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  • Martedì 23 ottobre 2012

Il dibattito Obama-Romney in 10 punti

Meglio Obama, Romney sulla difensiva, qualche buona battuta di entrambi, "cavalli e baionette": video, foto, racconto e sondaggi

di Francesco Costa – @francescocosta

U.S. President Barack Obama (R) debates with Republican presidential candidate Mitt Romney at the Keith C. and Elaine Johnson Wold Performing Arts Center at Lynn University on October 22, 2012 in Boca Raton, Florida. The focus for the final presidential debate before Election Day on November 6 is foreign policy.

U.S. President Barack Obama (R) debates with Republican presidential candidate Mitt Romney at the Keith C. and Elaine Johnson Wold Performing Arts Center at Lynn University on October 22, 2012 in Boca Raton, Florida. The focus for the final presidential debate before Election Day on November 6 is foreign policy.

Barack Obama e Mitt Romney si sono affrontati ieri sera – questa notte in Italia – nel loro terzo e ultimo dibattito televisivo di questa campagna elettorale, in Florida. Il tema del dibattito era la politica estera, ma più volte entrambi i candidati hanno virato le loro risposte su questioni di politica interna e sull’economia, il tema che di gran lunga interessa di più gli elettori statunitensi in questo momento. Si è parlato soprattutto di Medioriente, si è parlato poco di Cina e Africa, si è parlato niente di Europa. Stando alle opinioni della maggioranza degli analisti e ai primi sondaggi, il dibattito è stato vinto da Obama, che oltre a mostrarsi più a suo agio con la materia ha anche più volte attaccato Romney rinfacciandogli dichiarazioni contraddittorie e scarsa preparazione. Romney ha tenuto bene la prima mezz’ora ma strada facendo si è fatto meno convincente, anche per la difficoltà di differenziarsi in modo efficace dalle posizioni dell’amministrazione Obama.

1. Domanda su Bengasi, risposta su tutt’altro
Il moderatore del confronto, Bob Schieffer, ha deciso di aprire il dibattito chiedendo degli attacchi dell’11 settembre a Bengasi, in Libia, che erano stati il principale tema di politica estera del precedente confronto (e Romney si era fatto male). Stavolta Romney ha dato subito l’impressione di non voler attaccare Obama: ha fatto una valutazione generica della situazione internazionale dedicando appena qualche secondo ai fatti di Bengasi, e in modo innocuo.

2. Un candidato scomodo
La prima risposta di Romney conteneva però una frase che spiega un pezzo della sua strategia – e delle sue difficoltà – in questo dibattito.

Dobbiamo riconoscere quello che ha fatto questo presidente. Mi congratulo con lui per aver messo fuori gioco Osama bin Laden ed essere andato a caccia della leadership di al Qaida. Ma non possiamo pensare di cavarci fuori dai guai a forza di morti. Dobbiamo avere una strategia globale e robusta che possa aiutare il mondo islamico e altre parti del mondo a respingere questo estremismo radicale e violento, che oggi non arretra. Non si nasconde.

Romney parlerà di “pace” altre volte nel corso del confronto, anche nelle sue conclusioni. Questo tentativo di porsi come il candidato “buono”, come se volesse attaccare Obama da sinistra, ha sorpreso parecchi osservatori. La frase ha probabilmente due spiegazioni: la prima, che spiega anche la risposta cauta su Bengasi, è che ieri sera la sua principale priorità era mostrarsi responsabile e affidabile su temi di particolare delicatezza, quindi meglio andarci piano e giocare facile; la seconda è che l’aggressività dell’amministrazione Obama nella lotta al terrorismo internazionale – si pensi ai droni, oltre che a bin Laden – rende complicato per un candidato conservatore differenziarsi da lui in modo sostanziale. A meno di non spostarsi su posizioni moderate e centriste, tutt’altro che da “falco”, proprio come ha fatto Romney.

3. Obama all’attacco
Le posizioni moderate di Romney stavolta non hanno sorpreso Obama, come invece era successo durante il primo dibattito, e già alla seconda risposta il presidente ha rinfacciato a Romney le sue valutazioni contraddittorie sul ritiro dei soldati americani da Iraq e Afghanistan, accusandolo di «dare messaggi confusi al nostro esercito e ai nostri alleati». La battuta migliore è stata questa, sulla Russia:

«Sono lieto che riconosce che al Qaida è una minaccia perché pochi mesi fa dichiarò che la più grave minaccia geopolitica per gli Stati Uniti era la Russia, non al Qaida. Restituisca agli anni Ottanta la loro politica estera: la Guerra fredda è finita vent’anni fa. Quando si parla di politica estera, sembra che lei voglia recuperare le politiche degli anni Ottanta, così come le piacciono le politiche sociali degli anni Cinquanta e quelle economiche degli anni Venti.

Nello stesso passaggio, tra l’altro, Obama ha detto a Romney en passant: «mi rendo conto che lei non ha avuto l’opportunità di fare della politica estera», sfruttando appieno la forza della sua carica e la sua esperienza in materia per mettere in difficoltà il suo avversario. Romney comunque ha risposto efficacemente, sulla Russia, ricordando una frase rivolta da Obama a Medvedev durante un vertice internazionale e captata da un microfono che credeva essere spento.

4. Le questioni economiche
Alla fine si è tornati spesso a parlare di economia, anche partendo da questioni di politica estera. Obama ha più volte ripetuto l’espressione «nation building here at home», facendo riferimento alla necessità per gli Stati Uniti di concentrarsi sul proprio sviluppo e sulla propria salute anche allo scopo di mantenere una posizione di forza e influenza sullo scenario mondiale. Romney non ha esitato a seguirlo su questo terreno e a un certo punto si è arrivati a discutere persino di scuola e insegnanti, col moderatore che ha fatto qualche fatica a riportare il dibattito sulle questioni di politica estera.

(Foto storiche di dibattiti americani)

5. Siria, Cina, Mali, droni
Si sono toccati vari temi di grande attualità, dalla Siria alla situazione in Mali, dai rapporti con la Cina all’utilizzo dei droni. Su praticamente tutte queste questioni Romney è stato messo in difficoltà dal suo scarso margine di manovra: il candidato repubblicano si è trovato più volte a sostenere le politiche dell’amministrazione Obama, dicendo che avrebbe fatto le stesse cose ma le avrebbe fatte prima, o che le avrebbe fatte con più convinzione. Obama non ha mancato di farglielo notare. Sulla Siria, Romney ha ribadito di voler evitare un intervento militare sul campo ma di voler dare sostegno ai ribelli. Sulla Cina, Romney è sembrato addirittura avere posizioni più morbide di quelle di Obama, che invece ha vantato il numero di contenziosi avviati per pratiche commerciali scorrette (citandone uno in particolare non a caso riguardante l’Ohio, fondamentale stato in bilico). Romney si è detto anche totalmente d’accordo con l’utilizzo dei droni, gli aerei senza pilota usati soprattutto in Pakistan e in Yemen, per i quali Obama viene molto criticato da sinistra.

Nella prossima pagina: la miglior battuta della serata, su cavalli e baionette;
le posizioni su Israele e Iran; chi ha vinto il dibattito e quali saranno le conseguenze.

6. Cavalli e baionette
Un tema su cui Romney ha attaccato molto Obama è il sostegno economico alle forze armate. Romney ha detto che l’amministrazione Obama ha esageratamente ridotto le dimensioni delle forze armate, dando un messaggio preoccupante alla comunità internazionale. Romney ha detto che la marina statunitense non era così piccola dal 1917 e che l’aeronautica non è mai stata così piccola fin dalla sua nascita, nel 1947. Obama gli ha ricordato che la sua amministrazione ha aumentato la spesa militare ogni anno – per quanto arriveranno molti risparmi in futuro dalla fine delle guerre in Iraq e in Afghanistan – e che la forza di un esercito moderno non si calcola più a partire dal numero dei suoi mezzi.

«Credo che Romney non abbia passato abbastanza tempo a studiare come funziona l’esercito. Lei ha detto, per esempio, che la Marina ha meno navi di quante ne aveva nel 1916. Beh, se è per questo abbiamo anche meno cavalli e meno baionette. La natura delle nostre forze armate è cambiata. Abbiamo queste cose chiamate “portaerei” sulle quali facciamo atterrare gli aerei. Abbiamo navi che vanno sott’acqua, sottomarini nucleari. Non è una partita di battaglia navale, in cui conta quante navi hai. Contano le nostre capacità»

7. Iran e Israele, stessa storia
Sul programma nucleare iraniano si è osservata la stessa dinamica, con Romney ad accusare Obama di non aver fatto prima e di più, ma senza grande efficacia. Obama ha ricordato gli effetti devastanti che le sanzioni economiche stanno avendo sull’economia iraniana, ha promesso che l’Iran non otterrà la bomba atomica finché lui sarà alla Casa Bianca e ha smentito le voci, riportate in settimana dal New York Times, secondo cui si starebbe preparando una trattativa col governo iraniano da avviare dopo le elezioni. Romney ha detto che restringerebbe ulteriormente le sanzioni e che proseguirebbe nell’isolamento diplomatico di Ahmadinejad. Qualche scaramuccia in più è arrivata su Israele, quando Romney ha accusato Obama di aver messo in piedi un “apology tour”, un “giro di scuse”, dopo il suo insediamento compiacendo i regimi del Medioriente ma tralasciando Israele.

Obama ha risposto rinfacciando a Romney le raccolte fondi organizzate dal suo staff in Israele in occasione del suo viaggio recente, ricordando il suo viaggio in Israele compiuto durante la campagna elettorale del 2008.

8. Le conclusioni
Entrambi i candidati hanno parlato molto di economia anche nei loro appelli finali, che sono stati tra l’altro l’ultima occasione per ciascuno di rivolgersi a così tanti elettori tutti insieme prima del voto. Obama ha dato il suo solito messaggio di ottimismo e speranza, dicendo che il paese è sulla strada giusta e una presidenza Romney rimetterebbe in piedi le stesse politiche che lo hanno messo nei guai. Anche Romney ha detto di essere ottimista – correggendo un po’ il tiro rispetto al tono avuto fino a qualche settimana fa – ma ha insistito sulla necessità per gli Stati Uniti di cambiare corso rispetto a quello degli ultimi quattro anni.

9. E quindi?
Obama ha vinto il dibattito secondo tutti i sondaggi diffusi dopo il voto: lo hanno preferito il 53 per cento degli elettori indecisi secondo CBS e PPP, il 48 per cento secondo CNN. Anche la gran parte degli osservatori e degli analisti concorda nel considerare Obama più convincente e padrone della situazione, mentre Romney in certi passaggi è sembrato addirittura remissivo, sudando e ricordando l’atteggiamento indolente di Obama nel primo dibattito. È vero però che Romney, anche grazie a una certa cautela, è riuscito a evitare errori e a mostrarsi quantomeno competente, citando un gran numero di luoghi, nomi, fatti, anche senza differenziarsi significativamente dalle policy dell’amministrazione Obama.

(9 storici dibattiti americani)

Quanto questo dibattito possa influire sull’andamento generale della campagna è tutto da vedere. Nelle ultime tre settimane Romney ha molto rimontato e oggi, stando ai sondaggi, è in vantaggio nel voto nazionale – che però ai fini elettorali non conta – e in leggero svantaggio nella situazione stato per stato. Degli stati ancora in bilico, sono fondamentali soprattutto Florida e Ohio: a Romney con ogni probabilità serve vincere entrambi per arrivare alla Casa Bianca, a Obama potrebbe bastarne uno solo. Il fatto che i sondaggi non abbiano subito scossoni dopo la schiacciante vittoria di Obama al precedente dibattito, ma solo aggiustamenti, fa pensare che questo confronto sulla politica estera non riuscirà a smuovere l’attuale situazione di stallo.

10. Foto, video, testo
Di seguito alcune foto dal dibattito di stanotte. Qui, invece, il video e la trascrizione integrale.