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  • Lunedì 18 giugno 2012

Ma perché si dice “biscotto”?

C'entrano i dolci, ovviamente, ma anche le corse dei cavalli

PORTO, Portugal: Sweden's (L) and Denmark's players celebrate after their qualification for the quarter-finals, 22 June 2004 during their European Nations football championships match at the Bessa stadium in Porto. Denmark and Sweden are competing in Group C. AFP PHOTO Francois Xavier MARIT (Photo credit should read FRANCOIS XAVIER MARIT/AFP/Getty Images)
PORTO, Portugal: Sweden's (L) and Denmark's players celebrate after their qualification for the quarter-finals, 22 June 2004 during their European Nations football championships match at the Bessa stadium in Porto. Denmark and Sweden are competing in Group C. AFP PHOTO Francois Xavier MARIT (Photo credit should read FRANCOIS XAVIER MARIT/AFP/Getty Images)

Sono giorni che non si sente parlare di altro: il “biscotto”. Spagna e Croazia stasera faranno all’Italia un “biscotto” se si accorderanno per un pareggio, per 2-2 o con più reti, ottenendo così grazie ad alcuni complicati calcoli (qui spiegati per bene) la certezza della qualificazione ai quarti di finale degli Europei. E dando all’Italia la certezza dell’eliminazione. Possiamo chiamarlo un patto tacito, un accordo, un risultato combinato o addirittura una partita truccata. Ma perché un “biscotto”?

Il termine biscotto deriva dal latino medievale biscoctus, originariamente un composto di bis (“due volte”) e coctus, participio passato di coquĕre, ossia “cuocere”. L’origine della sua trasposizione nello sport con il significato di “combine” o “gara falsata” non è molto chiara. Ci sono due scuole di pensiero, per così dire.

La più “conservativa” sostiene che “biscotto” indichi un risultato sportivo truccato perché simboleggerebbe, come suggerisce l’etimologia, un dolce cotto due volte e che quindi accontenta due parti, o meglio due partecipanti a una competizione sportiva, spesso sfavorendo decisamente un terzo concorrente. Del resto in ambito sportivo e soprattutto nel calcio si usa un termine piuttosto simile, ossia “torta”, per descrivere la posta in palio: “dividersi la torta”.

L’altra ipotesi risale invece all’ippica e indica anche qui una gara truccata o falsata. Il biscotto, in questo caso, era un dolce inzuppato di sostanze illegali fatto mangiare a un cavallo allo scopo di alterare le sue prestazioni, secondo una pratica utilizzata molti anni fa. Ai cavalli che dovevano perdere – spesso per far vincere altri cavalli outsider, su cui puntava chi imbrogliava – si davano dei sedativi, così da impedirne la vittoria. Spesso era proprio il proprietario del cavallo favorito a sedare il suo animale per poi scommettere su un cavallo sfavorito e guadagnare più soldi dalle vincite. Il biscotto era insomma il mezzo tramite il quale una o più parti potevano falsare il risultato di una gara, a loro vantaggio e a svantaggio di tutti gli altri.

L’Italia si qualifica se
L’Italia e quella volta del 2004

nella foto, i giocatori della Svezia e della Danimarca festeggiano dopo il 2-2 agli Europei 2004 (FRANCOIS XAVIER MARIT/AFP/Getty Images)