• Libri
  • Venerdì 6 luglio 2012

Il cinquantenario della morte di William Faulkner

Il suo romanzo più famoso sarà pubblicato "a colori", mentre 25 mila persone visitano ogni anno la sua casa nel Mississippi

**FILE**American novelist William Faulkner at his home in Rowan Oaks near Oxford, Miss., in 1950. The Center for Faulkner Studies at Southeast Missouri State University has added hundreds of pages of government documents to its collection of papers about the Nobel Prize-winning author. The center has acquired copies of about 400 pages of U.S. State Department records that relate to William Faulkner's visits to eight foreign countries during the 1950s, including Japan, Greece, Italy, France and Venezuela. (AP Photo,File)
**FILE**American novelist William Faulkner at his home in Rowan Oaks near Oxford, Miss., in 1950. The Center for Faulkner Studies at Southeast Missouri State University has added hundreds of pages of government documents to its collection of papers about the Nobel Prize-winning author. The center has acquired copies of about 400 pages of U.S. State Department records that relate to William Faulkner's visits to eight foreign countries during the 1950s, including Japan, Greece, Italy, France and Venezuela. (AP Photo,File)

Il 6 luglio 2012 ricorre il cinquantenario della morte William Faulkner, grande scrittore statunitense e premio Nobel per la Letteratura nel 1949. Per l’occasione, l’editore Folio ha pubblicato un’edizione particolare del suo romanzo del 1929 “L’urlo e il furore”, con il testo stampato in colori diversi, come era stato nel primo progetto dell’autore: “vorrei che la tecnologia permettesse di usare colori di stampa differenti”, scrisse al suo editore spiegando la sua idea per rendere più comprensibili i diversi piani temporali del racconto.

Faulkner era nato nel 1897 nel Mississippi, dove passò praticamente tutta la vita (la sua famosa casa di Rowan Oak è tuttora visitatissima) e dove ambientò tutte le sue opere più famose: scrisse soprattutto romanzi e racconti, ma anche sceneggiature e opere teatrali. Oltre al Nobel, vinse il Pulitzer nel 1954 e nel 1962.

Jewel e io veniamo su dal campo per il sentiero, uno dietro l’altro. Benché io sia cinque metri avanti a lui, uno che ci guardasse dalla baracca del cotone vedrebbe il cappello di paglia di Jewel, sfondato e sfilacciato, di tutta una testa sopra il mio.
Il sentiero, liscio a forza di piedi e che ormai, a luglio, è cotto e duro che sembra di mattone, corre come un filo a piombo tra i filari verdi del cotone lasciato a fiorire, su fino alla baracca in mezzo al campo, dove svolta e ci gira intorno facendo quattro angoli retti smussati e riprende per il campo, liscio a forza di piedi, e si allontana preciso.
La baracca per il cotone è di tronchi grezzi, con lo stucco degli interstizi che da tempo è venuto via. Quadrata, il tetto sfondato inclinato tutto con la stessa pendenza, se ne sta lì sbilenca nel sole in vuota e scintillante rovina, con due unici finestroni alle pareti opposte che danno sull’arrivo del sentiero. Quando siamo lì, io svolto a seguo il sentiero che gira intorno alla baracca. Cinque metri dietro, Jewel, guardando diritto davanti a sé, scavalca con un unico passo la finestra. Sempre fissando davanti a sé, gli occhi pallidi come legno piantati nel viso legnoso, con quattro lunghi passi traversa il locale rigido e grave come una di quelle figure d’indiano nelle tabaccherie che abbia addosso una tuta rattoppata e sia dotata di vita dalle anche in giù, e con un unico passo scavalca l’altra finestra e riprende per il sentiero mentre io arrivo girando l’angolo. Uno dietro l’altro, a cinque metri di distanza e con Jewel ora davanti, risaliamo il sentiero verso la base dello strapiombo.
Vicino alla sorgente, legato alla stecconata, c’è il carro di Tull, le redini avvolte intorno al montante del sedile. Sul cassone ci sono due seggiole. Jewel si ferma alla sorgente e dal ramo del salice prende la zucca vuota e beve. Io gli passo accanto e salgo su per il sentiero, cominciando a sentire la sega di Cash.
Quando arrivo in cima ha smesso di segare. In mezzo a una distesa di trucioli, sta facendo combaciare due tavole. Fra una chiazza d’ombra e l’altra sono gialle come oro, come oro morbido, e sulla superficie portano in lisce ondulazioni i segni della lama dell’ascia: è un bravo falegname, Cash. Tiene le due assi sul treppiede a combaciare di taglio e formare un quarto della cassa finita. Si mette in ginocchio e allinea l’occhio al filo delle assi, poi le mette giù e prende l’ascia. Un bravo falegname. Addie Bundren non potrebbe desiderarne una migliore, di casse, migliore per giacervi dentro. Le darà fiducia e le sarà di conforto. Proseguo verso la casa, seguito dal
Ciac Ciac Ciac
dell’ascia.

(William Faulkner, Mentre morivo, Adelphi)