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  • Mercoledì 9 gennaio 2013

UE, ICI, IMU e parlare di niente

Davvero l'Europa ha "bocciato" l'imposta sugli immobili? La risposta è no

Oggi tutti i principali quotidiani italiani riportano in prima pagina la notizia che l’Unione Europea avrebbe fatto alcuni rilievi critici sulla nuova imposta sugli immobili reintrodotta dal 2012, la famosa IMU. Repubblica, per esempio, gli dedica il sommario del titolo principale, “UE: la tassa sia più equa”, mentre La Stampa titola “L’Europa: l’Imu diventi più equa”. Il Giornale è più duro: “L’Europa: Monti vi ha rovinato”. A fianco dei titoli si trovano in diversi giornali editoriali che commentano la notizia e parlano dell’ormai celebre imposta sugli immobili.

Vale la pena di andare a verificare quanto quei titoli e quei giudizi siano veramente giustificati. Davvero qualche autorità dell’Unione Europea ha dubbi sull’imposta e vuole che sia più equa, o addirittura “boccia”, come dice tra gli altri il Messaggero, la nuova imposta sulla casa? La risposta è no, ma per capirlo bisogna capire in quale contesto sono state fatte alcune osservazioni sull’IMU e sull’ICI, e soprattutto chi le ha fatte e con quale fine.

Il giudizio di cui si discute è contenuto in un rapporto pubblicato ieri. Si intitola “Occupazione e sviluppi sociali in Europa 2012”, è disponibile solo in inglese ed è curato da uno degli oltre trenta dipartimenti della Commissione Europea, quello per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione.

Il rapporto è lungo oltre 450 pagine, con centinaia di grafici, dati, tabelle e schede di approfondimento. Nelle primissime righe del documento si chiarisce che non si tratta di suggerimenti ai governi né di posizioni ufficiali della Commissione Europea, ma di un “documento di lavoro dello staff della Commissione che ha l’obiettivo di informare il pubblico in generale”.

Più in particolare, l’obiettivo dichiarato è “analizzare sia i rischi dell’ingresso in povertà sia le possibilità di uscirne, con le notevoli differenze tra gli Stati membri”, nel contesto della crisi economica che ha colpito i paesi dell’UE nello scorso anno. Uno dei molti elementi per farlo è la valutazione dei sistemi di tassazione nuovi e meno nuovi che sono in uso nei diversi paesi e il loro impatto sociale.

Il giudizio incriminato compare più o meno a metà del capitolo – il quarto – che si occupa appunto della “Tassazione nel contesto della strategia Europa 2020 su occupazione e povertà”. Scendiamo ancora di un gradino: il giudizio fa parte della sezione “Gli effetti sociali della tassazione sulla proprietà”, che si apre confrontando le tasse sulla proprietà e sulle case nei diversi paesi dell’Unione Europea e dell’OCSE. Le modalità di tassazione sono diversissime e “pesano” in modo diverso sul bilancio statale, come viene mostrato con parecchi grafici.

A fianco delle considerazioni generali, si parla in modo specifico dell’Italia in una scheda di approfondimento a pagina 265, che si intitola “Dai valori catastali a quelli di mercato – il caso italiano”. Come si vede, si tratta di un aspetto piuttosto tecnico. La scheda spiega che l’imposta sulla prima casa di proprietà, presente fino al 2008 (l’ICI), è stata reintrodotta “con una riforma del 2012” (l’IMU). L’attenzione della scheda – in linea con quella di tutto il documento – è sulla capacità di incidere sulla disuguaglianza nella ricchezza, e il giudizio sull’IMU è molto tecnico e sottile:

La riforma include alcuni aspetti di equità (200€ di deduzione sulla prima casa, altre deduzioni per i figli a carico, una netta differenza tra la tassazione sulla prima casa e quella sulle altre residenze). Ad ogni modo, altri aspetti (l’aggiornamento dei valori catastali, le deduzioni non collegate all’effettivo imponibile dei contribuenti, la definizione di prima casa) possono essere ulteriormente migliorati in modo da aumentare la sua progressività.

Quindi fin qui la Commissione Europea non sembra voler criticare né “bocciare” l’IMU, anche perché non è quello lo scopo del rapporto. Poi ci sono due grafici (numero 27 e numero 28 a pagina 266) che riportano i risultati di uno studio del 2012 sull’effetto delle tasse sulla proprietà in Estonia, Italia e Regno Unito. Questi grafici, è fondamentale ricordarlo, si basano per l’Italia su dati del 2006 che si riferiscono al 2005. Dai due grafici viene fuori che le tasse sulla proprietà del 2005 in Italia (l’ICI, sostanzialmente) non hanno effetto sulla disuguaglianza dei redditi, mentre ne hanno uno molto lieve (dello 0,1 per cento) sul tasso di povertà. Questi risultati sono ripresi da questa ricerca del luglio 2012 di Virginia Maestri, dell’Università di Amsterdam.

Il grafico è commentato in fondo a pagina 267 e si dice esattamente quello che abbiamo appena riportato: “Property taxes have no impact on inequality in Estonia and Italy, and are seen to slightly increase poverty in Italy.” Ovvero: “Le tasse sulla proprietà non hanno un impatto sulla disuguaglianza in Estonia e in Italia, mentre si valuta che aumentino leggermente la povertà in Italia”. Si passa poi a discutere, in generale, la natura delle tasse sulla proprietà e alcune proposte di riforma (senza specifica attenzione all’Italia).

Riassumendo: la frase su cui si discute è annegata in un lungo rapporto sulle disuguaglianze economiche, la povertà e l’occupazione nell’Unione Europea, che si occupa di una grandissima varietà di temi e decisioni politiche (tra cui la tassazione). Il caso italiano è presentato in toni neutri e basandosi su studi che riguardano i dati del 2005: sull’IMU si fanno alcune osservazioni e si dice che sarebbero possibili interventi per renderla ancora più equa, ma questi sono inseriti in un contesto ben più ampio in cui, a volerle trovare, ci sono “critiche” a tutti i paesi europei.

Molto più spazio è riservato per esempio alla tassa sulla proprietà nel Regno Unito, che è vista come più problematica dal punto di vista dell’uguaglianza. Già ieri sera, il responsabile della Commissione europea per gli affari sociali, László Andor, ha ribadito questi aspetti che emergono con grande chiarezza dalla semplice lettura del rapporto.

Il Commissario europeo Laszlo Andor alla presentazione del rapporto, ieri a Bruxelles.
(AP Photo/Yves Logghe)