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  • Mercoledì 23 gennaio 2013

Cameron ha promesso un referendum sull’UE

Se sarà rieletto il Regno Unito voterà entro il 2017, dentro o fuori, ha annunciato oggi in un lungo e complesso discorso sul futuro del suo paese

Questa mattina il primo ministro britannico David Cameron ha tenuto un atteso discorso sul futuro del Regno Unito all’interno dell’Unione Europea. Cameron, parlando alla sede di Londra dell’agenzia di stampa Bloomberg, ha annunciato ufficialmente che se vincerà le prossime elezioni politiche britanniche (in programma nel maggio 2015) proporrà un referendum per la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea entro la fine del 2017.

L’annuncio del referendum era già stato anticipato dalla stampa nei giorni scorsi, anche perché un discorso sull’Europa da parte del premier britannico era atteso da mesi: prima dell’ultimo rinvio, a causa della crisi degli ostaggi in Algeria, era previsto per venerdì 18 gennaio ad Amsterdam. All’ultimo congresso del partito conservatore, a ottobre scorso a Birmingham, Cameron aveva deciso di mettere da parte il tema dell’Europa, ma in vista delle prossime elezioni del 2015 era stato stabilito che un referendum sull’Unione Europea sarebbe stato il modo “più pulito, più chiaro, più semplice e attento” per definire la questione. Alcuni mesi prima, a giugno, Cameron aveva escluso la possibilità di una consultazione popolare nel prossimo futuro, scatenando una reazione molto dura da parte dei parlamentari più euroscettici del suo stesso partito.

L’appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea è uno dei punti più problematici della politica estera dei conservatori britannici almeno dai tempi di Margaret Thatcher. Negli ultimi tempi, i trattati europei come il fiscal compact di un anno fa – da cui il Regno Unito si è tenuto fuori – hanno fatto crescere le proteste del fronte degli euroscettici, che nelle loro posizioni più estreme vorrebbero un referendum il più presto possibile (e l’uscita del Regno Unito dall’UE).

Gli ultimi sondaggi di YouGov hanno mostrato una forte crescita del consenso per la permanenza del Regno Unito nell’UE, nel corso degli ultimi mesi: per la prima volta dall’inizio del governo Cameron (nel 2010), i favorevoli hanno superato i contrari con il 40 per cento contro il 34. Il tema è comunque molto dibattuto e i sondaggi mostrano appunto forti cambiamenti nell’arco di poche settimane.

(Mica male Cameron, di Francesco Costa)

Nel suo discorso di oggi (qui il testo completo), Cameron ha iniziato con una premessa storica – le sue prime parole sono state «Questa mattina voglio parlare del futuro dell’Europa. Ma prima lasciatemi ricordare il passato» – ricollegandosi alla fine della Seconda guerra mondiale e dicendo che l’Europa è stata in grado, tramite la collaborazione internazionale, di assicurare la pace nel continente. Oggi, però, i tempi sono cambiati.

Il primo obiettivo dell’Unione Europea – assicurare la pace – è stato raggiunto e noi dovremmo renderne merito a tutti coloro che nell’UE, insieme alla NATO, lo hanno reso possibile. Ma oggi, il principale e prevalente obiettivo dell’Unione Europea è differente: non ottenere la pace, ma assicurare la prosperità.

Le sfide non vengono dall’interno di questo continente ma dal di fuori. Dalle economie emergenti dell’Oriente e del sud del mondo. Naturalmente un’economia mondiale che cresce dà a tutti dei benefici, ma non dovremmo mettere in dubbio che oggi sta avvenendo una nuova sfida globale tra le nazioni. Una sfida per la ricchezza e il lavoro del futuro.

Per questo, oggi vi voglio parlare con urgenza e franchezza dell’Unione Europea e di come essa debba cambiare, sia per dare a tutti prosperità che per mantenere il sostegno dei suoi popoli.

Cameron è quindi passato ad esporre il ruolo del Regno Unito nell’UE, dicendo che il suo paese «è visto a volte come un membro polemico e piuttosto energico nella famiglia delle nazioni europee», aggiungendo che «è vero che la nostra geografia ha dato forma anche al nostro modo di pensare» e che «non possiamo cambiare questa sensibilità britannica, più di quanto non possiamo prosciugare il Canale della Manica».

A causa di questo modo di sentire, ci poniamo nei confronti dell’Unione Europea con un atteggiamento mentale che è più pratico che emotivo. Per noi, l’Unione Europea è un mezzo per raggiungere un fine – prosperità, stabilità, l’ancora di libertà e democrazia sia dentro l’Europa che oltre i suoi confini – più che un fine in se stessa. Chiediamo con insistenza: come? Perché? Con quale obiettivo?

Ma questo, ha continuato Cameron, non rende il Regno Unito antieuropeo: «il Regno Unito è caratterizzato non solo dalla sua indipendenza, ma soprattutto dalla sua apertura». Nell’ultimo periodo, però, la crisi e i cambiamenti che ha portato con sé, la sfida delle economie emergenti e «la distanza tra l’UE e i suoi cittadini» hanno posto diversi problemi. E quindi, ha detto Cameron, è venuto il momento di farsi domande «difficili» e «fondamentali», domande a cui lo stesso Cameron ha una risposta:

Se non ci occupiamo di questi problemi, il pericolo è che l’Europa fallisca e che il popolo britannico scivoli verso l’uscita. Non voglio che questo accada. Voglio che l’Unione Europea sia un successo e voglio un rapporto tra il Regno Unito e l’UE che ci tenga all’interno di questa.

Cameron ha richiamato quindi le risposte problematiche che l’UE ha dato alla crisi e la crescita della «frustrazione» dei popoli che la compongono: «Cominciamo a vederlo nelle manifestazioni per le strade di Atene, Madrid e Roma. Lo vediamo nei parlamenti di Berlino, Helsinki e l’Aja. E naturalmente, vediamo in modo drammatico questa frustrazione verso l’UE nel Regno Unito».

Cameron ha poi esposto una visione in cinque punti del futuro dell’UE e del ruolo che questa deve avere nel mondo, prima di passare a discutere della situazione nel suo paese, dove il consenso verso l’Europa è «sottilissimo» (wafer thin) a causa della serie di trattati che hanno provato a cambiare i rapporti di forza tra l’Unione e gli stati membri senza consultare i cittadini.

Secondo il premier britannico, un referendum chiaro sulla partecipazione del Regno Unito all’Unione Europea è un modo per evitare che i problemi peggiorino e che cresca la lontananza tra i britannici e l’UE: se si aspetterà troppo tempo e si continuerà ad evitare il referendum, ha detto, la probabilità di un abbandono del Regno Unito diventerà solamente più alta. E per questo motivo Cameron si è detto favorevole a farlo nel prossimo futuro.

La proposta di Cameron è quindi: aspettiamo la fine della crisi e cerchiamo di capire come sarà l’Unione Europea del futuro, contribuendo a crearla “dall’interno”. Poi, alla fine di questi cambiamenti decisivi, poniamo chiaramente la domanda ai cittadini sulla partecipazione del Regno Unito alla nuova UE che emergerà da questi anni difficili. Il suo governo, ha detto, ha finora contribuito a creare quella UE del futuro, secondo la visione politica sua e del suo partito:

Abbiamo ottenuto la fine dell’obbligo del Regno Unito di finanziare il salvataggio dei membri dell’Eurozona. Abbiamo tenuto fuori il Regno Unito dal fiscal compact, iniziato un processo per far tornare agli stati membri alcuni poteri nella giustizia e negli affari interni, assicurato protezioni sull’unione bancaria e riformato le politiche sulla pesca.

L’obiettivo del prossimo futuro è una rinegoziazione di alcuni trattati, valida per tutti gli stati membri, se lo vorranno: e altrimenti, il prossimo governo britannico conservatore (dopo le elezioni del 2015) si è già dato l’obiettivo di fare dei cambiamenti nei rapporti tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Dopo di che, si farà il referendum «per rimanere nell’UE in questi nuovi termini, oppure per uscirne del tutto. Sarà un referendum dentro o fuori» (in-out referendum). Cameron è stato molto chiaro nel porre la questione dell’appartenenza all’UE nei termini dell’interesse nazionale e ha spiegato le differenze tra il Regno Unito e due paesi europei non membri dell’Unione, Norvegia e Svizzera. Ad ogni modo il dibattito sull’UE è solo avviato, e Cameron ha concluso così:

Credo con coraggio e convinzione che possiamo ottenere un nuovo accordo all’interno del quale il Regno Unito possa essere a suo agio e tutti i paesi possano prosperare. E quando verrà il referendum, dico che se possiamo negoziare un simile accordo, farò campagna per quello con tutto me stesso. Perché credo fermamente in una cosa: che l’interesse nazionale britannico sia servito meglio in un’Europa flessibile, adattabile e aperta, e che un’Unione simile sia migliore con il Regno Unito al suo interno.

Nelle prossime settimane, mesi, anni, non mi fermerò finché questo dibattito non sarà vinto. Per il futuro del mio paese. Per il successo dell’Unione Europea. E per la prosperità dei nostri popoli nelle generazioni future.

Foto: AP Photo/Matt Dunham