Quello che aveva ragione

La Stampa intervista il professor Becchi, il discusso giurista che era stato criticato per aver proposto la "prorogatio" del governo Monti, ora avallata da Napolitano

Con la “road map” proposta ieri dal presidente Napolitano, è diventata credibile un’ipotesi che era stata criticata e snobbata da quasi tutti i commentatori, nei giorni scorsi: la proroga delle funzioni del governo Monti fino a che non ci siano le condizioni per la formazione di un nuovo governo conseguente al risultato elettorale. Ha detto Napolitano:

«Non può sfuggire agli italiani e all’opinione internazionale che un elemento di concreta certezza nell’attuale situazione del nostro paese è rappresentato dalla operatività del governo tuttora in carica, benché dimissionario e peraltro non sfiduciato dal Parlamento: esso ha annunciato e sta per adottare provvedimenti urgenti per l’economia…»

Quest’ipotesi era stata sostenuta da alcuni del Movimento Cinque Stelle, anche se con un po’ di confusione sul significato di “senza governo”: pur in una prospettiva non chiarissima, Napolitano ha sancito che la “non sfiducia” del governo prevale sulle sue dimissioni, e che quindi può comportarsi da “governo in carica”. Anche nella spiegazione del Post sulla questione, era questo il nodo centrale dei dubbi.

La soluzione di Napolitano sembra quindi dare ragione a quella snobbata ipotesi, che era stata sostenuta con forza da un giurista dalle opinioni spesso fantasiose, Paolo Becchi, che oggi si prende la sua rivincita in un’intervista sulla Stampa, approfittando per prendere qualche distanza dal M5S e polemizzare con i suoi colleghi.

Professor Becchi, chiediamo scusa.
«Perché?».
Anche noi abbiamo scritto che la prorogatio di Monti era insostenibile.
«Prego, ma la critica non è un problema. Lo è se mi trattano da idiota. Se uno salta su e mi dice che non sono un costituzionalista, d’accordo, parliamone. Ma mi davano dell’ubriaco».
Nessuno le ha dato dell’ubriaco.
«Ma come? Mieli in tv mi guardava come fossi ubriaco. Adesso è pieno di tweet che dicono: oh Mieli, chi era l’ubriaco? Lo so come vanno le cose: è che sui giornaloni scrivono costituzionalisti ben pagati. Scrivono sotto dettatura».
Professore, non è così…
«E’ così, è così. Credetemi. È che tutti hanno paura delle riforme. Dicevo: intanto che siamo incartati, che aspettiamo Godot, facciamo qualcosa. Un parlamento c’è, un governo in carica c’è. Certo che se la linea del paese continua a essere la linea Bindi…».
Quindi adesso subito riforme.
«Subito, da martedì. Guarda caso l’ho scritto giusto oggi (ieri, ndr) sul Secolo XIX senza sapere che Napolitano avrebbe avuto la stessa idea. Si cambino legge elettorale e conflitto di interessi, si taglino la province, si riducano parlamentari e costi della politica. Avessero seguito prima il mio consiglio, si tornava a votare a giugno con la nuova legge elettorale. Ora l’obiettivo è far tutto per l’autunno».

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