Il cinema in Cina

Quali film stranieri arrivano, cosa viene trasmesso, come funziona la censura: si può girare un film in un anno ma aspettare sei mesi l'approvazione del regime

Il film più visto nei cinema cinesi, nel 2012, è stata una commedia dal titolo “Persi in Thailandia”: un film a basso budget ma che, secondo un sito gestito da Radio Cina Internazionale e dall’Ufficio Cinema governativo, ha incassato lo scorso anno 989 milioni di yuan, vale a dire circa 118 milioni di euro. Il suo successo è tanto più notevole perché il film è uscito il 12 dicembre.

A giudicare dalle locandine e dalla trama – il manager di un’azienda cinese va a cercare il suo capo in vacanza in Thailandia per ottenere la sua firma su un accordo e battere così il suo rivale – non sembra troppo diverso da quello delle “commedie in trasferta” che sono ai primi posti anche in Italia, anche se ci sono parecchie note edificanti e un gran finale positivo e ottimista. C’è anche una particina per una delle attrici cinesi considerate tra le più belle del paese – si chiama Fan Bingbing – e tanto di commenti sdegnati di intellettuali cinesi, tra cui un professore universitario che lo etichetta “volgare” aggiungendo l’opinione, secondo quanto ha riportato BBC, che “i film dovrebbero cercare di migliorare la cultura e il gusto della gente comune, piuttosto che concentrarsi sugli incassi”. Ad ogni modo, ci si può fare un’idea migliore guardando il trailer.

Lo scorso anno è stato anche il primo in cui in Cina i film stranieri hanno guadagnato complessivamente più di quelli prodotti nel paese: questi ultimi sono stati tre quarti dei 303 film proiettati in tutto il paese nel 2012 – per avere un paragone, i film prodotti in Italia nel 2011 sono stati 155 – ma hanno pesato sugli incassi per il 47,6 per cento del totale, circa 16 miliardi di yuan (2 miliardi di euro). In Cina, il numero massimo di film stranieri importabili annualmente è strettamente limitato dal governo: nel 2012, dopo anni di pressioni da parte di Hollywood, quelli che possono arrivare dagli Stati Uniti sono passati da 20 a 34.

I film stranieri, però, sono parecchio apprezzati e occupano sette dei primi dieci posti nella classifica per incassi del 2012. Secondo il sito semiufficiale ChineseFilms.cn la versione 3D di “Titanic” di James Cameron è stata il film straniero più visto dello scorso anno, con un incasso di 935 milioni di yuan (112 milioni di euro).

Ma restiamo ai film cinesi che vengono fatti in Cina. L’industria cinematografica cinese ha alcune caratteristiche molto peculiari: si lavora tanto, si lavora in fretta e su tutto aleggia la censura, anche se molto più flessibile di quello che ci si potrebbe immaginare: nel già citato “Persi in Thailandia” ci sono anche transessuali e una certa dose di (edulcorata) violenza.

China speed
Se in Cina c’è qualcosa che somiglia a Hollywood, questi sono gli “Hengdian World Studios“, i set cinematografici più grandi del mondo, che si trovano circa 300 km a sudovest di Shanghai. È un’enorme area che copre quasi 10 milioni di metri quadrati (come tutta l’area di Milano compresa nella cerchia dei bastioni, per avere un’idea), con 13 diversi set, tra cui una riproduzione in scala 1:1 del palazzo imperiale di piazza Tienanmen, un controverso progetto costato circa 3 miliardi di dollari (avete visto “Hero” di Zhang Yimou? lo hanno girato lì). Nell’area c’è anche un grande parco tematico che attira circa 7 milioni di turisti l’anno.

Sui set di Hengdian sono state girati negli ultimi anni oltre 800 film, soprattutto cinesi ma anche stranieri; l’espansione ha triplicato gli abitanti della vicina città di Hengdian, molti dei quali arrivano dalle campagne circostanti nella speranza di diventare attori e iniziano facendo a lungo le comparse nelle grandi produzioni cinesi, per una paga di pochi euro al giorno.

In un articolo pubblicato mercoledì 20 febbraio su CNN, il procedimento per la produzione dei film in Cina è descritto come “un affare veloce e sporco”, che è chiamato da chi lo apprezza “China speed”, paragonato ai ben più lenti standard di Hollywood. Lì, spiegano i registi cinesi di successo, il tempo per arrivare in fondo a un progetto cinematografico dura circa quattro anni, mentre la “China speed” si basa su velocità nei finanziamenti e ancora maggiore rapidità di allestimento del set.

Tra chi ha lavorato in collaborazione con gli Hengdian Studios ci sono storie di drammatica impreparazione e precarie condizioni di sicurezza negli allestimenti degli addetti locali, che non si fanno scrupolo a tirare cavi elettrici sospesi sopra ampi specchi d’acqua. La Cina sta cambiando e crescendo a velocità incredibile; così anche il mercato cinematografico cinese, che batte qualche nuovo record ogni anno. Spesso questo si traduce nel fatto che i progetti cinematografici – posto che abbiano la benedizione delle autorità – non vadano troppo per il sottile.

La censura
Certo, a rallentare i tempi c’è il problema della censura: la sceneggiatura deve avere una prima approvazione, un processo che può prendere fino a un anno. Una volta che il film è finito, postproduzione compresa, i funzionari governativi si prendono sei mesi di tempo per valutare il film e garantire o meno l’approvazione finale. Le linee guida ufficiali approvate nel 2001 elencano una lunga e vaga serie di criteri che proibiscono l’uscita di un film, che vanno da “sovvertire l’ordine sociale” a “mettere in pericolo la moralità sociale” e a “promuovere i culti e la superstizione”.

Tutti sono d’accordo nel dire che i criteri reali con cui viene dato il via libera sono imperscrutabili e in definitiva imprevedibili: in teoria quasi tutti i film sono potenzialmente censurabili, mentre nella pratica ne vengono autorizzati parecchi che, criteri alla mano, sembrano poco in linea con il pensiero ufficiale.

Naturalmente, a fianco della cinematografia che lavora per il mercato di massa, ci sono registi indipendenti e persino festival – come il festival di Songzhuang, nei dintorni di Pechino – che hanno una vita decisamente più difficile. Un esempio dei film che vengono proiettati a Songzhuang è il documentario “Petizione”, di Zhao Liang, che racconta le storie vere di cittadini comuni che si trasferiscono a Pechino e passano anni a cercare di ottenere giustizia contro funzionari corrotti, ricevendo in cambio indifferenza quando non repressione.

La scena indipendente cinese è molto ristretta e, per questo motivo, il governo la tollera. Ogni tanto, però, qualche autore si spinge troppo in là e riceve una sanzione ufficiale: questo è successo per esempio al regista Lou Ye, che nel 2006 ha ricevuto il divieto a lavorare a nuovi film per cinque anni dopo che un suo film, Il Palazzo d’Estate, si era occupato direttamente del massacro del 1989 in piazza Tienanmen. Nonostante il divieto, Lou Ye è stato però in grado di continuare a lavorare.

Poi c’è un’ampia zona grigia, attraverso cui passano alcuni film che non sono né apertamente contro il regime comunista nel messaggio né apolitici e destinati all’intrattenimento di massa. L’esempio forse più famoso è il (bellissimo) film Still Life (“Natura morta”) di Jia Zhangke, che ha vinto il Leone d’Oro al festival di Venezia nel 2006. Jia è riuscito a far autorizzare dalla censura il suo film, che è uscito anche in Cina, anche se parla della distruzione di un antico villaggio a causa della costruzione dell’enorme progetto della Diga delle Tre Gole.

Jia ha un rapporto controverso e non facile da definire con il governo cinese: ha potuto utilizzare un altro dei set più grandi della Cina, quelli di Shanghai, anche questo gestito dallo Stato, e la distribuzione del film ha seguito i canali ufficiali, ma non ha ricevuto finanziamenti governativi. L’approvazione ufficiale ha naturalmente un prezzo, dato che fino al 2003 i suoi film circolavano solo nel circuito alternativo e in copie autoprodotte o pirata. Quell’anno Jia ha acconsentito insieme ad altri registi a sottoporsi al processo di revisione delle sue sceneggiature da parte della censura.

Nei periodi ricorrenti in cui c’è una stretta della repressione, iniziative come i festival indipendenti di cinema sono le prime ad essere chiuse, rimandate, annullate per ordine ufficiale; e negli ultimi mesi la Cina è passata attraverso uno di quei periodi, in occasione del congresso del Partito Comunista Cinese che ha ufficializzato un cambio al vertice nel partito e nel governo. Per chiudere con il governo cinese: esiste naturalmente anche una filmografia di propaganda, che produce kolossal per trasmettere messaggi edificanti. Questo è il trailer della Fondazione di un partito, il film commissionato dal Partito Comunista per il suo 90esimo anniversario, nel 2011.