Contro gli open space

Progettati per favorire creatività e buoni rapporti, scrive Time, secondo molti studi producono stress, conformismo e rapporti superficiali

1966: People working in an open-plan office. (Photo by Harry Dempster/Express/Getty Images)
1966: People working in an open-plan office. (Photo by Harry Dempster/Express/Getty Images)

Negli ultimi vent’anni quasi tutti gli uffici sono stati progettati con la struttura degli open space: un’unica stanza in cui lavorano insieme molti impiegati, spesso tutti quelli di un ufficio, tranne gli alti dirigenti. L’idea si sviluppò negli anni Cinquanta, quando i consulenti gestionali della società tedesca Quickborner misero a punto un nuovo tipo di ufficio caratterizzato da un unico ambiente aperto al posto dei piccoli uffici individuali, che vennero rapidamente soprannominati cubiculi. Lo spazio veniva suddiviso da grandi piante e altri espedienti ed era dotato di tappeti e pannelli per assorbire parte dei rumori. Secondo gli ideatori, il nuovo ufficio creava un ambiente meno gerarchico e più amichevole e invitava gli impiegati a condividere le loro idee e aiutarsi tra loro. Gli open space si diffusero rapidamente in Germania e in Regno Unito dalla fine degli anni Sessanta, fino a diventare il modo principale in cui sono organizzati gli uffici contemporanei.

Negli ultimi tempi però numerose ricerche hanno sostenuto che gli open space sono associati ad alti livelli di stress degli impiegati che ci lavorano e a scarse relazioni tra i colleghi. Non sono nemmeno apprezzati dagli impiegati, che si lamentano per il brusio continuo e la mancanza di privacy. Annie Murphy Paul racconta in un articolo su Time che una delle principali lamentele di chi lavora negli open space è il continuo rumore, che impedisce di concentrarsi. Una ricerca pubblicata sul Journal of Applied Psychology dimostra in effetti che il rumore degli open space diminuisce la motivazione dei dipendenti e ne abbassa il rendimento.

Nell’esperimento 40 donne sono state sottoposte per tre ore a un rumore che simulava quello dell’ufficio mentre un altro gruppo di donne ha passato lo stesso periodo di tempo in una stanza tranquilla e silenziosa. A entrambi i gruppi sono stati sottoposti dei rompicapo da risolvere, che in realtà erano senza soluzione. Il gruppo della stanza silenziosa ha cercato a lungo la soluzione mentre quello sottoposto al rumore ha desistito dopo pochi tentativi. Molti impiegati cercano di risolvere il problema indossando gli auricolari e ascoltando musica, tagliandosi fuori quindi dai presunti effetti positivi dell’open space. Al momento non esistono studi sufficienti sugli effetti della musica ascoltata con le cuffie al lavoro ma alcuni esperti sostengono che questo approccio potrebbe funzionare. Secondo alcune ricerche, infatti, il brusio in ufficio è particolarmente stressante perché l’impiegato non lo può controllare; decidere quale musica ascoltare può avere l’effetto opposto e favorire la concentrazione.

Un altro motivo per cui gli open space non sono apprezzati dagli impiegati è la mancanza di privacy. Questo fu deliberatamente cercato da progettisti e manager per favorire lo scambio di idee e i rapporti di amicizia tra i dipendenti. Molte ricerche confermano che le conversazioni tra gli impiegati sono frequenti ma brevi e superficiali, perché possono essere ascoltate da troppe persone. L’unico modo per gli impiegati di instaurare conversazioni più proficue è passeggiando con un collega, andando al bar insieme o discutendo in una stanza vuota.

Gli studi mostrano anche che la struttura dell’open space favorisce gli impiegati che hanno bisogno di aiuto ma danneggia quelli che lo danno. Il mese scorso un gruppo di ricercatori tedeschi e svizzeri ha pubblicato i risultati di uno studio per cui le persone che chiedevano assistenza nello svolgere un compito ottenevano risultati migliori di quelli che la fornivano. Questo perché dover interrompere il proprio lavoro per fornire aiuto è molto faticoso: ogni interruzione richiede poi a chi lavora un nuovo sforzo per concentrarsi e raccogliere le idee. I ricercatori consigliavano quindi agli impiegati di lavorare in un luogo isolato per un certo periodo di tempo al giorno, per non essere disturbati dai colleghi. Inoltre gli open space anziché stimolare la creatività favorirebbero il conformismo: frenano i lavoratori più timidi dal proporre nuove idee, per il timore di non essere accettati o di essere derisi dalla maggioranza.

La soluzione migliore sembra essere un equilibrio tra i vecchi “cubiculi” e gli attuali open space: gli uffici dovrebbero avere una zona comune di lavoro e allo stesso tempo garantire ai dipendenti spazi quieti e isolati in cui concentrarsi sul proprio lavoro. Molte aziende si stanno sforzando di trovare soluzioni ibride. Gli uffici di Google, per esempio, mettono a disposizione dei dipendenti piccoli salottini per discutere le strategie dell’azienda, mentre, su decisione di di Steve Jobs, i bagni della Pixar sono molto lontani dagli uffici per obbligare le persone a incontrare colleghi lontani dal loro dipartimenti, favorendone le interazioni in modo casuale.

Come sono fatte le sedi di Google
Le foto della sede di Facebook a Menlo Park
I nuovi uffici di Google a Londra

Foto: Un ufficio open space nel 1966 (Harry Dempster/Express/Getty Images)