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  • Sabato 23 febbraio 2013

Ancora problemi per gli F-35

Da oggi tutti gli aerei devono restare a terra, per guai al motore: è la quarta volta che succede in 2 anni

Il Pentagono ha annunciato oggi che la flotta di F-35 non compirà più voli a causa della rottura di un componente del motore scoperta qualche giorno fa durante un’ispezione di routine su uno dei modelli di base in California. Il Pentagono ha fatto sapere che al momento è troppo presto per determinare quale impatto avrà l’incidente sullo sviluppo dell’aereo, che dovrebbe cominciare ad essere impiegato nel 2018-2019. Attualmente circa 100 F-35 di diversi modelli sono in attività per test ed esperimenti.

Non si tratta di una notizia che ha colto di sorpresa gli addetti ai lavori: questa è la quarta volta in due anni e mezzo che la flotta di F-35 è costretta a restare a terra. I problemi precedenti riguardavano il motore, in particolare una pompa di carburante. Sempre nel motore è anche il nuovo problema: i tecnici hanno scoperto una crepa su una delle pale della turbina. In caso di distacco, la pala finirebbe direttamente nel motore, causando un guasto e la distruzione quasi certa dell’aereo. Al momento la pala si trova nei laboratori del produttore, Pratt and Whitney, per essere analizzata.

Quello degli F-35 è uno dei più costosi e complicati progetti mai intrapresi dal Pentagono. Inizialmente gli F-35 dovevano essere un sostituto del più grosso e costoso F-22, ma col passare del tempo i costi del progetto sono aumentati, così come i problemi e i difetti di fabbricazione. L’F-35 dovrebbe essere un aereo invisibile ai radar, molto maneggevole e in grado di decollare in verticale come un elicottero (alcuni modelli non hanno questa opzione, ma sono in grado di decollare e atterrare in spazi molto brevi). I continui ritardi e problemi che incontra il progetto hanno a che fare sia con le elevate specifiche che sono richieste all’aereo, sia con la natura stessa delle commesse militari – a questo proposito è utile rileggersi l’assurda storia delle uniformi dell’esercito americano.

Il progetto prevede che nel corso dei prossimi 30 anni vengano acquistati 2.400 F-35, sostituendo praticamente qualunque altro jet da combattimento di esercito, marina e aviazione. Il costo totale è stimato in circa mille miliardi di dollari. Oltre ad essere un progetto enorme, quello degli F-35 è anche uno dei più criticati, non solo negli Stati Uniti, ma anche presso gli altri paesi che partecipano allo sviluppo dell’aereo e che hanno in programma di acquistarne dei modelli: Regno Unito, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. Alcuni paesi – in seguito ai molteplici ritardi e aumenti di costo – sono usciti dal progetto: la Norvegia ad esempio ha rinunciato all’acquisto di F-35, preferendo acquistare il Gripen svedese.

Tra le critiche ci sono quelle tecniche, che sottolineano l’inutilità di spendere così tanti soldi per un jet destinato ad essere estremamente efficiente nel combattimento con altri jet e nell’infiltrarsi in uno spazio aereo protetto dalle ultime tecnologie. Una situazione, al momento, molto rara visti i conflitti dove sono attualmente impegnati gli Stati Uniti. Come ha commentato un giornalista su The Atlantic: «Si tratta del miglior jet del mondo per combattere i Transformers o dare una mano ad Iron Man, ma è il peggiore per i moderni campi di battaglia non generati al computer: l’aviazione americana non sta affrontando proprio molti combattimenti contro i jet da caccia talebani».

In Italia l’acquisto degli F-35 è criticato oramai da qualche anno e l’argomento è entrato anche nella campagna elettorale. In particolare si è discusso molto dei costi del programma (su cui si possono trovare diverse informazioni qui), del numero di anni sui quali andrebbero distribuiti, di quali sono i benefici per l’industria italiana e di quali potrebbero essere le penali se l’Italia abbandonasse il progetto. Diversi leader, tra cui Nichi Vendola, hanno proposto di rinunciare all’acquisto, o di limitarlo, come ha promesso di fare Pierlugi Bersani.