Google condannata in Australia come “editore”

Dovrà pagare un risarcimento di 200mila dollari per un'accusa di diffamazione in cui è stata riconosciuta la responsabilità del motore di ricerca

The Google search page appears on a computer screen in Washington on August 30, 2010. AFP PHOTO/Nicholas KAMM (Photo credit should read NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)

The Google search page appears on a computer screen in Washington on August 30, 2010. AFP PHOTO/Nicholas KAMM (Photo credit should read NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)

Google è stata condannata a pagare 200mila dollari per un caso di diffamazione online: la sentenza è stata emessa dalla Corte suprema di Melbourne che, nel confermare il reato di diffamazione, ha riconosciuto Google come un editore, in riferimento ai risultati mostrati dal suo motore di ricerca. A denunciare Google per diffamazione era stato Milorad Trkulja, un impresario musicale conosciuto anche come Michael Trkulja, per alcune immagini pubblicate sul motore di ricerca e per un articolo che lo descriveva come appartenente alla criminalità locale.

Per quanto riguarda le immagini c’è stato uno scambio di persona: queste riguardavano alcuni criminali di Melbourne, ma sotto la loro figura c’era scritto “Michael Trkulja”. In un’altra pagina della ricerca c’era invece un articolo che ricostruiva un attentato proprio nei confronti di Trkulja, descrivendolo com un regolamento di conti nei suoi confronti, facendo intendere un suo legame con gli affari della criminalità organizzata locale.

Trkulja ha denunciato per diffamazione la società Google Inc. per quanto riguarda le immagini e lo scambio di persona e Google Australia Pty Ltd per l’articolo che conteneva allusioni e insinuazioni. Trkulja non è mai stato coinvolto in nessun caso di criminalità, anche se è stato colpito alla schiena da un proiettile nel 2004, durante una sparatoria tra malavitosi in un ristorante di Melbourne. Inoltre, Trkulja ha già ottenuto a marzo un risarcimento da parte di Yahoo di 225mila dollari, sempre per lo stesso materiale.

Nel 2009 gli avvocati di Trkulja avevano chiesto a Google di rimuovere le immagini e l’articolo in questione: la risposta di Google fu di contattare direttamente i siti che avevano pubblicato il materiale: questa è sempre stata la politica della società per casi come questo. Ma la Corte Suprema di Melbourne ha considerato Google stessa come editore delle immagini e delle informazioni che descrivevano Trkulja come criminale e quindi diffamandolo alla prova dei fatti.

Fino a oggi, infatti, Google è sempre stata assolta per i casi di diffamazione e anche in questo procedimento la sua difesa è stata la stessa: il materiale che appare dalle ricerche è dato da risultati automatici, che si basano sugli algoritmi del motore. Secondo Google non può rispondere come editore dei materiali. Dopo questa sentenza però c’è una novità a livello giuridico, che riguarda in generale tutti i motori di ricerca, che probabilmente dovranno rivedere le loro linee di comportamento quando sarà presentata una richiesta di rimozione, dato che possono essere considerati i responsabili editoriali del materiale che risulta dalle ricerche. E fare dei controlli maggiori quando riceveranno segnalazioni simili.

Foto: NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images