Cosa succede con l’IMU e la Chiesa

Perché il Consiglio di Stato ha bloccato l'applicazione dell'imposta sugli enti non commerciali, e che cosa dovrebbe fare adesso il governo

Come era stato anticipato nei giorni scorsi, il Consiglio di Stato ha dato il proprio parere negativo al regolamento che il ministero dell’Economia aveva elaborato per estendere l’applicazione dell’IMU agli enti non commerciali, e quindi anche a quelli della Chiesa non utilizzati esclusivamente per attività di culto. Nella sentenza resa nota, il Consiglio spiega che «non è demandato al Ministero di dare generale attuazione alla nuova disciplina dell’esenzione IMU per gli immobili degli enti non commerciali». In pratica il Consiglio dice che il ministero dell’Economia è andato oltre i poteri previsti dalla legge e che quindi il suo regolamento per come è fatto non è applicabile.

L’IMU per la Chiesa
All’inizio dell’anno il governo Monti approvò la cosiddetta legge sulle liberalizzazioni, il cui articolo 91-bis si occupa delle “Norme sull’esenzione dell’imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali”. Semplificando, il decreto dice che i proprietari degli immobili con utilizzo di tipo misto, in parte commerciale e in parte non commerciale, sono tenuti a pagare l’IMU solamente nella parte in cui è svolta attività commerciale. Uno degli obiettivi del provvedimento era quello di ottenere un sistema più chiaro e trasparente per il pagamento dell’imposta, evitando che alcuni immobili fossero completamente esentati perché in una parte di essi viene svolta – per esempio – attività di culto.

Il regolamento
Sulla base di quanto stabilito nel decreto liberalizzazioni, il ministero dell’Economia ha prodotto un proprio regolamento per mettere in pratica le regole. La Sezione consultiva del Consiglio di Stato lo ha esaminato e il 27 settembre scorso ha dato un parere negativo, sollevando dubbi su diversi articoli e passaggi del regolamento.

Che cosa dice la sentenza
Nella sentenza, il Consiglio di Stato spiega che «L’amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall’oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazione normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività». Stando a quanto stabilito dalla legge sulle liberalizzazioni, il regolamento avrebbe dovuto disciplinare tutti i casi in cui non è possibile individuare gli immobili o la porzione di essi destinata in maniera esclusiva ad attività non commerciali. Secondo il Consiglio di Stato, il ministero ha invece realizzato un regolamento in cui mancano indicazioni precise a leggi e criteri per identificare la natura non commerciale di una attività. Da qui la bocciatura.

Che cosa succede ora
Per superare la contestazione del Consiglio, ora il Governo dovrà predisporre una nuova norma per estendere agli enti ecclesiastici e non profit l’applicazione dell’IMU. Il ministero dell’Economia è già al lavoro per elaborare un’alternativa.

Spiega Eugenio Bruno sul Sole 24 Ore:

Sono due le possibili strade per attribuire rango di legge alle disposizioni contenute nel testo “cassato” da Palazzo Spada: prevedere una norma ad hoc che, modificando l’articolo 91-bis, comma 3, del Dl 1/2012, consenta all’Economia di disciplinare l’intera materia (e non solo le «modalità e i termini») con un suo decreto ministeriale; trasportare l’intero regolamento in un testo legislativo e dargli forza di fonte primaria.

La prima strada darebbe all’Esecutivo più libertà d’azione perché basterebbe un atto di via XX Settembre a disciplinare applicazione ed eventuali esenzioni graduate sul tipo di non commerciabilità dell’attività svolta. Atto che sulla carta di fatto già esiste ed è l’articolato respinto (non nel merito) dai giudici amministrativi. Ma che stavolta supererebbe i limiti di «eccesso di regolamentazione» denunciati dal parere del Consiglio di Stato.

Altrimenti il governo potrebbe decidere di trasformare in legge il regolamento, evitando il passaggio intermedio del provvedimento attuativo. In questo modo, spiega sempre Bruno, per stabilire se un dato immobile della Chiesa o del non profit sia soggetto o meno all’IMU si potrebbero usare gli articoli del regolamento bocciati dal Consiglio di Stato.

Ad esempio l’accreditamento o il convenzionamento con lo Stato per le attività assistenziali e sanitarie o i differenti parametri stabiliti per la compatibilità del pagamento di rette con la natura non commerciale dell’attività: dalla gratuità o dal carattere simbolico della retta (attività culturali, ricreative e sportive), all’importo non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività svolte nella stessa zona con modalità commerciali (attività ricettiva e in parte assistenziali e sanitarie), fino alla non copertura integrale del costo effettivo del servizio (attività didattiche).

Tempi
Il governo dovrà cercare di apportare le modifiche necessarie in tempi rapidi, perché c’è il rischio di non arrivare in tempo per il prelievo della prima rata dell’IMU. Una soluzione potrebbe essere quella di aggiungere un emendamento in Parlamento al decreto sugli enti locali in dissesto, presentato giovedì scorso dal Consiglio dei Ministri. Poiché si tratta di un decreto, dovrà essere convertito in legge entro i prossimi 60 giorni e quindi in tempo per il termine del primo gennaio 2013, data in cui si inizierà ad applicare l’IMU. Il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, oggi ha ribadito che saranno trovate “le soluzioni tecniche appropriate” per far pagare a “tutti i soggetti” interessati l’imposta sugli immobili.