L’ordinanza su Franco Fiorito

Le motivazioni con cui è stato richiesto l'arresto del consigliere regionale del Lazio, stamattina

di francesco marinelli

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
20-09-2012 Roma
Interni
Trasmissione tv “Porta a Porta”
Nella foto Franco Fiorito
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
20-09-2012 Rome
Tv program “Porta a Porta”
In the photo Franco Fiorito

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
20-09-2012 Roma
Interni
Trasmissione tv “Porta a Porta”
Nella foto Franco Fiorito

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
20-09-2012 Rome
Tv program “Porta a Porta”
In the photo Franco Fiorito

Franco Fiorito, consigliere regionale del Lazio ed ex capogruppo in regione del Popolo della Libertà, è stato arrestato oggi dal nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza. Il sito della Stampa ha pubblicato il testo integrale dell’ordinanza di custodia cautelare. Fiorito, che si trova nel carcere romano di Regina Coeli, è accusato di peculato per l’appropriazione di denaro del partito, usato per fare spese personali che non c’entravano nulla con le spese dell’attività politica. In queste prime indagini, l’appropriazione stimata è di circa un milione e trecentomila euro.

L’ordinanza è stata emessa da Stefano Aprile, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del procuratore aggiunto Alberto Caperna e del pubblico ministero Alberto Pioletti. Aprile ha respinto la richiesta di arresti domiciliari presentata da Carlo Taormina, l’avvocato di Fiorito. La decisione, è scritto nella sentenza, è stata presa anche perché parte della documentazione utilizzata per le indagini è stata ritrovata nel tritacarte dell’appartamento di Fiorito. Il giudice l’ha definito un «comportamento mistificatorio dell’indagato». Affermando che ci sarebbe il «concreto pericolo che, con l’evolversi delle indagini e disponendo l’indagato di ingenti risorse economiche, possa darsi alla fuga».

Il gruppo del PDL della Regione Lazio, che era composto da 17 consiglieri, ha ricevuto contributi per 8,5 milioni di euro. Gli importi venivano erogati ogni mese, per una cifra di 71.230 euro. Il PDL aveva due conti correnti, uno dei quali serviva per erogare le indennità ai consiglieri. Il giudice spiega che non c’era proprio motivo che Fiorito utilizzasse invece l’altro, con numerosi bonifici, a suo favore, nei propri conti personali e scrivendo come causale “indennità”. Non c’era bisogno che Fiorito girasse le quote per le indennità sui propri conti proprio perché il PDL aveva aperto un conto corrente soltanto per questo tipo di pagamenti.

In base ai comportamenti di Fiorito e alle spese fatte negli ultimi due anni, da quando è stato nominato capogruppo e gestore dei soldi del partito nel Consiglio regionale, il giudice ha scritto di «un’inappagata sete di arricchimento personale». Inoltre, sempre secondo Aprile, Fiorito «ha commesso i fatti in modo preordinato, scientifico e reiterato, circondandosi di correi e persone compiacenti in grado di fungere da bracci operativi». Il comportamento di Fiorito, nel gestire i fondi del partito, è definito «spregiudicato asservimento delle risorse comuni all’interesse privato». Sono stati in questo senso annotati addebiti di 263,87 euro, spesi al supermercato Auchan di Fiumicino, di 1.321 euro spesi da Unieuro Roma, di 1.101 euro spesi da Hermès. E le fatture trovate dalla Guardia di Finanza sono state quindici: tutte relative a spese «prive di alcuna connessione con l’attività politica del gruppo del PDL».

Le operazioni fatte da Fiorito nel gestire i soldi del partito, sono state girate anche su conti correnti personali in alcune banche spagnole. In tutto, i i bonifici fatti sono stati 634: tra questi, 46 sono su conti correnti personali. Ma non tutta la documentazione contabile, per capire il movimento di denaro, è stata trovata. Durante l’interrogatorio del 19 settembre scorso, Fiorito ha detto che, in quanto capogruppo e Presidente della Commissione Bilancio del Consiglio Regionale, aveva diritto a quantità maggiori di denaro, soprattutto per quanto riguarda le indennità. Nella sentenza c’è scritto che si tratta di una «infondatezza giuridica». E non è stata presa per vera la sua difesa, «senza fondamento, né riscontro». Anche perché su questo le dichiarazioni fatte dalle persone informate dei fatti, interrogate, hanno smentito Fiorito.

Secondo la legge, i finanziamenti pubblici erogati ai gruppi consiliari devono servire per “l’espletamento delle loro funzioni secondo i criteri fissati da legge regionale”. E per questo si parla, nel caso di Fiorito, di «delitto di peculato integrato dalla appropriazione di denaro altrui». Per il giudice, solo una parte del denaro pubblico assegnato al PDL è stato utilizzato per gli scopi previsti dalla legge. E nonostante l’interrogatorio, chiesto dallo stesso Fiorito, il «gravissimo quadro probatorio acquisito» non è stato «attenuato». Le sue giustificazioni sono state «del tutto pretestuose», «smentite dalla legge, dalla prassi e dai testimoni».

Foto: Franco Fiorito (Roberto Monaldo / LaPresse)