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  • Mercoledì 11 luglio 2012

Una giornata particolare

Come si sviluppò la domenica in cui Spadolini aveva appena salvato il governo, Pertini andò a Madrid, i Rolling Stones suonarono a Torino, e la sera mezza Italia si buttò nelle fontane

Enzo Bearzot portato in trionfo a Madrid l'11 luglio 1982 (LaPresse)
Enzo Bearzot portato in trionfo a Madrid l'11 luglio 1982 (LaPresse)

La mattina dell’11 luglio 1982, una domenica, una delle due notizie principali sui quotidiani italiani era la fiducia ottenuta il giorno prima dal governo Spadolini, il primo guidato da un non democristiano nella storia repubblicana, affidato un anno prima al leader del partito Repubblicano dal presidente Pertini. Non sarebbe durato ancora molto, e in particolare le tensioni tra i suoi ministri lo avrebbero fatto cadere alla fine di agosto (il successivo governo, guidato ancora da Spadolini, sarebbe durato appena tre mesi). Spadolini aveva tenuto informato sugli sviluppi il presidente Pertini, che nel frattempo si apprestava a partire per Madrid per la seconda delle due notizie principali di quella domenica.

La sera allo stadio Santiago Bernabeu si sarebbe giocata la finale dei Mondiali di calcio spagnoli, tra Italia e Germania. L’Italia non vinceva un mondiale dal 1938 e aveva perso l’ultima occasione nel 1970 prendendo quattro gol dal Brasile in finale dopo l’epica semifinale contro la stessa Germania, vinta 4-3. Le due Coppe del mondo successive erano state deludenti, malgrado il quarto posto nel 1978 in Argentina. E molto deludente era stata la prima fase del Mondiale spagnolo, con una qualificazione ottenuta dopo tre pareggi e grazie solo alla differenza di gol fatti, a parità di differenza reti (su quella qualificazione sarebbero persino emersi sospetti mai sopiti): e Paolo Rossi, rientrato tra mille aspettative e perplessità dopo la squalifica per lo scandalo del “Totonero”, non aveva convinto per niente.

Ma il secondo turno diventò un’altra storia, con un ribaltamento spettacolare: oppressi dalle critiche e dalle polemiche con i media (il “silenzio stampa” fu paradossalmente uno dei più discussi eventi di quel torneo), l’allenatore Enzo Bearzot e la squadra infilarono tre spettacolari vittorie, una dopo l’altra, contro tre delle squadre più forti del mondo: l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico e Falcao — in una partita memorabile — e infine la Polonia in semifinale, che a quel punto sembrò quasi una passeggiata (un imprevisto rimescolamento tra le teste di serie aveva aiutato la Polonia ad arrivare in semifinale evitando le squadre più forti). Il tutto giocando bene, sbagliando molto poco, rendendo divertente e spettacolare persino l’applicazione del tradizionale gioco difensivo e in contropiede. Paolo Rossi segnò tre gol al Brasile e due alla Polonia, arrivando a sei consecutivi con il primo fatto alla Germania.

Nel frattempo la Germania di Rummenigge, Stielike e Schumacher aveva raggiunto la finale anch’essa con un più breve ma anche più spettacolare inciampo iniziale, la sconfitta per 2-1 contro l’Algeria. E poi con una faticosa e rocambolesca semifinale, vinta ai rigori (i primi nella storia dei Mondiali) contro la Francia dopo aver rimontato due gol nei tempi supplementari.

E così si era arrivati a quell’11 luglio, col presidente Pertini in viaggio per Madrid, i Rolling Stones che avevano fissato alle tre del pomeriggio il loro concerto torinese, per finire in tempo per la finale (avrebbero suonato anche il giorno dopo, alle 18; e poi a Napoli) e Giancarlo Antognoni infortunato durante la partita con la Polonia che non avrebbe potuto giocare la finale. Mick Jagger si avvolse nel tricolore sul palco dello stadio di Torino, e il giorno dopo avrebbe cantato con la maglia numero 20 di Paolo Rossi.

La partita contro la Germania completò quella serie di vittorie straordinarie della Nazionale italiana: che pure soffrì, partendo con un infortunio a Graziani e un rigore sbagliato di Cabrini. Ma poi segnò ancora Paolo Rossi, e poi Tardelli con la corsa e l’urlo che divennero il poster di quella vittoria, e poi Altobelli, e il gol finale di Breitner. Tre a uno, e Nando Martellini che scandiva tre volte “Campioni del mondo!” (Martellini corse poi subito a casa per il suo anniversario di nozze dell’indomani, abbandonando la compagnia festante e la giornata che lo avrebbe reso immortale). Pertini era in piedi che applaudiva tra gli sguardi a metà tra il divertito e l’imbarazzato dei reali spagnoli e di fronte al cancelliere tedesco Helmut Schmidt, e sarebbero diventati parte del repertorio di quella vittoria sia il suo “non li prendono più” sul 3-0, sia la partita a carte con Bearzot, Causio e Zoff sull’aereo del ritorno, opportunamente ritratta dai fotografi assieme alla coppa vinta.

Dopo, non successe più per 24 anni, il tempo di una generazione: e infatti la quarta Coppa del mondo italiana fu vinta da giocatori molto diversi, in un’Italia e un mondo molto diversi, per la formazione culturale e sentimentale di un’altra generazione. Fu diverso. Chissà la prossima.

– Leggi anche: Perché Paolo Rossi è lì?