“Poche riforme vere e coraggiose”

Ferruccio De Bortoli usa toni piuttosto duri per criticare il programma del Movimento 5 Stelle e dice che c'è bisogno di fare in fretta un governo "responsabile"

In un editoriale pubblicato oggi sul Corriere della Sera, il direttore Ferruccio De Bortoli critica – con toni piuttosto forti e irritati per il suo consueto – il programma del Movimento 5 Stelle che, secondo lui, ha alcuni punti condivisibili, ma per il resto «è una straordinaria scorciatoia alla povertà». Secondo De Bortoli c’è bisogno di mettere rapidamente insieme un governo di forze politiche «responsabili», magari guidato da un giovane o da una donna, per fare le poche riforme di cui il paese ha bisogno prima di tornare a votare.

Grande è la confusione sotto il cielo invernale del Paese. E irresistibile la tendenza a trasformare un dramma in farsa. L’ampiezza del fenomeno Grillo non era stata prevista. Anche da noi, ammettiamolo. Ma questo soccorso ai vincitori, che non esclude grandi imprenditori e raffinati intellettuali, e il tentativo disperato del Pd di rivalutarli, all’improvviso, come costole della sinistra, ha qualcosa di patetico, di surreale. Il modello Sicilia (sic), che ha associato il Movimento 5 Stelle all’incerta presidenza Crocetta, ha avuto per ora un solo risultato: l’opposizione al radar americano di Niscemi, gettando alle ortiche accordi internazionali. Inutile parlarne.

Nel programma dei cinquestelle vi sono anche alcuni passaggi condivisibili, per carità, ma nel suo insieme, se letto bene, è una straordinaria scorciatoia alla povertà. Alla decrescita infelice. E il consenso delle urne non attenua la pericolosità di alcune proposte, come la settimana lavorativa di 20 ore (chi paga?). Vanno però compresi e non sottovalutati il malessere e il disagio di un voto di massa, effetto della disoccupazione, della precarietà, della caduta dei redditi, dell’aumentata disuguaglianza sociale, della protervia dei partiti che votano sacrifici immediati (le pensioni e le tasse) e ritardano il contenimento dei propri abnormi costi. Ma in un Paese serio non si può restare appesi per settimane dopo il voto alle labbra di un capo politico (non c’è più nulla di comico) che se ne sta a casa sua o ai proclami millenaristi del suo guru, peraltro non votato da nessuno.

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