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  • Lunedì 3 settembre 2012

Rifta Masih è ancora in carcere

La ragazzina cristiana accusata di aver bruciato alcune copie del Corano resterà in prigione almeno fino a venerdì, ma uno dei mullah locali è stato accusato di avere inquinato le prove

Rifta Masih, una ragazzina pakistana arrestata per blasfemia il 20 agosto scorso a Mehrabadi, una cittadina a 20 minuti d’auto da Islamabad, resterà in prigione fino ad almeno venerdì prossimo. La bambina, di famiglia cristiana, era stata arrestata il 20 agosto scorso con l’accusa di blasfemia, un reato che secondo il codice penale pakistano può essere punito anche con la morte. Rifta, che è ancora minorenne, è in prigione con l’accusa di aver  gettato un sacchetto di spazzatura con i resti bruciacchiati di alcune pagine del Corano.

Mohammed Khalid Chishti, uno dei mullah locali, è stato arrestato ieri con l’accusa di aver inquinato le prove a carico della ragazzina. Hafiz Mohammad Zubair, un altro religioso della moschea Mehrabadi, ha raccontato alla polizia di aver visto Chishti mettere due pagine del Corano nel sacchetto di cenere portato dalla ragazzina per rafforzare i sospetti contro di lei. «Gli ho chiesto cosa stesse facendo – ha raccontato Zubair –  e lui mi ha riposto: questa è la prova contro di loro e questo è un modo per mandare via la comunità cristiana da questa zona».

«Dal punto di vista giuridico, il nostro caso è completamente slegato da quello di Rifta – ha dichiarato l’avvocato della ragazzina Tahir Naveed Chaudhry  – l’uomo che ha accusato  Chishti è lo stesso che ha confermato che Rifta ha bruciato alcune pagine del libro del Corano». Dopo l’arresto di Rifta, circa 300 famiglie cristiane sono state costrette ad abbandonare le loro case. I cristiani che abitano la zona sono circa il dieci per cento della popolazione, solitamente sono impiegati nei lavori più umili, come la manutenzione delle fogne. Lo stesso Chishti, intervistato dal Guardian  poco dopo l’arresto della ragazzina, disse: «Non siamo certo tristi perché i cristiani se ne sono andati e saremo felici se non torneranno». In passato si era lamentato in alcune trasmissioni televisive dell’insediamento cristiano, accusato di disturbare i residenti musulmani con rumorose e fastidiose cerimonie religiose.

«E ora abbiamo la prova che l’intera storia era stata creata per mandare via da qui la comunità cristiana – ha dichiarato al Guardian Tahir Naveed Chaudhry dell’associazione pakistana per la tutela dei diritti dei bambini All Pakistan Minority  – Ora Chishti deve essere processato ai sensi della legge sulla blasfemia, così da creare un precedente per chiunque cerchi di approfittarne». La prima donna condannata a morte (e ora in carcere in attesa dell’esito del ricorso contro la sentenza di primo grado) per blasfemia è Asia Bibi. Il suo caso convinse molti pakistani a chiedere di cancellare o rivedere la legislazione nazionale.

Nel 2011 Salman Taseer, l’ex governatore della provincia del Punjab, è stato assassinato dalla sua guardia del corpo dopo aver definito la legge sulla blasfemia “legge nera”, perché si presta alle più diverse strumentalizzazioni, anche perché l’accusatore non ha l’onere di provare quello che dice.

L’arresto di Hafiz Mohammed Khalid Chishti (Farooq Naem/GettyImages)