arrivò nella stagione successiva: il 26 agosto 1979, nella prima giornata di campionato, il Perugia esibì sulle magliette il marchio della Pasta Ponte. La federazione multò il Perugia, che inizialmente aveva inserito lo sponsor solo sulle divise d’allenamento: ma anche in questo caso il presidente, Franco D’Attoma, riuscì ad aggirare le regole.

D’Attoma decise infatti di fondare un maglificio con lo stesso nome del pastificio, la “Ponte Sportwear”, che figurava così come sponsor tecnico ma che di fatto promuoveva un marchio commerciale. Nella stessa stagione, Cagliari, Genoa e Torino inserirono il marchio dei rispettivi sponsor sulle tute dei giocatori in panchina e sulle maglie dei raccattapalle. La sponsorizzazione sulle maglie venne definitivamente consentita dalla federazione e dalla Lega nel 1981, con un’esposizione massima di 100 centimetri quadrati.

Oggi la federazione consente alle squadre di Serie A di avere marchi commerciali sulle maglie di 350 centimetri quadrati, e consente anche l’inclusione di un secondo sponsor. Il 28 settembre 2012 la federazione ha invece firmato una delibera che potrebbe consentire, a partire dalla stagione 2013-2014, alle squadre di Serie B, Lega Pro e serie inferiori, di mettere uno sponsor commerciale anche sul retro della maglietta, sotto al numero.

Soldi e sponsor
La società che ha guadagnato di più quest’anno con le sponsorizzazioni sulle maglie è stata il Barcellona, con i 30 milioni di euro pagati dalla Qatar Foundation. Quello del Barcellona è un caso particolare, però: prima della Qatar Foundation, infatti, non aveva mai avuto uno sponsor commerciale sulla parte frontale delle magliette. Questo principalmente per una questione identitaria, visto come la Catalogna si identifica con la squadra. Dal 2006 la maglia del Barcellona ha mostrato invece il marchio dell’UNICEF, caso più unico che raro di sponsorizzazione “al contrario”: invece che essere il marchio a pagare il Barcellona, era il Barcellona a devolvere all’UNICEF ogni anno lo 0,7 per cento del ricavato annuale. L’accordo con la Qatar Foundation è del 2010: prevede un trasferimento di 30 milioni di euro a stagione per cinque stagioni, il marchio appartiene a una società no-profit di proprietà del governo del Qatar.

La seconda squadra a guadagnare più soldi dal proprio principale sponsor è il Real Madrid, che però ha giocato la sua ultima partita di Champions League senza marchio sulle magliette. Si giocava a Istanbul, in Turchia, contro il Galatasaray, e la legge turca impedisce alle società di scommesse sportive di farsi pubblicità: lo sponsor del Real Madrid è la società di scommesse Bwin, quindi niente. Camiseta blanca nel vero senso della parola.