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  • Lunedì 24 settembre 2012

Il paese che deve importare rifiuti

In Svezia il programma di trattamento e riciclo funziona così bene che gli inceneritori rischiano di diventare anti-economici

Seagulls fly over the snow-covered Gamla Stan dock in Stockholm on February 2, 2012. A cold snap kept Europe in its icy grip, pushing the death toll past 150 as countries from Italy to Ukraine struggled to cope with temperatures that reached record lows in some places. AFP PHOTO/JONATHAN NACKSTRAND (Photo credit should read JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)

Seagulls fly over the snow-covered Gamla Stan dock in Stockholm on February 2, 2012. A cold snap kept Europe in its icy grip, pushing the death toll past 150 as countries from Italy to Ukraine struggled to cope with temperatures that reached record lows in some places. AFP PHOTO/JONATHAN NACKSTRAND (Photo credit should read JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)

Il programma di trattamento e riciclo dei rifiuti in Svezia funziona talmente bene che il paese, per evitare che i suoi inceneritori diventino antieconomici, deve importare rifiuti dagli altri paesi europei. Lo ha spiegato Catarina Ostlund, dirigente dell’Agenzia svedese di protezione ambientale, in un’intervista a Public Radio International.

Secondo i dati pubblicati da Eurostat a marzo 2012, la Svezia nel 2010 ha prodotto 465 kg di rifiuti urbani per ogni cittadino. Tra i rifiuti urbani sono compresi anche quelli domestici, delle piccole imprese, delle istituzioni pubbliche e quelli raccolti dai servizi comunali; non sono invece inclusi i rifiuti agricoli e quelli industriali. Solo l’1 per cento dei rifiuti urbani svedesi finisce nelle discariche, contro il 38 per cento della media europea (e contro il 51 per cento dell’Italia). Il 36 per cento dei rifiuti viene riciclato, ossia recuperato per ottenere altri prodotti, materiali o sostanze (la media UE è del 25 per cento). Il 14 per cento (contro il 15 per cento della media in Europa) viene trasformato in compost, trattato cioè biologicamente e riutilizzato per esempio come fertilizzante.

Il 49 per cento dei rifiuti finisce invece negli inceneritori e viene sottoposto a un trattamento termico: si tratta del dato più alto in Europa, dopo la Danimarca con il 54 per cento, mentre la media europea è del 22. I rifiuti svedesi che finiscono negli inceneritori generano energia sufficiente a soddisfare il 20 per cento del fabbisogno di calore dell’intero paese fornendo riscaldamento a 810mila famiglie. Inoltre viene fornita elettricità a 250mila abitazioni.

Il problema, se così si può chiamare, è che la capacità degli inceneritori del paese è maggiore rispetto la quantità di rifiuti trattati (2 milioni di tonnellate all’anno). Per evitare che l’attività diventi antieconomica la Svezia ha da poco iniziato ad importare rifiuti dal resto d’Europa: 800mila tonnellate l’anno, soprattutto dalla vicina Norvegia dove i prezzi ancora elevati dell’incenerimento rendono il processo più redditizio in un altro paese.

Si tratta, secondo Catarina Ostlund, di una nuova prova del valore di mercato sempre più importante dei rifiuti. «Valorizzare i rifiuti è una saggia scommessa, proprio in un mondo in cui il prezzo dell’energia continua a salire e potremmo trovarci di fronte a una carenza di carburante. Ed è importante anche per la Svezia trovare il modo di ridurre la produzione di rifiuti e aumentare il riciclaggio. Ma nel breve periodo, la valorizzazione dell’energia ricavata dai rifiuti è una buona soluzione».