Chi sono i manifestanti condannati per il G8 di Genova

Domani la Cassazione deciderà sulle condanne di 10 manifestanti per devastazione e saccheggio: Massimo Calandri racconta su Repubblica chi sono e che cosa fanno oggi

Su Repubblica di oggi, Massimo Calandri racconta chi sono e che cosa fanno alcune delle dieci persone accusate di “devastazione” e “saccheggio” per fatti avvenuti durante le manifestazioni del G8 di Genova, nel luglio del 2001. Domani la Cassazione dovrà pronunciarsi sul ricorso che è stato presentato dopo il giudizio in secondo grado, che ha condannato le dieci persone a 98 anni complessivi di carcere con pene che vanno dai cinque ai 13 anni e mezzo. La maggior parte di loro è stata identificata da chi ha svolto le indagini come parte del gruppo dei cosiddetti “black bloc” o “tute nere”. I fatti di cui sono accusati riguardano per lo più i danneggiamenti avvenuti nel pomeriggio del 20 luglio, durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine intorno a via Tolemaide. Quello stesso pomeriggio morì il manifestante 23enne Carlo Giuliani.

La grandissima parte dei danni che vennero fatti intorno ad alcune manifestazioni durante il G8 sono rimasti senza un colpevole e quasi tutte le persone arrestate a Genova (oltre 300) sono state rilasciate senza che venisse loro contestato un reato. Alcuni di loro, spesso identificati successivamente tramite foto e video, sono stati processati. Il processo di primo grado si è concluso il 14 dicembre 2007, quando 24 manifestanti sono stati condannati. Ma nel processo d’appello, che si è tenuto a Genova e si è concluso nel 2009, molti di loro sono stati assolti perché i reati sono stati prescritti o perché la carica dei carabinieri in via Tolemaide venne giudicata illegittima e quindi alcuni fatti contestati ai manifestanti sono stati considerati legittima difesa. Per le dieci persone accusate di devastazione e saccheggio, invece, le condanne in secondo grado sono diventate più pesanti. Quasi tutti non sono mai stati condannati al carcere e la maggior parte di loro non abita a Genova.

Alberto Funaro non lo ha detto a nessuno, del processo di domani. Fa l’infermiere in un ospedale romano. «Se mi assolvono, magari alla direzione sanitaria non vengono a saperlo. Ritorno al mio lavoro, alla mia vita normale. Quella di sempre». Però la voce è incerta. Perché altrimenti sono dieci anni di reclusione. In galera, subito. Come Carlo Arculeo, che a Palermo gestisce un agriturismo in una riserva naturale, e dicono sia pure un bravo musicista. Lui sente che domani andrà a finire male. «Pagheremo per tutti. Ma almeno basta con questo tormento: sono undici anni che vivo con la paura di vedere la mia vita distrutta. Finiamola». Se la Cassazione conferma l’appello, lo aspettano otto anni di prigione. Qualche tempo dopo i fatti di Genova, Ines Morasca e Dario Ursino hanno avuto una bimba: nel frattempo la mamma era stata condannata a sei anni e sei mesi, il papà a sette. Abitano a Messina, lui fa l’educatore, vivono per quella piccola. Che potrebbe essere affidata alla nonna.

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