Lonely Planet risponde alle critiche

La replica della casa editrice agli articoli usciti sulla stampa internazionale riguardo il suo atteggiamento con le dittature

Hong Kong, CHINA: Lonely Planet travel book founders Maureen Wheeler talks during an interview with Agence France Presse (AFP) in Hong Kong, 23 September 2006, while her husband Tony looks on. Maureen and Tony Wheeler have backpacked around the world several times over but for them there is no such thing as a holiday. AFP PHOTO / Laurent FIEVET (Photo credit should read LAURENT FIEVET/AFP/Getty Images)
Hong Kong, CHINA: Lonely Planet travel book founders Maureen Wheeler talks during an interview with Agence France Presse (AFP) in Hong Kong, 23 September 2006, while her husband Tony looks on. Maureen and Tony Wheeler have backpacked around the world several times over but for them there is no such thing as a holiday. AFP PHOTO / Laurent FIEVET (Photo credit should read LAURENT FIEVET/AFP/Getty Images)

Mercoledì 15 agosto il Post ha raccontato delle accuse rivolte ad alcune guide turistiche di fama mondiale, Lonely Planet e Rough Guides, da un articolo di Michael Moynihan su Foreign Policy e da uno di Nick Cohen sullo Spectator. Il tema dei presunti pregiudizi ideologici e della veridicità di alcune guide era già stato sollevato altre volte in passato sulla stampa internazionale. Heather Carswell, capo della comunicazione di Lonely Planet, ci ha inviato una nota di risposta all’articolo di Foreign Policy, che pubblichiamo di seguito.

***

Lonely Planet è un’editrice apolitica di guide turistiche, che fornisce informazioni di viaggio obiettive ai suoi lettori. Il contesto storico, culturale e politico di una destinazione fa parte delle importanti informazioni di contesto che aiutano i viaggiatori a trarre il più possibile da un’esperienza di viaggio, a capire la destinazione che hanno deciso di visitare e ad apprezzare quello che accadrà loro una volta arrivati.

Rifiutiamo con fermezza qualsiasi insinuazione che, da parte nostra, ci siano pregiudizi o affiliazioni politiche, e in particolare che ci sia comprensione nei confronti di regimi repressivi. Nel corso dell’articolo si usano citazioni in modo selettivo e fuori dal loro contesto, e non si rappresenta adeguatamente l’ampio e bilanciato punto di vista di Lonely Planet.

Ad esempio, “Leftist Planet” [= l’articolo di Foreign Policy] dice che Lonely Planet vede in Kim Jong Il «pragmatismo e relativa apertura al cambiamento». Tuttavia, nella guida, l’espressione “relativa apertura” è usata chiaramente per mettere a confronto in particolare le politiche della Corea del Nord nel periodo della pubblicazione con quelle degli anni della precedente carestia, negli anni Novanta. Inoltre, “Leftist Planet” omette il fatto che Lonely Planet dica anche che «La Corea del Nord è uno stato di polizia con un rispetto dei diritti umani tra i peggiori del pianeta. Campi di concentramento, esecuzioni, terrore orchestrato dallo stato e controllo delle masse da parte del vasto apparato di propaganda qui fanno parte della realtà quotidiana di milioni di persone» e che «è difficile esagerare il livello di penetrazione di mezzo secolo di stalinismo – e non è un’esagerazione dire che la Corea del Nord è la nazione più chiusa e meno trasparente della Terra».

Le altre citazioni sono prese fuori dal loro contesto, e molte vengono da vecchie edizioni, non più in stampa o pubblicate prima che nelle destinazioni avvenissero grandi cambiamenti. Le edizioni su Libia e Siria risalgono a prima della Primavera araba dello scorso anno.

Foreign Policy ha scelto di non contattare Lonely Planet per avere commenti o verificare i fatti prima della pubblicazione. Invece di farlo, ha pubblicato un articolo che cita le guide Lonely Planet senza tenere conto del contesto: presenta così in modo errato i nostri contenuti e induce in errore i suoi lettori.

foto: i fondatori di Lonely Planet, Maureen e Tony Wheeler. (LAURENT FIEVET/AFP/Getty Images)