Laura Puppato e la scienza

Ha detto di essere contraria agli OGM e di vedere positivamente l'omeopatia, al questionario della rivista Le Scienze

Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, ha risposto sul suo blog alle sei domande sulla scienza pubblicate la settimana scorsa da un gruppo di giornalisti scientifici, divulgatori e blogger sul sito della rivista Le Scienze. L’iniziativa è nata in seguito al dibattito televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, dopo aver notato che durante il confronto non erano stati affrontati direttamente temi legati alla scienza e alla ricerca. Puppato ha risposto dicendo, tra le altre cose, di essere contraria agli OGM e di vedere con favore le terapie omeopatiche. Anche Nichi Vendola ha inviato le proprie risposte a Le Scienze: saranno pubblicate nei prossimi giorni sul sito della rivista. Mancano ancora le risposte di Bruno Tabacci, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi.

1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?

Il tema della ricerca in un Paese quale l’Italia, che non è in condizione di competere se non innovando continuamente e lavorando per la qualità non per la quantità, è il cuore del problema.

Ci siamo avvicinati solo nel 2011 ad investire 1 punto e mezzo di Pil su questo, quando l’obiettivo Eu è almeno il 3% e i Paesi che hanno affrontato se non superato meglio la crisi, dimostrano come sia correlato il tasso di investimento in materia e la loro capacità di reagire alla crisi. Ben oltre il 4% la Germania, ancora oltre Olanda e i Paesi Scandinavi. Uno studio dell’Europa per l’innovazione quantifica in 3.700.000 i posti di lavoro disponibili in zona Eu raggiungendo il 3% di Pil destinato alla ricerca, sono non meno di 450mila posti di lavoro qualificati per l’Italia… Questo intervento attiverebbe risorse private che ne aumenterebbero di molto l’impatto sul mondo del lavoro, se solo lo Stato risulterà capace di fare sinergia con le imprese. La formula è quella di un Paese che non solo ritiene prioritario per il suo futuro investire in ricerca ma libera il mondo della ricerca dalle baronie e dalla precarizzazione, ne fa strumento di forte progresso sociale ed economico e lavora a stretto gomito con le imprese, guardando fuori dai propri confini per individuare priorità e direttrici di ricerca. Creare centri di ricerca, caso per caso, solo pubblici o per ricerca applicata in sinergia con le imprese, sostenere quelli che ci sono e funzionano, rendere esclusivamente meritocratico il metodo di assunzione dei ricercatori, eliminare la precarizzazione e aumentare i redditi dei ricercatori secondo parametri chiari e trasparenti è il mio obiettivo. Ma non basta.

L’innovazione fa coppia con i brevetti e la prototipazione e qui il richiamo necessario a un’Europa più unita e capace di fare politiche di intervento coordinate è forte. Un dato per tutti: in Europa registrare e mantenere un brevetto in 27 diversi Paesi con diversi sistemi etc.. costa 168.000€ in USA costa 4.000€ … Difficile competere se la situazione resta questa. C’è molto da lavorare sul tema, ma sarà entusiasmante vederne gli effetti.

2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?

Il ripetersi di alluvioni e frane dovrebbe averci fatto ormai capire da tempo che non siamo di fronte a eventi eccezionali ma a uno stato di conclamato dissesto idraulico e geologico di una parte consistente del territorio italiano. I cambiamenti climatici sono l’acceleratore al problema, il primo ostacolo da rimuovere è quello rappresentato da una “cultura dell’emergenza” che ci fa intervenire solo a posteriori, con costi in molti casi doppi e tripli solo per risarcire parzialmente danni enormi, senza parlare dei morti e del danno civile e morale che i cittadini subiscono in tragedie di questa portata. Al centro del mio programma politico e della mia idea di lavoro vi è la vera, unica e impellente Grande Opera che serve al nostro Paese: un piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio. Vale 2.5% di PIL e 40 miliardi di euro, secondo stime del Ministero per l’ambiente. A conti fatti si tratta di un investimento che, se inserito in un piano organico di prevenzione, vedrebbe rivolte verso la manutenzione del territorio i costi oggi sostenuti per danni frutto di incuria e negligenza. Inoltre permetterebbe di lavorare Stato e Regioni assieme al fine di recuperare oculatamente i fondi Europei disponibili per progetti coordinati aventi questo obiettivo. Tutto questo significa lavoro che si attiva, maggiore sicurezza delle persone e tutela della qualità urbana e agricola. Le misure di adattamento ai cambiamenti climatici inoltre attiverebbero investimenti pubblici e privati con ricadute su ambiti diversi, tra cui l’urbanistica e l’agricoltura.

Il tema tellurico accompagna larga parte del nostro Paese, che si ritrova soggetto a rischi sismici ai quali non ha corrisposto una politica edilizia adeguata. Il Giappone è messo ben peggio di noi, ma ha da tempo provveduto ad adeguare le sue strutture pubbliche e private. Farlo è necessario e a questo scopo si potranno utilizzare anche – seppure parzialmente – i fondi per le politiche Eu per l’edilizia a risparmio energetico 2014/2020. Un’ottima occasione per cambiare ed evitare di andare col cappello in mano a chiedere aiuti dopo che le tragedie sono avvenute.

Una riflessione parallela va poi condotta sulla dissennata cementificazione che l’Italia ha subito negli ultimi decenni, alimentata anche dal ripetersi di condoni edilizi. L’impermeabilizzazione del territorio influisce pesantemente sull’aumentata velocità e dunque sulla voracità delle acque che devastano e si espandono in forma violenta. Necessita una nuova politica che faccia proprio il cambiamento necessario nel rapporto uomo-natura.

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foto: la Presse