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  • Sabato 16 giugno 2012

I giapponesi e la carne di balena

I dati sui consumi e sulle vendite pubblicati in Giappone rivelano che tre quarti della carne di cetaceo pescata rimane invenduta

LONG BEACH, CA - JANUARY 29: A fin whale rises to the surface off the southern California coast on January 29, 2012 near Long Beach, California. A coalition that includes Native American tribes, Earthjustice and the Natural Resources Defense Council is on the National Marine Fisheries Service for more protection for dolphins, whales, and other migrating marine animals from the use of sonar in training by the US Navy on the West Coast. Environmental groups argue that mid-frequency sonar alters the behavior of sound-sensitive marine life and, in some cases, causes fatal results. Some whales are believed to communicate across hundreds of miles of ocean through sound. (Photo by David McNew/Getty Images)
LONG BEACH, CA - JANUARY 29: A fin whale rises to the surface off the southern California coast on January 29, 2012 near Long Beach, California. A coalition that includes Native American tribes, Earthjustice and the Natural Resources Defense Council is on the National Marine Fisheries Service for more protection for dolphins, whales, and other migrating marine animals from the use of sonar in training by the US Navy on the West Coast. Environmental groups argue that mid-frequency sonar alters the behavior of sound-sensitive marine life and, in some cases, causes fatal results. Some whales are believed to communicate across hundreds of miles of ocean through sound. (Photo by David McNew/Getty Images)

Il 75 per cento circa del totale di carne di balena pescato dalla flotta giapponese, ovvero circa 900 tonnellate su 1200 totali, è rimasto invenduto, secondo un rapporto dell’Istituto giapponese di ricerca sui cetacei, un’agenzia per metà pubblica e per metà privata che controlla l’attività di caccia alle balene.

Il motivo del calo delle vendite, che in gran parte è stato un calo di richiesta da parte dei rivenditori sul mercato all’ingrosso, è attribuibile secondo l’istituto alla sempre più intensa campagna di mobilitazione e di disturbo attuata da parte degli attivisti che lottano da anni per la difesa dei cetacei.

(La vita dei difensori di balene, le storie e le foto degli attivisti di Sea Shepherd)

Quest’anno, la caccia alle balene organizzata dal Giappone ha dato risultati molto scarsi. La stagione si è infatti conclusa, all’inizio di marzo, con una quantità di pescato pari a circa un terzo della quota che era stata fissata prima della spedizione. Anche in quel caso, l’Agenzia per la pesca aveva dichiarato che le responsabilità di questa stagione fallimentare erano da individuare nelle condizione climatiche avverse, ma soprattutto nell’azione di disturbo e di sabotaggio da parte degli attivisti per la salvaguardia dei cetacei.

Le organizzazioni ecologiste, invece, insistono nel dichiarare che il dato rappresenta semplicemente il fatto che i giapponesi hanno smesso di mangiare carne di balena. Già nel 2006, un rapporto commissionato da Greenpeace aveva stabilito che la gran parte dei giapponesi (il 95 per cento) non aveva mai mangiato carne di balena, dimostrando così come il consumo di cetacei fosse un’abitudine in declino.

La caccia alle balene con fini commerciali è stata bandita attraverso accordi internazionali, ma da 25 anni il Giappone continua a praticarla nascondendosi dietro il pretesto della ricerca scientifica e accordando a una sua flotta di pescherecci (piuttosto datata e malmessa) di condurre “ricerche legali” su centinaia di esemplari.

foto: David McNew/Getty Images

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